
di Peppe Rinaldi
Scena numero 1: sono spariti soldi, tanti soldi, dalla cassa di un ente locale e i vertici dell’amministrazione, facendo una prima ricognizione del come, dove, quando e quanto, individuano il responsabile del misfatto. E giù, dunque, con un florilegio di «accuse» nei confronti di questo, sempre presunto, autore dell’ammanco, individuato con nome, cognome, indirizzo, codice fiscale e posizione organizzativa.
Scena numero 2: la seconda scena vede sempre il medesimo vertice della pubblica amministrazione rivolgersi all’autorità giudiziaria affinché accerti le responsabilità e punisca l’autore o gli autori. Solo che nella scena numero 2 il soggetto individuato nella 1 con tanto di coordinate socio-anagrafiche, evapora, si dissolve, nel senso che sparisce dalla denuncia. Sarebbe avvenuto all’incirca questo: caro pm, qui «qualcuno» (qualcuno?) s’è fregato due milioni di euro, però non sappiamo chi sia stato, come si chiami e come abbia fatto, proceda l’ufficio e ci faccia sapere. Ricapitolando: nella prima scena si dice tutto, si individua tutto, si sa tutto e si addita una persona quale responsabile delle presunte ruberie; nella seconda si dicono le stesse cose ma non si va oltre, in pratica non si ha idea di chi possa essere stato, chiedendo così ai magistrati di scoprirlo. Infatti viene presentata una denuncia “contro ignoti” che, giocoforza (giocoforza?), i magistrati rubricheranno come tale inscrivendo la notitia criminis contro soggetti da identificare, cioè nel Modello 44 cosiddetto. Dove, pare, stazioni ancora oggi con tutto il portato di interrogativi che reca di presso a distanza di mesi.
Ora, non riuscendo a stabilire se l’approccio al problema sia stato shakespeariano, plautino o meroliano (nel senso di Mario Merola) il dramma inizia ad assumere i connotati della zarzuela: qualcuno «s’è magnato» circa due milioni di euro raccogliendo a tradimento le briciole, chiamiamole così, cadute dalla tavola, come abbiamo già raccontato, e la reazione della parte offesa, il Comune, quindi della collettività, quale è stata? Questa: dire due cose diverse contemporaneamente in due atti formali e solenni, da una parte sapendo, o presumendo di sapere, chi sia stato e in che modo; dall’altra, dicendo alle guardie che dovrebbero arrestare il ladro o i ladri che non si sa però chi siano, come si chiamino e come abbiano fatto. Lo scoprano loro. Quindi, quasi evangelicamente, la mano destra non ha saputo quel che aveva fatto la sinistra. Che sta succedendo? Se lo sapessimo lo scriveremmo, al momento si può solo congetturare. E, allora, che congettura sia.
Quando Sorrentino disse al sindaco di Eboli: «Enzo ha già la sua lista di nomi»
Perché il sindaco di Cava, Vincenzo Servalli, nella riunione del 20 dicembre della Commissione disciplinare comunale ha detto e scritto una cosa, peraltro composta da una decina di «capi di imputazione» ben precisi, mentre nel chiamare in causa l’autorità giudiziaria ne ha detto e scritto un’altra? Come mai in un luogo si dice che il responsabile dell’ammanco è (sarebbe) stato il noto maxi-dirigente Francesco Sorrentino, oggi sospeso dalle funzioni, e in un altro si dice che non si sa chi possa essere stato a far sparire quei soldi? Avrà avuto le sue ragioni, avvocati e consulenti l’avranno forse consigliato di evitarsi una contro-denuncia per calunnia (nell’eventualità che a valle si sgonfiasse tutto, come pure è sempre possibile), tutto ciò è verosimile senz’altro anche se, oggettivamente, un po’ debole. E allora perché è stata scelta questa strada bifronte? E’ la procedura normale? Non sembrerebbe, la sensazione è che ci possa essere altro. Ad esempio, una liason politico-amministrativa tra Servalli e Sorrentino di antica memoria e, come tale, soggetta ai saliscendi. C’è un punto della storia