di Erika Noschese
Forse voleva essere una provocazione ma, di fatto, si è rivelata una scommessa vinta. Un terrone a Milano: Stefano Maiolica, 25 anni, salernitano doc, tre anni e mezzo fa ha scelto di lasciare la sua città e di trasferirsi al nord. Tornare a casa, per le festività natalizie, sembra essere impossibile, a causa dei prezzi inaccessibili che le compagnie richiedono. Nasce così l’idea di fittare un pullman, un autista e tornare a casa con le proprie forze. Un terrone a Milano non è solo una pagina social. Ora è un progetto, un’iniziativa vincente che ha dato vita al “biglietto sospeso”. Stefano, il 20 dicembre, partirà da Milano con altre 86 persone, per far ritorno al sud. Il biglietto di ciascun viaggiatore è stato pagato in toto dagli sponsor ma loro hanno scelto un costo simbolico pari a 10 euro da donare in beneficenza per i bambini che una casa ed una famiglia non ce l’hanno.
Stefano, un terrone a Milano. Hai scelto di tornare a casa per le festività natalizie ma visti i prezzi inaccessibili hai messo in piedi un’iniziativa storica. Di cosa si tratta?
«Sì, non me l’aspettavo. E’ tutto nato un po’ per impulso; condividendo le mie stories con altri fuori sede a Milano ci siamo accorti che c’erano prezzi folli, soprattutto per la Sicilia e la Calabria. Allora, mi sono sentito in dovere di provare a fare qualcosa: ho contattato delle compagnie e altre mi hanno contattato. Ho trovato questo pullman da 87 posti (concesso dalla compagnia di viaggi Flixibus ndr) e poi la cosa si è trasformata ancora di più con l’idea del biglietto sospeso e adesso il biglietto sarà gratuito. Ma ti dirò di più: abbiamo scelto di far pagare il biglietto 10 euro; questi soldi non serviranno a coprire i costi del pullman in quanto ci hanno pensato gli sponsor ma daremo questi soldi in beneficenza ad un orfanotrofio per regalare un Natale migliore ai bambini che non hanno una casa e non hanno una famiglia. Questa bellissima storia si concluderà così».
Cosa significa, per voi, essere un terrone al nord e nel tuo caso a Milano?
«Essere un terrone a Milano significa la normalità. La cosa bella di Milano è che non c’è una cultura specifica, non c’è un cittadino di Milano specifico. C’è un po’ di tutto ed essere un terrone a Milano significa, secondo me, essere in maggioranza. Basta camminare per le metropolitane, al Duomo, per le strade cittadine per sentire dialetti del sud, lingue straniere. Milano, oggi, è una città che accoglie persone da ogni parte del mondo e per me, ripeto, essere un terrone a Milano è la normalità».
Perché hai scelto di lasciare la tua città, Salerno, e partire?
«Ho deciso di lasciare Salerno – che per me è una città meravigliosa, oltre ad essere casa – perché non sono mai riuscito a farmi capire nella mia città, nel senso che fin da quando sono piccolo ho sempre avuto questo animo intraprendente, da sognatore, da persona che vuole spostare le cose. A Salerno sono sempre stato visto come il sognatore, il pazzo, quello che non vuole omologarsi. Mi ero stancato di stare sempre davanti al solito bar, a parlare delle solite cose e a sperare in un futuro che effettivamente non mi sarebbe mai arrivato». Sei l’ennesimo cervello in fuga, quindi? «Sì, e con grande dispiacere perché non avrei mai voluto andar via ma non ho visto speranze per me e ho deciso di andare nel posto più giusto per poter far esplodere le mie capacità e la mia voglia di fare». Di cosa ti occupi a Milano? Quanti anni hai? «Ho 25 anni, mi sono trasferito 3 anni e mezzo fa a Milano per andare a fare la specialistica in psicologia sociale e della comunicazione mentre la triennale l’avevo fatta a Caserta (perché non c’è a Fisciano). A Milano oggi lavoro, un mese prima di laurearmi ho trovato lavoro, contratto a tempo indeterminato. Lavoro per una grossa azienda, mi occupo di comunicazione nell’ambito delle risorse umane».
Pensi che tornerai a Salerno, un giorno?
«Definitivamente non credo. Nel senso che seguo gli sviluppi a Salerno e ad oggi non vedo dei cambiamenti. La cosa mi rattrista tanto – e io sono uno di loro – tutte le persone che potrebbero cambiare veramente le cose a Salerno stanno andando via. Non riesco a vedere una speranza per il futuro a livello di mentalità; poi, se mai un giorno dovessi avere il potere di poter fare qualcosa per la mia città, concretamente, allora lo farò».
Di cosa avrebbe bisogno Salerno per far sì che giovani brillanti come te non vadano via?
«Di opportunità, di riuscire ad allargare gli orizzonti di questa città, di non chiuderli e radicarli in una mentalità antica, preistorica ma di poterci aprire all’innovazione e allo sviluppo. Salerno è un polo pieno di giovani che hanno tanto da fare, di artisti che non possono emergere perché a loro non viene concesso spazio, di imprenditori capaci che vanno fuori ad aprire opportunità. Non sai quanti salernitani ci sono a Milano con attività che funzionano benissimo. Perché a Salerno queste persone non possono farlo? Io darei delle opportunità a queste persone, per farle restare a Salerno. E’ un po’ questo che chiederei alle istituzioni, di aprirsi al futuro».
Come dicevi sono tanti i salernitani a Milano e molti, come te, cercavano soluzioni in economia per poter tornare a casa. Hai annunciato che questa iniziativa verrà replicata nel periodo di Pasqua…
«Sì, le cose si sono sviluppate in modo molto positivo. Sto incontrando un po’ di persone in questi giorni, di attività che vogliono provare a trasformare questa iniziativa in qualcosa di più concreto, che possa funzionare anche a lungo termine. A breve mi rimetterò subito a lavoro per cercare di capire come riuscire a creare un’iniziativa che non finisca qui ma possa veramente dare una soluzione duratura alle tantissime persone, salernitane e non, che ogni anno vogliono tornare a casa per votare, per Pasqua, Natale, estate o altre occasioni».
Tanti sono ora i vostri partner. Aziende e imprenditori hanno scelto di sostenere il vostro progetto e il “biglietto sospeso”. Da Salerno hai avuto riscontro in questi termini?
«A livello di impresa no anche se personalmente avevo provveduto a scrivere a vari imprenditori del salernitano perché volevo che da Salerno arrivasse supporto ad un’iniziativa di un salernitano ma così non è stato. Invece, ho avuto supporto dai salernitani, da tanti giovani e tante persone che hanno scelto di donare come privati, attraverso il portale www.unterroneamilano.it e per me è la certezza che loro ci sono. Chi dovrebbe esserci non c’è ma le persone sì». I salernitani dimostrano, ancora una volta, tutta la loro generosità e il loro grande cuore. Se potessi lanciare un appello a chi, come hai detto tu, dovrebbe esserci ma non c’è? «Direi loro che ho completato il pullman, l’ho pagato completamente con gli sponsor e per la prossima volta si impegnassero».