di Andrea Pellegrino
La Campania si adegui al resto d’Italia, almeno per quanto riguarda il settore delle consegne a domicilio. In sostanza, il messaggio che vogliono far passare i commercianti e cittadini è proprio questo. “Perché Amazon sì e una pizza a domicilio invece no?”. E da questa domanda è partita la petizione online “guidata” da Confcommercio, a cui in due giorni hanno aderito tantissimi ristoratori e commercianti del settore food, ma non solo. Ieri mattina – infatti – sono arrivati i primi segni di assenso e di sostegno proprio dai banchi dell’opposizione del Comune di Salerno: “Premettiamo che siamo da sempre per la sospensione di tutte quelle attività che potrebbero creare assembramenti e favorire la diffusione dei contagi ma siamo convinti che il bravo amministratore non è colui che sospende ogni tipo di attività, pensando di partecipare ad una sorta di gara a chi è “più duro” , a chi chiude più degli altri, rincorrendo logiche di consenso che mal si conciliano, allo stato, con l’interesse collettivo”. A sottolinearlo in una lunga nota i consiglieri Celano e Russomando, che sostengono l’iniziativa della Confcommercio: “L’amministratore capace è chi decide, riuscendo a contemperare le esigenze di sicurezza sanitaria – scrivono i due consiglieri – con la necessità di danneggiare il meno possibile il tessuto economico del territorio”. Una scelta “paradossale e ingiustificata” secondo Celano e Russomando, quella del divieto di cibo da asporto: “Tale possibilità è riconosciuta, con l’avallo dell’Oms, nel rispetto dei richiesti protocolli di sicurezza, in ogni zona del Paese ma anche nelle altre nazioni, essendo tra le poche attività consentite perfino in Cina. Dare la possibilità a ristoratori, pizzaioli ed artigiani che producono cibo cotto di riprendere l’attività, consentendogli di consegnare a casa dei clienti, non solo significa aiutarli a “resistere” ma avrebbe anche una motivazione di natura sociale. Avere la possibilità di ricevere una pizza a casa creerebbe per loro le condizioni di rispettare con maggiore possibilità l’isolamento giustamente richiesto dalle Istituzioni”. Poi concludono sulla possibile crisi del commercio: “E’ possibile, infatti, la consegna a domicilio per gli esercizi di generi alimentari che portano la spesa a casa del cliente, per chi consegna la posta ed i pacchi, per chi consegna i latticini, per chi porta ciò che acquistiamo sul web da Amazon. È evidente che molti esercizi, se si prolungherà ulteriormente la chiusura forzata, avranno difficoltà poi a riaprire. Dobbiamo evitare, dunque, che il dopo virus possa essere, se possibile, perfino peggiore del momento attuale. Le Istituzioni devono chiedere ed ottenere il rispetto delle regole, evitando però la sospensione di quelle attività che potrebbero proseguire in sicurezza, al fine di arrecare il minor danno possibile all’economia locale, pensando anche ai risvolti sociali che dovremo necessariamente affrontare. Per tali motivi sosteniamo convintamente la petizione avviata dalla Confcommercio”. Ma sempre dall’opposizione si “alza” la voce del presidente della Commissione Trasparenza e consigliere de’ La Nostra Libertà Antonio Cammarota. Anche quest’ultimo fermamente convinto a sostenere l’iniziativa messa in campo dai commercianti, a difesa soprattutto di quei giovani “imprenditori” ora incerti sul futuro post Coronavirus: “Se da un lato il divieto è statuito perché la lavorazione del cibo può essere veicolo di contagio e l’apertura serale delle pizzerie occasione di assembramento – scrive Cammarota – è pur vero che si consegna a domicilio anche il pane e i latticini, e ben si potrebbe imporre la chiusura dei ristoratori durante la lavorazione. Si opererebbe secondo equità e si salverebbe forza lavoro, magari diminuendo le ore di ciascuno per lavorare tutti, garantendo la continuità d’impresa di un intero comparto, altrimenti compromessa. Sin da domani chiederò l’adesione della commissione annona”.
