di Oreste Vassalluzzo
BATTIPAGLIA. Battipaglia è città di camorra. L’ha scritto nero su bianco il Governo con lo scioglimento del consiglio comunale per “gravi forme d’ingerenza da parte della criminalità organizzata”. Un’onta per la città e per i suoi cittadini. Il “sistema Santomauro” è finito sotto inchiesta prima della Dda di Salerno con gli arresti avvenuti nel maggio scorso, e poi con la nomina della commissione d’accesso antimafia che ha vagliato attentamente tutti gli atti relativi, soprattutto alla giunta dell’ex sindaco del Pd prima e dell’Udc poi, all’amministrazione comunale. Durissima è la “pena” per i cittadini battipagliesi. Blocco delle elezioni amministrative del 25 maggio prossimo e commissariamento per diciotto mesi (prorogabili fino a 24 mesi) con l’invio di tre commissari nominati dal Ministero dell’Interno che faranno “pulizia” di tutti i gangli, i rapporti, le connivenze con la criminalità organizzata. Di questo si parla. Al Comune di Battipaglia la camorra, la criminalità, aveva preso “possesso” delle decisioni amministrative e politiche. Il provvedimento giunge un giorno prima dei cinquanta previsti dalla normativa (articolo 143 della legge 267 del 2000). Alla luce di questo atto, gravissimo per la città di Battipaglia, si impone una riflessione, al netto di ciò che sarà scritto nel decreto di scioglimento di prossima pubblicazione. E’ la politica ad essere collusa con la camorra, oppure sono gli apparati amministrativi del Comune? Cioè il sistema Santomauro era retto solo ed esclusivamente dalla politica, oppure c’era la connivenza dei funzionari, dirigenti e dipendenti del Comune? La risposta a queste domande è contenuta in quel decreto che presto sarà reso noto. La ricerca delle responsabilità è già iniziata. Sarebbe troppo facile, riduttivo e anche profondamente ingiusto, lanciare la croce addosso all’ex sindaco Giovanni Santomauro. E’ chiaro che le sue responsabilità politiche restano come anche quelle penali che la magistratura sta già accertando, ma è l’intero sistema politico e amministrativo, stratificato negli ultimi venti anni che non va. Che ha creato terreno fertile per le connivenze. E la responsabilità è da condividere con l’opposizione che non ha saputo guardare dove bisognava guardare, con la politica che ha permesso tutto questo, con i dirigenti e funzionari che si sono prestati al “sistema” e anche a coloro che questo sistema hanno sostenuto. Una pagina triste per la città di Battipaglia che non mancherà di generare polemiche e anche distinguo con la certezza, questa si, che sono i cittadini battipagliesi ad prendersi tutto il peso di una mala gestione della cosa pubblica. E dalla politica si pensa già alla possibilità di provare a ricorrere al Tar contro questo provvedimento.
LA GENESI. Lo scioglimento del consiglio comunale di Battipaglia, decretato dal Consiglio dei Ministri su proposta del capo del dicastero degli Interni, Angiolino Alfano, era nell’aria. Dopo l’arresto del sindaco Giovanni Santomauro, l’8 maggio del 2013, ed il successivo commissariamento prefettizio, il ministro degli Interni decise di nominare una commissione d’accesso per fare luce sulle presunte infiltrazioni malavitose nel comune della Piana del Sele. Giovanni Santomauro fu arrestato a seguito di una indagine condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia di Salerno e coordinata dall’allora Procuratore della Repubblica Franco Roberti, per vicende legate ad appalti per la ristrutturazione del municipio e a alle messa in sicurezza di alcune strade cittadine. Gli appalti erano stati affidati a due ditte casertane di Casal di Principe e Ricignano di Aversa. Il 14 maggio dello scorso anno il prefetto di Salerno, Gerarda Maria Pantalone, nominò commissario Mario Rosario Ruffo. Sei giorni dopo vennero revocati gli arresti al sindaco per il quale però fu disposto l’obbligo di dimora lontano da Battipaglia. Il 28 maggio infine fu nominata la commissione d’accesso presieduta dal vice prefetto Rosanna Bonadies, che ha indagato sulle presunte infiltrazioni malavitose.