di Arturo Calabrese
Lui è Giuseppe Avigliano. Laureato in lettere classiche, a 21 anni è entrato in libreria con un contratto part time, per pagarsi gli studi e da allora non ne è più uscito. Oggi è gestore di ben due librerie nel Cilento, una ad Agropoli e una di recente apertura a Capaccio Paestum. Un giovane libraio, dunque, che decide di investire non una ma ben due volte in quello che è un mercato molto difficile.
Perché qualche anno fa l’idea di aprire una libreria?
“Alla fine del 2018 mi si è presentata l’occasione di rilevare il Mondadori Bookstore di Agropoli. Dopo tante valutazioni accettai la sfida. Sarebbe stata la mia prima esperienza da amministratore di una libreria. Per la prima volta non mi sarei occupato solo della gestione della libreria, del confronto con i clienti e di tutte le altre infinite mansioni del mestiere di libraio, ma avrei anche seguito la gestione economica. Per fortuna avevo tutti i mezzi a disposizione per farlo. A febbraio del 2019 inauguravamo la nostra gestione. In tutto questo percorso mi ha sempre accompagnato Alessia, mia moglie, con la quale condividiamo progetti e avventure da sempre”.
Oggi una nuova avventura: un secondo punto vendita. Cosa ti ha spinto?
“Ad Agropoli abbiamo trovato una comunità di lettori meravigliosa. In pochi mesi conoscevamo a memoria i nomi di tantissimi nuovi amici, parlavamo con loro ogni giorno delle ultime uscite e di tutto ciò che ci succedeva intorno. La libreria è diventata un salotto, nel pieno centro della città. Questo ne ha decretato una crescita inaspettata e ci ha dato la forza per accrescere ancora di più questa comunità di lettori, con l’apertura di Capaccio Paestum. La volontà è quella di unire due comunità di lettori affini, vicine e che, a differenza di quel che si racconta, sono vive e piene di stimoli. Il Comune di Capaccio vive una stagione di grande vitalità culturale e la libreria vuole offrire una sponda e un nuovo spazio di aggregazione per tutti gli amanti della lettura. Ma non solo: nella vocazione di ogni libreria deve esserci sempre una grande campagna di sensibilizzazione alla lettura. Le librerie devono riuscire a parlare anche a chi non ha mai dato una possibilità ai libri. Il tasso di lettori in Italia è il più basso tra i paesi europei. Bisogna invertire la rotta, e le librerie, devono essere in prima posizione in questa campagna. È quello che facciamo ogni giorno sul territorio, spingendoci un po’ ovunque nel Cilento, tra Biblioteche e spazi sempre nuovi!”.
Lavorare in una libreria vuol dire avere un continuo contatto con un pubblico di lettori molto variegato. Per consigliare al meglio l’acquisto si deve leggere molto e conoscere i vari libri. Qual è il segreto?
“La passione per la lettura è fondamentale, necessaria, indispensabile per ogni libraio. Ma non basta. Dico sempre ai miei collaboratori che il libraio deve essere bravo innanzitutto a leggere il lettore che ha davanti a sé. Quando le persone si affidano a noi per un consiglio, dobbiamo essere bravi a trovare il libro adatto per il tipo di lettori che abbiamo di fronte. Non è facile: c’è bisogno di una certa sensibilità, di una conoscenza larga del catalogo e di tanta curiosità. Un libraio è sempre curioso: con poche e giuste domande riesce a riconoscere il lettore che ha di fronte e a consigliargli il libro giusto”.
Come sta il mercato del libro in Italia?
“Mi piace guardare sempre il bicchiere mezzo pieno, sono una persona ostinatamente ottimista. È vero, il tasso di lettura al 39,2% è bassissimo. Se andiamo a guardare i dati del Sud Italia i dati diventano allarmanti. Ma io dico sempre di guardare ai tantissimi giovani che frequentano le librerie. Alla curiosità dei tanti bambini che affollano i nostri scaffali. È da lì che dovremmo ripartire. Questi ragazzi nei prossimi vent’anni faranno l’Italia. Se cominciassimo a raccontare le loro storie? Se la narrazione generale sulla lettura si spostasse, per una volta almeno, sugli esempi positivi? Il piacere della lettura è contagioso, coinvolgente, unisce. In troppi non hanno l’occasione di scoprire questa passione, perché non la incontrano a casa e non la incontrano a scuola e gli spazi pubblici dedicati alla lettura sono sempre troppo pochi”.
Nel periodo della pandemia, le librerie, insieme ad altre attività commerciali, sono state definite essenziali e quindi non hanno subito la chiusura. È ancora così?
“Durante la pandemia abbiamo scoperto il cuore grande della nostra comunità di lettori. Le librerie furono considerate attività essenziali e fu un gesto simbolico forte, che apprezzai. Tuttavia si fa ancora troppo poco per sostenerle. Le azioni simboliche aiutano, ma non sono abbastanza. Servirebbero politiche lungimiranti e coraggiose. La prima emergenza, quella dietro l’angolo, è l’insostenibilità degli affitti che aumentano di anno in anno e che per un’attività come quella delle librerie è una spada di Damocle minacciosa. Davvero si può sacrificare la funzione sociale e aggregativa di questi spazi nel nome di un mercato sempre più imprevedibile ed escludente?”.