di Andrea Pellegrino
«Lei conosce l’architetto Maria Grazia Vitale?». La domanda è del pubblico ministero a Gennaro Miccio, teste della procura nel processo Crescent. Un nome che per la prima volta compare nell’ambito del procedimento mai emerso nelle carte processuali e d’inchiesta ma solo nel dossier che Italia Nostra e No Crescent hanno predisposto sul caso della mezza luna di Bofill. Gennaro Miccio risponde di sì. «E’ una progettista salernitana che probabilmente ha avuto incarichi da parte della Soprintendenza di Salerno». Ma precisa: «Non da me ma probabilmente – rincara – dal mio precedessore». In pratica Giuseppe Zampino, più volte tirato in ballo da Miccio durante l’interrogatorio di ieri pomeriggio. Con Miccio, in realtà, l’architetto Maria Grazia Vitale collabora solo per la realizzazione della mostra “Il Polverificio Borbonico di Scafati tra storia, restauro e progetto”, poi i rapporti, almeno secondo gli atti, sono tutti e soprattutto con Zampino. Anzi a quanto pare è lei che viene indicata coadiutore del progetto (da 504mila euro) della mostra convegno della mostra – convegno sul tema “Architettura, economia e territorio” ed archivio dell’architettura contemporanea di Salerno. In pratica di quel che sarà l’Urban Center, finito sotto la lente d’ingrandimento della Procura di Salerno, per il coinvolgimento dell’ex soprintendente Zampino, proprio poco dopo il “silenzio assenso” sul progetto Crescent. E l’Urban Center sarebbe dovuto sorgere nella Torre T1 del Crescent. Un caso che finì dritto anche in una interrogazione parlamentare (dei senatori salernitani Fasano ed Esposito) che spiegava: «l’omissivo silenzio serbato dalla Soprintendenza avrebbe determinato il consolidamento dell’autorizzazione relativa al Piano attuativo; i successivi atti di esplicito assenso sono contestuali a rapporti, di varia natura, da essa instaurati con il Comune da Salerno e consistenti nel finanziamento di mostre e nel conferimento al Soprintendente, dell’incarico di responsabile del costituendo “Urban Center” cittadino (delibera di Giunta municipale n. 936 del 24 luglio 2009). A tal proposito, infatti, risulta, a giudizio degli interroganti, abbastanza sorprendente che il 10 dicembre 2008, con nota n. 3326, il Soprintendente di Salerno abbia proposto al Comune, quantificandone le spese, l’organizzazione di una mostra-convegno e il contestuale allestimento dell’archivio dell’architettura contemporanea, e già il 2 marzo 2009, con nota numero 34834, il sindaco di Salerno ha comunicato di condividere la proposta del Soprintendente garantendone la copertura finanziaria». Tra i protagonisti della mostra convegno anche l’architetto Vitale, ieri nominata durante l’udienza Crescent.
L’udienza. Gennaro Miccio è il primo ad arrivare in aula. Puntuale alle 15, così come indicato dalla convocazione affissa all’ingresso dell’aula del Palazzo di Giustizia. Per lui è la seconda udienza in qualità di testimone. L’ex soprintendente di Salerno non è stato né indagato, né di conseguenza è imputato nel processo a carico di 22 persone, tra cui l’attuale governatore della Campania Vincenzo De Luca. In aula tra gli imputati presenti c’è Nicola Massimo Gentile, funzionario del Comune di Salerno. Più tardi arriva anche Eugenio Rainone, amministratore della Crescent srl, società aggiudicataria dei diritti edificatori della mezza luna di Bofill, attualmente ancora sotto sequestro. Poco dopo le 18,30 l’udienza viene sospesa con la calendarizzazione di altre due che si celebreranno il primo ed il 10 dicembre, con la direttiva del presidente della collegio giudicante di accelerare i tempi. Saranno ascoltati Panzera della direzione regionale e Guarracino, funzionario della Soprintendenza. Non prima, però, di aver concluso il controesame di Gennaro Miccio da parte di alcuni avvocati della difesa. Ieri pomeriggio, per più di tre ore l’ex soprintendente di Salerno ha risposto alle domande della Procura, e quindi dei pm Valenti ed Alfano, delle parti civili (No Crescent, Italia Nostra e Comune di Salerno) e di alcuni avvocati di imputati. In particolare dell’avvocato Paolo Carbone difensore dell’ex sindaco Vincenzo De Luca che ha depositato anche alcuni atti, tra cui la sentenza del Consiglio di Stato e le verificazioni imposte da Palazzo Spada. Miccio azzarda anche valutazioni personali, quando parla di una scarsa «credenza» al fotoinserimento (riguardo al dossier fotografico inoltrato dal Comune a supporto dell’autorizzazione paesaggistica) e ad un’opera che proprio «bella non è». Sotto il profilo della procedura ricostruisce ancora una volta i passaggi salienti, pungolato dalla pubblici ministeri, senza nascondere – così come già evidenziato la scorsa volta – le responsabilità del suo predecessore alla guida della Soprintendenza di Salerno, ossia l’architetto Zampino, imputato nel processo Crescent. Sostanzialmente due gli elementi che contraddistinguono le deposizioni di Gennaro Miccio: la non “conoscenza” del vincolo sul torrente (deviato) Fusandola e l’assenza di una nuova progettazione dopo il nuovo parere espresso all’indomani dei tavoli tecnici con comune e impresa che hanno portato al “taglia e cuci” (degli edifici pubblici e l’abbassamento delle altezze) del progetto firmato Bofill. Ma ad interrogare Miccio sulla procedura è anche il Comune di Salerno – parte civile nel processo – rappresentato dall’avvocato Rosa Russo che chiede chiarimenti sui permessi a costruire (oggetto anche dell’ordinanza di sequestro del cantiere, ndr) e sull’assenza del visto della Soprintendenza di Salerno. Caso sollevato in precedenza anche dall’avvocato Stefania Marchese (No Crescent) che punta il dito anche contro l’assenza di autorizzazione paesaggistica sulla deviazione del Fusandola, benché il fiume fosse stato vincolato con decreto ministeriale.
Il sequestro del Crescent. Agli atti è depositata anche l’ordinanza con la quale il tribunale del Riesame ha confermato i sigilli al Crescent. Ma è il presidente del collegio Siano che ad inizio udienza comunica che ci sarà una “interlocuzione con il Comune di Salerno” per superare alcune problematiche che riguardano il cantiere sequestrato di Santa Teresa. Tra queste la presenza di acqua, segnalata durante la precedenza udienza dall’architetto Alberto Cuomo. In pratica, le pompe installate nel cantiere sarebbero state fermate dai sigilli, così come i monitoraggi disposti in accordo con il condomino di via Sandro Pertini. Queste, con molta probabilità, le problematiche che ora si dovranno affrontare e risolvere con il Comune di Salerno.