Cfi governato da Alfieri attraverso i sindaci - Le Cronache Ultimora
Ultimora

Cfi governato da Alfieri attraverso i sindaci

Cfi governato da Alfieri attraverso i sindaci

di Peppe Rinaldi

 

 

E’ una girandola di soldi pubblici, incarichi «a schiovere», un balletto continuo che non poteva non attirare le attenzioni. In parole brutali, la vicenda del Cfi sembra essere, salvo i sempre possibili rovesciamenti del quadro, una gigantesca rapina alle casse dello stato. Siamo già a oltre 11 milioni di debiti nei bilanci, per non dire della sottrazione di significative risorse finanziarie attraverso un sistema di controllo politico della gestione barattato con un certo laissez-faire per gli operativi sul campo. A «governare» larga parte del processo negli ultimi anni sarebbe stato il presidente della Provincia Franco Alfieri, unitamente al Cda, ai Revisori del conto e alla conferenza dei sindaci (Eboli, Capaccio e Salerno).

 

FINANZA AL LAVORO

 

La Gdf sta lavorando sodo per consegnare il quadro complessivo sul Cfi al vertice della procura di Salerno, a sua volta in queste ore impegnata nello «studio» delle carte in vista del 28 ottobre prossimo quando, dinanzi al Tribunale del Riesame, si discuterà la posizione del principale indagato, cioè Alfieri, il cui ruolo rispetto alla vicenda generale del Consorzio sarebbe in fase di limatura finale prima delle ulteriori conclusioni da rassegnare al pm. Al tribunale della Libertà, il 28 ottobre vi saranno in discussione, tra molto altro, le tesi difensive sull’adeguatezza della misura cautelare in relazione anche alla presunta sovra-fatturazione dei costi degli appalti contestati ad Alfieri e ai coindagati, ritenute segno della presunta corruzione maturata nel corso del tempo con le società finite nel burrone giudiziario, la Dervit e la Alfieri Impianti, quest’ultima di proprietà della sorella del presidente; mentre la prima è azienda storicamente vicina al sindaco di Paestum.

 

 

SEI AVVOCATI IN UNA SOLA CAUSA

 

Basterebbe l’esempio che stiamo per fare per avere un’idea di massima di come la gestione del Cfi abbia superato spesso l’impensabile. Per una banale vertenza di lavoro, infatti, si sono costituiti davanti al giudice del lavoro non uno, non due e neppure tre avvocati, bensì sei: prima uno all’inizio (l’avvocato M., Cronache conosce solo i cognomi, per ora) poi revocato; al suo posto nello stesso procedimento ne vengono nominati altri due (avvocati B. e D’A.); anche questi due vengono revocati e al loro posto arriva l’avvocato B. il quale, incredibilmente, pure viene revocato per far spazio all’avvocato P. Solo che, poi, nella schizofrenia gestionale che nessuno osava interrompere fintantoché è cambiata la musica in procura, lo stesso ultimo avvocato P. viene superato dal precedente B. per una maxi transazione con un centinaio di dipendenti del Cfi nell’ambito di una vicenda, pure qui oscura, relativa alla vita interna e ai rapporti di lavoro nell’azienda pubblica più stuprata del territorio provinciale. Insomma uno scialo del danaro collettivo (gli avvocati, giustamente, costano) per una sola causa di lavoro: una sola e una sòla, si direbbe.

Da dove provengono questi avvocati o, almeno, dove hanno i propri studi professionali? Da quanto Cronache ha potuto apprendere, vengono parte dall’Agro e parte dal Cilento, da Torchiara, Agropoli e Capaccio. Certo, gli avvocati c’entrano relativamente, vengono chiamati e pagati: il punto è il sistema di riferimento che, se per una sola causa di lavoro ha messo a ballare addirittura sei legali, chissà per altre questioni più pesanti cosa sia stato possibile accadesse. E, infatti, gli investigatori proprio su questi strani magheggi hanno concentrato grossa parte del lavoro.

