«Essere apparentemente lieti mentre l’animo brucia ferocemente e affidare a forme profughe il verbo futuro di ogni racconto possibile». Così Francesco Tadini, curatore, insieme a Melina Scalise e Antonello Tolve, di “Apologia della superficie”, la personale di Ernesto Terlizzi allestita a Milano, presso lo Spazio Tadini, definisce il carattere di questa mostra. Aperta fino al 18 aprile 2014, è composta da trenta opere, tutte realizzate su carta thailandese kozo martellata e risalenti al 2013, tranne “In volo”, che è del 2014: in quest’ultimo lavoro, composto da sei fogli, come afferma lo stesso autore, «aleggia il vento della Speranza per centinaia di profughi tesi a costruire un Sogno. Un Sogno che spesso s’infrange, sommerso nel profondo silenzio del mare». Va notato, in proposito, che il riferimento all’elemento liquido, se non proprio al mare, è frequente in questa selezione. Terlizzi ha sempre dimostrato una grande sensibilità verso le tematiche relative alle emergenze umanitarie, che si riflette spesso sia nelle sue opere sia nella sua attività espositiva: già invitato presso la galleria milanese nel 2011, ha aderito, due anni dopo, al progetto “Save My Dream”, una collettiva che Spazio Tadini ha dedicato agli immigrati periti nel tentativo di raggiungere le coste italiane. Per espressa volontà di Francesco Tadini, figlio del maestro Emilio, scomparso da dodici anni, nel luogo che fu il suo studio, ora trasformato in centro d’arte e cultura, si rinnova idealmente un legame improntato sulla stima reciproca.
Secondo Melina Scalise, l’arte di Terlizzi oltrepassa l’ambito dell’astrattismo, nel quale, a prima vista, si sarebbe tentati di collocarla. Le immagini rappresentate su queste carte superano la bidimensionalità, proponendosi come veri e propri oggetti, che si offrono sia alla vista, mediante l’accurata scansione di piani, luci e ombre ai quali è spesso impresso un dinamismo di impronta futurista, sia al tatto, attraverso la ruvidezza della carta fatta a mano. È dunque proprio al supporto delle immagini, in questi fogli, che viene affidato il compito di conservare quel rapporto «tra la fisicità irriducibile della materia e la misura costruttiva del disegno», individuato da Stefania Zuliani, il quale altrove si basava fondamentalmente sull’abbinamento fra segno grafico e inserti polimaterici. Come nota Antonello Tolve, in uno dei testi che accompagnano il catalogo, Terlizzi, il cui approccio si basa sull’eclettismo stilistico e grammaticale, ha elaborato un vero e proprio liguaggio, costruito attraverso un processo di decostruzione dell’immagine dal quale sono strati ottenuti elementi naturali trasfigurati, che assumono il ruolo di «unità elementari prive di significato … il cui valore è dato per differenze posizionali e opposizionali all’interno di un contesto sistemico» (secondo la definizione di Filiberto Menna). Ne risulta – sostiene ancora Tolve – la rappresentazione di «una natura artificializzata con lo scopo di creare un reale immaginario», più evocata, servendosi di pochi elementi, che descritta.
La mostra è visitabile dal martedì al sabato, dalle 15,30 alle 19,00 o per appuntamento.
Aristide Fiore