Clamoroso colpo di scena che azzera i vertici dell’Ordine degli avvocati di Salerno. Lo decide la Cassazione a sezioni riunite, nel procedimento avverso la sentenza del Consilglio nazionale Forense dello scorso anno. In pratica con questa sentenza decade il presidente Gaetano Paolino. I FATTI gli avvocati Maura De Angelis, Francesca Di Renna, Gennaro Greco, Remo Fabio Pipi e Saverio Vignola hanno impugnato la delibera di proclamazione degli eletti nella tornata per il rinnovo del COA di Salerno per il quadriennio 2023/2026, nella parte in cui ha proclamato eletto l’avv. Gaetano Paolino, nonché la precedente delibera di ammissione della candidatura del medesimo avvocato, in ragione della sua incandidabilità/ineleggibilità ai sensi dell’art. 3, comma 3 della l. n. 113/2017, chiedendone pertanto l’annullamento; ciò in quanto l’avv. Paolino, già eletto consigliere per il quadriennio 2015/2018, era rimasto in carica dal 7.2.2015 fino al 19.7.2019, allorché erano stati proclamati i consiglieri eletti per il quadriennio 2019/2022; con la conseguenza che il detto avv. Paolino -che, dopo l’espletamento di due mandati, non si era candidato alla tornata elettorale 2019/2022- aveva ripresentato la sua candidatura per il quadriennio 2023/2026 senza che fosse decorso -come richiesto dall’art. 3, co. 3, terzo periodo l n. 113/2017- un numero di anni pari a quello del precedente mandato (quattro anni e sette mesi), essendo trascorsi soltanto 3 anni e 5 mesi; LA SENTENZA DEL CONSIGLIO NAZIONALA FORENSE con sentenza n. 73/23 depositata il 4.5.2023, il C.N.F. ha rigettato il ricorso, richiamando la sentenza n. 173/2019 della Corte Costituzionale e la sentenza n. 8566/2021 delle Sezioni Unite di questa Corte e rilevando che: la «nozione di mandato “oggettivo” è stata utilizzata sia per il computo della durata dei mandati computabile ai fini del divieto sia per interpretare l’ultimo periodo dell’art. 3 co. 3 L. 113/2017 secondo il quale “la ricandidatura è possibile quando sia decorso un numero di anni uguali a quello in cui si è svolto il precedente mandato”»;«per la “ricandidatura” occorre considerare la durata oggettiva del mandato, che è quella legale (tendenzialmente) quadriennale, ovvero quella inferiore in caso di decadenza o scioglimento anticipato del COA, senza tener conto di vicende (“variabili e non preventivabili”) riconducibili al Coa o ai suoi componenti, atte ad aumentare o ridurre il numero di giorni in cui il mandato è stato svolto»; «è dunque evidente che la norma di divieto miri ad impedire l’esercizio di un terzo mandato consecutivo, situazione che nel caso di specie non si presenta, atteso che l’Avv. Paolino non ha partecipato alla consiliatura 2019/2022, determinando un’interruzione -di durata legale quadriennale e, dunque, pari ad un mandato in senso «oggettivo»- rispetto alla sua precedente esperienza consiliare»; IL RICORSO hanno proposto ricorso per cassazione gli avvocati Maura De Angelis, Francesca Di Renna, Gennaro Greco, Remo Fabio Pipi e Saverio Vignola, affidandosi a due motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, l’avv. Gaetano Paolino e l’avv. Sarel Malan, nonché gli avvocati Marco Granese, Stefano Salimbene, Stefania Vecchio, Clara Altieri, Ernesta Iorio e Angelo Dente e, altresì, gli avvocati Brunella Di Maio, Paola Ianni, Giovanni Allegro e Alberto Toriello; col primo motivo, i ricorrenti denunciano «violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 cpc per erronea interpretazione dell’art. 3 comma 3 della legge 12/7/2017 n. 113, nella forma della violazione dei criteri interpretativi di cui all’art. 12 delle preleggi»; richiamata la normativa di riferimento, assumono che la disposizione dell’art. 3, co. 3, terzo periodo della l. n. 113/2017 («la ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato») «deve valere su tutto il suo tenore letterale, di fatto aggirato e travisato dal CNF con la sentenza impugnata»; evidenziano che «l’uso della locuzione “anni” ha una doppia incidenza: una relativa alla circostanza normativamente prevista che la consiliatura superiore ai due anni per legge è assimilata ad un’intera consiliatura quanto agli effetti; l’altra è che il computo in anni consente di calcolare anche i singoli anni superiore al biennio […] o le frazioni dei medesimi per il caso di specifico di “fermo” necessario al raggiungimento dell’obiettivo costituzionale di evitare viscosità e sclerotizzazione dei vertici ordinistici con la base elettorale»; sicché la scelta del legislatore è nel senso che «l’assolvimento della condizione necessaria alla ricandidatura dopo i due mandati consecutivi si concretizza con il rispetto di un periodo di fermo che sia corrispondente al numero di anni di carica effettivamente ricoperta dal candidato»; contestano al CNF di avere applicato ed ammesso «una contraddittoria quanto non prevista variabilità del parametro legale fissato dal legislatore per la “quantificazione” del periodo di fermo prima della possibilità di ripresentazione della candidatura che non è il numero di anni pari agli anni del precedente incarico come disposto dalla norma, ma il semplice “salto” di una candidatura elettorale immediatamente successiva»; ribadiscono che «l’avv. Paolino non ha rispettato il termine minimo di fermo per la terza consiliatura di 4 anni, avendo presentato la propria candidatura dopo 3 anni e 5 mesi dall’ultimo mandato espletato di 4 anni e 7 mesi»; col secondo motivo, i ricorrenti denunciano «violazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 5, cpc, per erronea applicazione dell’art. 3 comma 3°, III periodo della L. n. 113/2017 e degli artt. 8 e 9 della L. n. 113/2017 conseguente all’omesso esame di un fatto decisivo per giudizio in riferimento al criterio del calcolo avendo tralasciato ogni valutazione sulla revoca delle elezioni per usufruire della proroga per il rinvio dei Consigli dell’ordine territoriale»; ribadito che «la seconda consiliatura da utilizzare come parametro di fermo […] ha avuto una durata superiore al quadriennio», i ricorrenti si dolgono che il CNF abbia ritenuto irrilevante il duplice rinvio delle elezioni per il quadriennio 2019/2022, che era stato disposto dallo stesso COA di cui l’avv. Paolino era segretario e che aveva comportato un aumento di sette mesi della durata della consiliatura; circostanza che non poteva essere considerata variabile non preventivabile (e, quindi, ininfluente), «essendo stata una variazione voluta, attuata mediante un procedimento amministrativo, deliberata, sebbene in aumento, afferente il consiglio»; LA DECISIONE ritiene il Collegio che il primo motivo meriti accoglimento e che la sentenza vada cassata, con assorbimento del secondo motivo e rinvio al Consiglio Nazionale Forense; come è noto, la sentenza n. 8566/2021 di queste Sezioni Unite ha affermato il seguente principio di diritto: «ai fini dell’applicazione della norma di cui al terzo comma dell’art. 3 della legge n. 113/2017, che prevede che i consiglieri dell’ordine degli avvocati non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi, occorre far riferimento alla nozione di mandato in senso oggettivo, senza che possa avere rilievo la circostanza che il consigliere già eletto per il secondo mandato si sia dimesso anticipatamente rispetto alla durata legale della consiliatura, non potendo quindi ripresentarsi alle elezioni immediatamente successive. Né può rilevare in senso contrario la diversa previsione del terzo periodo del terzo comma, secondo cui la ricandidatura è possibile quando sia trascorso un numero di anni uguale agli anni nei quali si è svolto il precedente mandato, atteso che la norma mira a rafforzare il divieto di cui al precedente periodo, disponendo che il divieto di rielezione opera anche nel caso in cui, pur non essendovi stata un’immediata ripresentazione, la successiva consiliatura abbia avuto una fine anticipata rispetto al termine legale, non sia ancora decorso un numero di anni uguale a quello del precedente mandato, sempre inteso come riferito alla durata della consiliatura»;con specifico riferimento alla portata del terzo periodo del 3° co. dell’art. 3 l. n. 113/2017, le medesime Sezioni Unite hanno spiegato che, «ancorché la durata del mandato sia stata ormai fissata in quattro anni, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 247 del 2012, la consiliatura potrebbe avere una fine anticipata rispetto alla scadenza legale, nel caso di decadenza di cui al comma 8 dello stesso art. 28, ovvero nelle ipotesi di scioglimento anticipato di cui all’art. 33» […]. La previsione del terzo periodo del terzo comma trova quindi una sua giustificazione, rispetto al già disposto divieto di rielezione dopo due mandati consecutivi, in quanto nel caso in cui la terza consiliatura abbia avuto una durata inferiore a quella legale, l’ex consigliere, non presentatosi per la terza volta, può partecipare alla nuova elezione solo se sia trascorso un numero di anni uguale a quello nei quali si è svolto il precedente mandato»; di talché la disposizione di cui al secondo periodo, che contempla il generale divieto di terzo mandato consecutivo, trova «un completamento […] nella previsione del terzo periodo che del pari vieta la candidatura allorché, pur non ricorrendo più il limite del terzo mandato (essendosi svolta una nuova competizione elettorale ed alla quale il consigliere uscente non abbia preso parte), non sia intercorso un periodo di tempo che la legge ritiene necessario per consentire il fisiologico ricambio all’interno dell’organo ed impedire la cristallizzazione della rappresentanza»; e ciò è quanto è accaduto nel caso di specie, in cui è pacifico che la consiliatura “saltata” dall’avv. Paolino (2019/2022) ha avuto -oggettivamente- una durata inferiore al quadriennio (tre anni e cinque mesi) a seguito della proroga di quella precedente (durata -di fatto- quasi quattro anni e sette mesi); in una situazione siffatta, la ricandidatura dell’avv. Paolino alla tornata elettorale 2023/2026 ha violato la prescrizione dell’ultimo periodo del 3° co. dell’art. 3 l. n. 113/2017, in quanto effettuata senza che fosse trascorso un intervallo uguale a quello degli anni in cui si era svolto il precedente mandato;deve invero ribadirsi che la nozione di mandato va intesa in senso oggettivo, dovendosi far riferimento alla durata effettiva delle consiliature, con la conseguenza che, ai fini della verifica del rispetto della previsione anzidetta, non è sufficiente che vi sia stato un “fermo” di consiliatura e che la consiliatura saltata sia giunta alla naturale scadenza, ma occorre anche che sia decorso un periodo di durata eguale al mandato precedentemente svolto (ossia il periodo che il legislatore ha considerato necessario ad escludere il possibile condizionamento sul corpo elettorale derivante dal pregresso espletamento del mandato consiliare); ciò comporta, come anticipato, la cassazione della sentenza e il rinvio al C.N.F.;
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