politico-giudiziaria del territorio mai chiarito né dalla magistratura, né dalla politica né da chicchessia. Quando nel 2020 fu arrestato il sindaco di Eboli Massimo Cariello per un concorso cavese truccato (e per la qual cosa ha pagato, inspiegabilmente, in solitaria) si scoprì dalle intercettazioni che Sorrentino, confabulando con questi all’interno di un bar ebolitano su nomi e graduatorie da ammaestrare, dicesse: «Enzo? No, lui ha già la sua lista di nomi», lasciando platealmente intendere che anche il primo cittadino di Cava – quale altro Enzo poteva mai essere, De Luca? – stesse partecipando alla manovra. Non solo: oltre a indurre la domanda sul perché di questa cosa a Servalli nessuno abbia mai chiesto conto, si legittima anche l’idea che tra i due cavesi possano esserci state altre «convergenze», come si direbbe in politichese. Dai concorsi manipolati al resto si arriva in un attimo una volta che la congettura, appunto, sia stata formulata. Quale ragione potrebbe aver indotto l’amministrazione cavese, a tenersi larga proprio con chi è deputato a risolvere questi problemi, cioè i magistrati? E’ un po’ come se al medico si sottacessero alcuni sintomi di una malattia nel momento stesso in cui gli si chiede la cura. Poi, certo, anche il medico ha la sua autonomia e può decidere la terapia, di cui è responsabile. C’è chi racconta tra i corridoi che nel luglio scorso, o giù di lì, l’ufficio giudiziario stesse per attivarsi nei confronti di Sorrentino nell’ambito di uno dei capitoli dell’epopea del Cfi, ma, sebbene non inverosimili, restano voci, null’altro: come quella di uno scontro acceso tra procura e municipio proprio nei giorni del deposito della denuncia degli ammanchi scoperchiati, pure qui in precedenza accennata ma che sarebbe in contrasto con il dato tecnico della “denuncia contro ignoti”, laddove confermato. Piccolo rebus, che però non modifica il quadro della situazione che, salvo errori e omissioni, dovrebbe ancora essere così.
Soldi a pioggia anche per una clinica privata
Intanto, mentre questa pochade avanza tra qualche sbadiglio di troppo, emergono altri dettagli su chi avrebbe beneficiato di questi mandati illegittimi/illegali emessi dal Comune grazie a una mano misteriosa. Oltre al mezzo milione e oltre versato al Cfi, oltre ai non meglio precisati favori economici fatti a due ex dipendenti comunali, oggi in pensione, sempre al Cfi; oltre alla serie di società dai nomi esotici e stravaganti collocate a Roma, a Napoli, nel casertano, nel napoletano, in Bangla-Desh e chissà dove, Cronache ha «scoperto» qualche altro soggetto.
C’è la “Fe Global Lider srl”, azienda informatica, un solo dipendente, con sede in Boulevard Regina Maria, 32 a Bucarest (Romania); la “Rv Trading srl”, società di vendita di computer e ricambi informatici con sede in via Capri, 67 a Casoria; la “L.I.C. srl”, altra società informatica con sede in via Carducci, 61 di Napoli. In California c’è la Silicon Valley, in Campania la «Metellian Valley» viste le diverse aziende informatiche coinvolte oltre a queste. Ma la novità «grossa» sarebbe un’altra: sembra che dalle casse comunali abbiano viaggiato alcune centinaia di migliaia di euro verso una struttura sanitaria privata. Si tratterebbe di un centro di riabilitazione del comprensorio. Ora, dal momento che gli enti locali compartecipano della spesa dei trasporti dei disabili nei vari centri accreditati, e dal momento che in questo incrocio di competenze c’è sempre qualcosa di ingarbugliato visto che spesso i Comuni si rifiutano di fare la proprio parte o la fanno in ritardo o neppure la fanno, e dal momento, ancora, che Cava è un Comune come un altro, come mai stanno facendo concitati approfondimenti proprio in questo specifico capitolo dove la confusione tra il dovuto e il versato sarebbe alta?