di Andrea Pellegrino
Anna Scognamiglio conosceva bene le ambizioni del marito. Al punto che, in una conversazione con un conoscente, il giudice, parlando delle “trattative” del marito Guglielmo Manna, dice: «Non è andata bene.. ma nel senso che non è che non è andata bene.. solo che è tutto rimandato». Dall’altra parte la risposta è secca e spontanea: «Embè sono cinque anni che stanno rinviando o sbaglio». E difatti a quanto pare la scalata di Manna parte da lontano ed ora che ha la moglie giudice relatore nel procedimento che vede coinvolto Vincenzo De Luca (per la sospensione degli effetti della legge Severino) vuole arrivare all’incarico: quello di direttore generale di una azienda sanitaria. Al Csm (che dovrà esprimersi sul comportamento del giudice finito sotto inchiesta) ci sono ora le carte della Procura di Roma, dopo una ricostruzione fatta dalla squadra mobile di Napoli. Ricostruzione che dimostra che il giudice Scognamiglio – contrariamente a quanto affermato fino ad ora – con il marito aveva ancora ottimi rapporti. E non solo. S’interessava anche alle sue vicende. Lo scambio di sms e di Whatsapp (ciao tesoro, ok amore) dimostrano – secondo i pm titolari dell’inchiesta che coinvolge anche il presidente della Regione De Luca – che i rapporti non erano poi tanto tesi tra di loro. Una ricostruzione della vicenda che avviene anche attraverso il racconto di due magistrati sentiti come persone informate sui fatti dalla procura capitolina. Si tratta del presidente del collegio Umberto Antico e del giudice Raffaele Sdino che raccontano cosa è successo in Camera di Consiglio. Il 24 giugno Anna Scognamiglio, via Whatsapp, annuncia al marito: «Sto a casa. Vogliono fare un decreto per salvare gli atti di De Luca e sospenderlo dopo che fa il Consiglio e nomina vice». Il marito risponde: «Grazie..lo sapevo». Il 2 luglio, il giudice Cioffi emette l’ordinanza che sospende gli effetti del decreto firmato da Renzi e mette in salvo la consiliatura con De Luca che può nominare la giunta ed il vice. Il 10 luglio nel gruppo Whatsapp con altri magistrati scrive: «La stampa pensa che il caso De Luca sia esaurito», lasciando intendere – secondo la Procura – che il provvedimento emesso dal Tribunale, “inaudita altera parte”, poteva essere ribaltato dal provvedimento che avrebbe emesso il collegio di cui era giudice relatore. Ma al vaglio della procura di Roma ci sono gli episodi, le telefonate ed i fatti che ruotano intorno all’udienza del 17 luglio, quella che ha deciso, poi, di confermare la precedente ordinanza e congelare gli effetti della legge Severino, consentendo a Vincenzo De Luca di governare. Manna annuncia ai suoi “mediatori” che la sentenza «non uscirà prima di martedì» e che quindi non sarà resa nota il giorno stesso dell’udienza. Durante la quale contatta la moglie chiedendo se stesse andando tutto “secondo le aspettative”. Manna incontra Vetrano e Brancaccio (gli altri due indagati) quel giorno e spiega la situazione. Poi sarà Vetrano (promotore delle liste di Vincenzo De Luca ad Avellino) a contattare Nello Mastursi. Dopo una brevissima conversazione Vetrano dice: «Poi ci stanno anche delle altre cose poi ti riferirò meglio.. però martedì. Non possono fare prima.. hai capito?». «Va bene, va bene, va bene.. Geppino ci sentiamo martedì mattina». Il 20 luglio, Manna annuncia che la sentenza è in dirittura d’arrivo. Vetrano chiede di «rinviare la notifica alla tarda serata del giorno successivo, martedì 21 luglio, o finanche al dopodomani», al fine di consentigli di comunicare ad una terza persona «quei dettagli che non gli ha potuto dare». Alle 15,20 del 21 luglio a “notifica” ancora non resa pubblica, Manna a Brancaccio dice: «La storia è finita»; alle 19,28, invece, sollecita l’avvocato a fare una telefonata: «Chiama.. diciamo che la delibera è stata depositata e che quindi domani mattina è ufficiale». Brancaccio così avvisa Vetrano che a sua volta inviata un sms (alle 23,16) a Nello Mastursi: «Caro Nello, ho consegnato in serata i documenti, per cui domattina sarà data formale notizia». Il giorno 22 luglio la sentenza è resa pubblica. Per la Procura, dunque: «Manna sapeva che il collegio, in un primo moment,o aveva deciso di depositare il provvedimento sul caso De Luca il giorno 21 luglio, come riferito da Antico e Sdino; Vetrano attraverso Brancaccio chiede di rinviare la notifica del provvedimento al giorno 22; la Scognamiglio riferisce ad Antico che non ce l’avrebbe fatta a depositare gli atti martedì ma l’avrebbe fatto il mercoledì 22, cosa che effettivamente è avvenuta. Il 22 sempre la Scogmaiglio avverte il marito che la notizia dell’ordinanza era sul quotidiano “Il Mattino online”».