 

I 400MILA EURO SENZA VOLTO

 

Un altro esempio? Circa 400mila euro di costi che non si capisce dove siano finiti nelle pieghe degli ultimi bilanci, peraltro tutti considerati «opachi» dagli stessi inquirenti e da chiunque abbia avuto modo di sbirciare nelle carte. In realtà chi li abbia intascati e perché gli investigatori lo sanno, non ci vuole un genio come Elon Musk per capirlo, si tratta di provarlo adesso; così come è emersa l’anomala rimessa fatta in favore di un ex consigliere comunale di Baronissi legato per ragioni private alla micro-lobby che governa il Cfi da tempo. In suo favore sono stati erogati stipendi annuali per circa 100mila euro che, sommati a quelli che già entravano «in famiglia», fanno lievitare le cifre in maniera oggettivamente sconcia, specie se si considera che anche i posti da dipendenti sarebbero stati ottenuti in maniera, diciamo così, scapigliata. Una storia che viene da lontano.

 

LA DURA CONDANNA DELL’EX SINDACO

 

Nel Cfi pare non si abbiano eguali, come ripetono quanti conoscono da dentro le cose del «sistema», in tema di lavorazione concorsi pubblici, con presidenti di commissione elastici e onnipresenti per candidati eterodiretti o preventivamente individuati: gli elenchi delle mobilità, delle graduatorie fisarmonica, dei consiglieri comunali o segretari di partito o trombati vari della politica dirottati qua e là tra i comuni ed enti locali vari fino a regalare loro posti comodi e ben remunerati, è lungo e particolarmente significativo. Lo sanno tutti, lo sapevano tutti ma tutti facevano gli indiani. Facevano, appunto. E qui veniamo alle ultime notizie di cronaca giudiziaria in qualche modo riconducibili, sebbene non per il merito specifico, alla vicenda generale del Consorzio.

La corte d’Appello di Salerno ha confermato l’altro ieri la condanna a 4 anni e 4 mesi per l’ex sindaco di Eboli, Massimo Cariello. Una condanna forte, volendo assecondare diffusi moti giustizialisti qualcuno la definisce «esemplare». Cariello ha pagato in solitaria per una cosa oggettivamente minore rispetto ad un quadro generale più complicato che lo riguardava e che, per un verso è finito nel solito frazionamento «a finestre» tipico di una tecnica investigativa che auto-produceva carte su carte, faldoni su faldoni, filoni su filoni ma senza mai arrivare a nessun punto, com’è successo nelle principali indagini di questi anni (sull’Asl, sulla maxi truffa della coop Ises di Eboli, sulla Camera di Commercio e relativa società in house Intertrade, solo per fare alcuni esempi); per un altro verso, invece, lo hanno visto coinvolto talvolta di striscio o per leggerezze sanate anche da un pizzico di fortuna. Ma spesso la vita politica porta rogne di ogni tipo, anche tremende ingiustizie. Sta di fatto che Cariello è stato risucchiato, per questa specifica vicenda, dalla innegabile perizia operativa del dominus del Cfi, Francesco Sorrentino, che in cambio della fornitura anticipata delle domande di un concorso da farsi di lì a breve e che avrebbe interessato un paio di persone vicine al sindaco di Eboli, quest’ultimo avrebbe dovuto garantire che al Cfi non tornasse il suo inventore originario, l’avvocato Salvatore Memoli, vero terrore della dirigenza consortile: ovvio, sarebbe finita la pacchia. In questa manovra il ruolo del “boss” del Cfi, il presidente Alfieri, furono gli stessi protagonisti a tracciarlo durante le conversazioni captate. Ieri si sarebbe dovuta tenere l’udienza a carico di Sorrentino ma la causa è stata rinviata perché anche il presidente del collegio allestito per il giudizio, il dottore Ferrara, ieri ha reso dichiarazione di astensione. Infatti Ferrara era parte del collegio al Riesame che pronunciò l’ordinanza nei confronti di Cariello. Tutto rinviato, quindi, al 21 gennaio prossimo

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *