Romano “Lello” Ciccone, candidato al consiglio regionale della Campania, e Matteo Marigliano, dipendente di una municipalizzata di Salerno, sono tornati ieri mattina davanti al pubblico ministero antimafia Vincenzo Montemurro. Un nuovo interrogatorio per chiarire meglio, evidentemente, alcune dichiarazioni rilasciate il giorno prima. In particolare Ciccone aveva riferito al pubblico ministero che Antonio Procida ed Angelo Rinaldi, uccisi martedì pomeriggio in un agguato in via Magna Grecia, gli erano stati presentati da Matteo Marigliano per svolgere l’attività di attacchinaggio dei manifesti elettorali. Il dipendente di Salerno Sistemi aveva riferito di non sapere nulla di questa vicenda e non essere stato presente al momento della lite tra Antonio Procida ed il boss Matteo Vaccaro, 57 anni, davanti al Bar Vintage. Ieri la nuova convocazione con Ciccone e Marigliano che si sono ritrovati nella stessa stanza. Probabile che sia “andato in scena” un vero e proprio confronto all’americana per far emergere le discrepanze rispetto a quanto riferito ventiquattr’ore prima. L’interrogatorio è durato poco più di un’ora. Romano Ciccone, dopo aver lasciato la Procura, ha riferito che la sua posizione era identica a quella espressa nella nota stampa (“Non nego che tali compiti sono affidati a persone che vivono spesso in condizioni di forte disagio. Non avrei mai immaginato che ciò potesse degenerare in una lite e, addirittura, in un omicidio”) diffusa nella serata di mercoledì. Il candidato di Forza Italia non ha confermato il confronto all’americana con l’uomo che gli avrebbe consigliato di affidarsi alle due vittime dell’agguato di Fratte. Pochi istanti ed anche Matteo Marigliano lascia l’ufficio del pubblico ministero… in assoluto silenzio. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, le indagini sono condotte dalla squadra mobile diretta dal vice questore De Salvo, lo stesso Marigliano era nel mirino del comando di fuoco. Ma la pista della lite per l’affaire manifesti elettorali non sembra sia l’unica battuta dagli inquirenti. Quest’ultimo episodio sarebbe solo l’atto finale di una serie di confronti a denti stretti ed atti intimidatori legati ad altre questioni che, in qualche modo, avevano creato malumore all’interno del clan di Ogliara. Non viene assolutamente sottovalutato l’episodio della bomba carta fatta esplodere davanti al Bar Vintage. La pista relativa allo spaccio di sostanze stupefacenti resta sullo sfondo di una vicenda che probabilmente ha ancora diversi lati oscuri da chiarire. Da rilevare che non sono state ancora depositate le risultanze della prova dello stub. Test che potrebbe aggiungere nuovi elementi utili alla magistratura. Ad inchiodare Matteo Vaccaro, 57enne mandante del duplice omicidio, il figlio Guido, che avrebbe esploso i colpi mortali, e Roberto Esposito, già condannato a sedici anni per l’omicidio Caravano, sarebbero state le immagini delle videocamere. Resta da comprendere se a far scattare l’ordine di uccidere i due amici di Fratte sia stata la questione dei manifesti elettorali (e dell’affrontato fatto a Vaccaro davanti al Bar) o altri affari e se nella vicenda fossero coinvolte anche altre persone.
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