di Andrea Pellegrino
Il giudice del lavoro ha sciolto la riserva sul ricorso presentato da una ex lavoratrice della Marzotto che si è vista sottrarre i soldi dall’Inps e che vuole indietro i benefici concessi per l’esposizione all’amianto. L’udienza si è tenuta venerdì 24 giugno ed è stata ora aggiornata all’8 luglio, quando l’Inps dovrà fornire le sue deduzioni alle eccezioni mosse dall’Adiconsum nell’ambito del procedimento. In giudizio, infatti, si è costituita anche l’associazione dei consumatori della Cisl che ha presentato una propria memoria, contestando il comportamento dell’Inps nei confronti degli ex lavoratori. La vicenda paradossale coinvolge numerosissimi lavoratori dell’ex opificio tessile che ora sono alle prese con una vera e propria battaglia legale, assistiti dagli avvocati Dante Stabile ed Anna Amantea. Non si esclude che nei prossimi giorni altri lavoratori possano rivolgersi ai legali per intraprendere nuove azioni. Nel mentre Antonio Galatro annuncia che si rivolgerà alla Procura della Repubblica per segnalare la vicenda ed il comportamento dell’istituto previdenziale. Conti alla mano, c’è chi deve restituire, sempre secondo l’Inps, circa 40mila euro per i benefici concessi e certificati fino al secondo grado di giudizio. Dalla sua, l’istituto previdenziale s’appella ad una pronuncia della Cassazione che, seppur non disconoscendo l’esposizione all’amianto, contesta la procedura amministrativa. Un “papocchio” senza precedenti che ha messo in difficoltà numerosi ex dipendenti salernitani. Nel caso specifico, la pensionata ricorrente dovrà restituire la somma di 35mila euro e dal maggio scorso si è ritrovata una trattenuta del 20 per cento sulla pensione. In numeri, sul cedolino compaiono 182 euro in meno su una pensione di 900 euro lordi. «Procedura illegittima», per Galatro: «la trattenuta del 20% sulla pensione è stata calcolata sull’intero lordo di pensione (914,76 euro), senza far salvo la quota impignorabile. Tra l’altro si tratta di una pensione già gravata da altre trattenute. Questo – prosegue Galatro – mette in pericolo la libertà della pensionata, caricata di altri oneri economici precedentemente assunti (cessione di 1/5 pari a euro 120,00; fitto mensile di 600,00 euro (contratto registrato), con l’attuale trattenuta del 20% sulla pensione ricalcolata a 914,00 euro circa mensili, sarebbe costretta a vivere con circa 13,00 euro al mese». Inoltre, «va aggiunto l’errore sulla quantificazione della somma chiesta (35.518,18 euro invece di euro 30.752,16). La somma eccedente i citati 30.752,16 euro, non riguarda il c.d. “ricalcolo amianto” ma, viceversa, attiene a “Ricostituzione contributiva per mobilità non calcolata al momento della pensione”, pertanto non andava, così come non va addebitata alla pensionata». In attesa dell’udienza dell’8 luglio Galatro sta predisponendo un’ulteriore diffida all’Inps.