di Oreste Mottola
Le donne a lavorare nella fabbrica e gli uomini a coltivare i campi circostanti. Nella storia italiana è giustamente celebrato Adriano Olivetti per aver voluto ad Ivrea una fabbrica – comunità. Eppure c’era chi l’aveva preceduto, un romagnolo, a poca distanza dai templi greci di Paestum, rivoluzionando l’agricoltura e gli equilibri socio- culturali della zona. Era il 1925 quando Gaetano Bonvicini, nato a Massa Lombarda, nipote del senatore Eugenio, alla morte del padre Adolfo, Gaetano, fu costretto ad abbandonare la brillante carriera di ufficiale di Marina, per dedicarsi alla conduzione dell’impresa frutticola paterna. La decisione di comprare il feudo del Cafasso, fu presa dal giovene Bonvicini, mentre viaggiava verso Sud a bordo del treno Salerno-Reggio Calabria. L’inverno stava per finire, guardando dal finestrino, mentre il paesaggio della Piana di Paestum scorreva come un susseguirsi di fotogrammi a colori, notò che le piante di pesco erano già fiorite, nonostante la primavera non fosse ancora arrivata. La cosa lo impressionò favorevolmente, tanto da decidersi ad investire in quel del Cafasso. L’assenza di trasporti celeri e di vagoni frigorifero lo indusse a trovare anche modi più celeri per utilizzare le grandi quantità di frutta prodotte. Da qui l’avvio di massicce produzioni di succhi di frutta e di yogurt. Nascono qui grandi marchi come Yomo e poi la decisione di diversificare mettendosi ad essiccare i tabacchi. L’azienda del Cafasso di proprietà fu comprata da Gaetano Bonvicini nel 1925. L’imprenditore Romagnolo, realizzando al Cafasso una moderna azienda agricola, aveva in animo di sconfiggere il divario socio-economico tra Nord e Sud. Gaetano Bonvicini ebbe il merito di sviluppare una agricoltura di pregio nella Piana di Paestum. Dei 300 ettari del feudo del Cafasso, 80 furono impiantati a frutteto, pesche e susine, che con il marchio Bonvicini, facevano bella mostra di sé sui banchi dei mercati italiani ed esteri. Nei restanti 220 ettari si coltivavano anche erba medica, cereali e pomodori. La Tenuta del Cafasso fu bonificata dalle acque salmastre del “Capodifiume” che periodicamente allagava i terreni. Vennero realizzati il magazzino della frutta con annessa sala di lavorazione, opera d’architettura protorazionalista, che insieme alle case coloniche della stessa epoca facevano del Cafasso un Borgo di grande qualità architettonica. Sono proprio le strutture sopravvissute oggi, dopo un secolo, oggi ad ospitare la Borsa del Turismo Archeologico. “Diamo un premio alla memoria di Gaetano Bonvicini, esempio di imprenditore illuminato, che portò qui un benessere del quale godiamo ancora oggi”, ragiona così Lucio Capo, storico esponente di Legambiente Paestum che ha appena proposto a Franco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum di ricordare Bonvicino, l’Olivetti di Paestum. “Di grande rilievo fu il suo contributo all’emancipazione femminile con grandi masse di donne salariate e fornite dei contributi previdenziali, quindi paghe e poi pensioni che hanno permesso ai tanti figli di studiare e di conquistare ottime posizioni lavorative. E’ stata davvero una rivoluzione, tra l’altro concreta e non violenta”. Se ne parlerà sicuramente nelle prossime edizioni della Borsa.