di Giovanni Sapere
Ad un mese dalla scomparsa di Zaccaria “Ruccio” Tartarone, il ricordo fa rivivere l’Uomo. Una mia lettera ferocemente critica, su di un articolo riguardante il canottaggio sulla rivista Sport&Sport da lui fondata e diretta, l’immediata apertura al dialogo di Zaccaria e l’invito alla collaborazione fece da pietra angolare su cui è stata costruita la nostra amicizia. Un’amicizia importante poiché basata sull’assunto di rendere comune un’esperienza e di comunicarla. Tutti conoscono il Tartarone giornalista sportivo, ma con lo sguardo sempre ben oltre il rettangolo di gioco, il pallone e la squadra di calcio, ma non lo Zaccaria professore. Il professore Tartarone, docente di lettere, ha terminato la sua carriera presso la Scuola Media “G.Lanzalone” e qualche amicizia comune tra i suoi colleghi spesso si chiedeva come mai quei discoli, discendenti dalle genti antiche delle Fornelle, stessero attenti e in silenzio unicamente nel corso delle sue lezioni. Perché Zaccaria era un professore vero: un vecchio adagio recita “Chi guida la giovinezza, guida il futuro”. Un Maestro che si trova a plasmare fanciulli deve instaurare un clima di rispetto, solidarietà e dedizione, un’atmosfera gioiosa, di fiducia sincera, incoraggiante, sicura, cercando di stabilire relazioni interpersonali con sensibilità e comprensione, accendendo motivazioni che sembravano irrimediabilmente svanite nel nulla, trovando le parole per suscitare nell’allievo continuità nel tempo, volontà, autodisciplina, la serenità della valutazione introspettiva, l’umiltà, la cosiddetta “passione”, fondamentale per qualsiasi tipo di performance, ecco che la lavagna del professore Tartarone nascondeva un segreto, un campo di calcio, disegnato col gesso, su cui nei momenti di pausa divertiva gli allievi spiegando e commentando le azioni della Salernitana, gli errori, i goal, promettendo ai piccoli tifosi anche qualche autografo dei loro idoli. Nel ricordo oggi reso disperato dall’agire quieto e incessante delle grandi leggi di natura, capaci di svelare il segreto di quell’anima senza tradirla, gettandovi soltanto un raggio di luce obliqua, scopriamo dentro di noi una nuova qualità d’animo, un patrimonio di affetti e valori infinito, che Zaccaria col suo esempio, nella sua intensissima esistenza terrena ci ha trasmesso. Un Symbolon, per dirla con Platone, che rivediamo negli occhi e nel sorriso del figlio Alfonso, Maria, che diventa segno nel suo divenir parola e di-segno nel senso di progetto, di esistenza razionale, e foriero di un itinerario indefinito, dispiegante “storie nascoste” senza codici marmorei sotto cui aggobbire, ma esprimente ciò che nell’anima spontaneamente si chiude per annunciare qualcosa che non può essere espressa altrimenti, unica parola attraverso cui la realtà si possa fare realmente trasparente, vera, vissuta, “pathita”. Questa sera alle ore 18, in San Pietro in Camerellis verrà celebrata la messa di trigesimo, per i familiari, la moglie Annamaria e il figlio Alfonso Maria, cui si stringono Olga, Laura, unitamente all’intera redazione di Le Cronache, e per quanti lo conobbero e lo stimarono, per rinnovare commossamente il ricordo della sua figura umanissima.