Italia Nostra e No Crescent: «Tar, decisione superficiale» - Le Cronache
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Italia Nostra e No Crescent: «Tar, decisione superficiale»

Italia Nostra e No Crescent: «Tar, decisione superficiale»

di Andrea Pellegrino

Una pronuncia superficiale. Questo, in sostanza, il parere di Italia Nostra e comitato No Crescent in merito alla pronuncia del Tar Salerno sul ricorso – respinto, con tanto di condanna in capo all’associazione ambientalista di pagamento di spese legali per un ammontare di 25mila euro – relativo a Crescent e Piazza della Libertà. «Emergono, palesi, le superficialità sulle quali si poggia la pronuncia» – si legge in una nota di Italia Nostra e No Crescent – «Non sono stati considerati tutti gli atti del Comune, del Demanio e della Soprintendenza, sui quali si fondano i motivi del ricorso». Secondo l’associazione e il comitato, infatti, il Tar «si è appiattituo sulla precedente sentenza del Consiglio di Stato, che è stata superata dal nuovo piano attuativo. Infatti, non ha considerato che circa 20mila mq di area non sono ancora sdemanializzati». Allo stesso tempo, si legge ancora, «non ha considerato che il nuovo Pua, così come scaturito dalla sentenza del Consiglio di Stato che aveva accolto il ricorso di Italia Nostra, è privo di un progetto urbanistico nuovo a seguito dell’eliminazione delle due torri e dell’edificio Trapezio. Non ha considerato che dal punto di vista paesaggistico manca in radice una relazione paesaggistica ed un progetto del diverso Pua, avendo il Comune depositato gli atti risalenti al 2008. Non ha considerato il vincolo del torrente Fusandola, che come è noto è oggetto di altri procedimenti penali e come affermato dal consulente della Procura crea pericolo di esondazione. Sul torrente Fusandola è ancora in corso l’edificazione del settore 6 da parte della Sist srl». «Il dato grave – concludono Italia Nostra e No Crescent – è che la sanzione è inflitta ad una storica onlus: sembra che battersi per la legalità e per la tutela di interessi pubblici sia una piaga da neutralizzare, con l’arma della condanna economica»