COSMO DI MAURO «Ripercussioni gravi per le chiusure La stagione degli annunci si chiuda e si passi a quella degli aiuti concreti»
La Costiera Amalfitana in ginocchio, con un turismo che con l’emergenza Coronavirus è un grande punto interrogativo. Proprio quella costa che vive di turisti e di “stagioni” ora fatica a trovare una speranza e boccate d’aria. La crisi passa – dunque – per i ristoratori e gli albergatori che (in altri tempi) vedevano Pasqua e il lunedì in Albis come il nuovo “start” alla stagione lavorativa. “Con questa insolita pasquetta, noi ristoratori vietresi, archiviamo alla storia – ha sottolineato Cosmo Di Mauro, ristoratore e presidente della Pro Loco di Vietri sul Mare – una serie di riflessioni, di emozioni e sensazioni allucinanti. Proprio nel periodo più fecondo per il turismo invernale, quello dei ponti primaverili ed il week end di Pasqua, è intervenuta questa quarantena obbligatoria con conseguente chiusura delle nostre attività, che, diversamente, sarebbero ripartite con la nuova stagione lavorativa. Ed invece sarà ricordata per tanti come una delle pochissime festività di non lavoro e di isolamento sociale, come una virtuale insolita Pasqua e Pasquetta di ferie forzate e spero che non debba essere ricordata come l’ultima pasqua da ristoratore”. Il presidente, preoccupato per il futuro incerto, ha infatti continuato: “Proprio nei mesi di febbraio e marzo molti di noi cominciano a rimpinguare le brigate di cucina a selezionare le migliori figure professionali per l’accoglienza e per la sala. La chiusura totale ha fatto registrare ripercussioni negative sulla propria attività per il 95% dei ristoratori italiani. Queste ripercussioni in Campania si sono mostrate peggiori – ha continuato Di Mauro – per le norme locali ancora più restrittive dell’emergenza che ci ha visti limitati anche nella possibilità del delivery o della semplice vendita di pizze d’asporto. Volendo sforzarci enormemente, riusciamo anche a cogliere qualche aspetto positivo, il goderci la famiglia, i figli, il riposo, la lettura e lo svago, ma sono solo una magra e unica consolazione. Le preoccupazioni immediatamente ci portano alla realtà, siamo imprenditori e sappiamo che “il tempo” è la variabile più importante, e per tanti di noi è già finito ed irrimediabilmente ed incolpevolmente si è scritto il destino di ex ristoratore. Nelle video chiamate che abbiamo imparato a fare in questi periodi con i diversi colleghi proviamo a farci forza e darci coraggio reciprocamente ma dai tanti sguardi percepiamo il clima surreale ed emerge l’energia pregressa di chi ha fatto una vita di sacrifici e che non riesce ad immaginare un futuro senza la propria attività. Siamo consapevoli che le nostre sono e saranno le attività più danneggiate, e probabilmente non si potrà mai più tornare a svolgere il nostro lavoro come prima. Dal punto di vista sanitario, si comincia a percepire qualche goccia di ottimismo, la stessa cosa non si può dire dal punto di vista economico e delle consuetudini, perché vediamo buio totale e continue proroghe alla riapertura, imposizioni e restrizioni. La nostra speranza è che la stagione degli annunci si possa presto concretizzare in aiuti concreti, interventi netti e precisi che ci mettano in condizione almeno di poter decidere”. Infine, il presidente della Pro Loco del primo comune della Costiera Amalfitana, mette sul tavolo alcune proposte e soluzioni: “C’è necessità di ridurre concretamente i canoni di locazione, eliminare totalmente tasse e tributi sia locali che nazionali per i periodi di effettiva chiusura, c’è bisogno di agevolazioni e concrete riduzioni contributive per il mantenimento della forza lavoro, noi stiamo facendo la nostra parte e siamo pronti a sacrificarci ancora una volta per garantire una nuova ripartenza – ha concluso – ma non permetteremo a nessuno di calpestare e strumentalizzare il nostro lavoro e il nostro orgoglio, vi chiediamo solo di fare anche voi (classe dirigente) la vostra parte, e quindi il vostro lavoro: prendere atto della situazione e agire per la comunità. Una comunità di ristoratori in Pasqua virtuale ed insolita pasquetta”.
«Abbiamo bisogno di una possibilità per ripartire»
«Noi chiediamo al governatore De Luca di darci la possibilità di fare l’asporto come in tutte le altre regioni d’Italia». Così Anna Clara Capacchione, titolare di Vasinicò di Salerno. «Noi lo chiediamo per riaprire le nostre cucine da troppo tempo silenziose. Lo faremo – prosegue – con grande responsabilità e tutelando la nostra salute e quella dei nostri clienti. È molto importante, è un lento anzi lentissimo modo per far ripartire la nostra economia in questo momento in ginocchio per questa pandemia. Le conseguenze peggiori le stanno pagando i piccoli commercianti come me. Quindi dovrebbero darci la possibilità di provare a ripartire».