Juraj Valcuha e l'amico magico - Le Cronache
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Juraj Valcuha e l’amico magico

Juraj Valcuha e l’amico magico

Ritorna al Ravello Festival l’Orchestra del Teatro San Carlo per un omaggio a Nino Rota, in una serata che saluterà l’esecuzione anche di An American in Paris e della suite da Star Wars

 Di OLGA CHIEFFI

Ritorna stasera, alle ore 20, sul Belvedere di Villa Rufolo, l’orchestra del Teatro San Carlo, diretta da Juraj Valcuha. Dopo il concerto wagneriano che ha segnato l’apertura della LXVII edizione del Ravello Festival, la formazione inaugurerà la serata con un omaggio a Nino Rota, eseguendo la suite dal balletto La strada, datato 1966. Si rivela interessante curiosare nel laboratorio del compositore per carpire alcuni ‘segreti del mestiere’, ad esempio quella peculiare prassi combinatoria che si alimenta di suggestioni che rende, di fatto, la partitura confezionata per le coreografie di Pistoni, quasi un ‘fisiologico’ espandersi della colonna sonora originaria: «M’accorgevo – ricorda lo stesso Rota – che intorno al nucleo dei temi musicali che sono parte integrante del film non solo venivano a disporsi con naturalezza altri miei motivi del mondo musicale felliniano, ma nascevano tante idee musicali nuove, sempre germinate nel clima della favola». Ed ecco, infatti, nella trama allusiva dell’esordio della Suite, schiudersi un sorprendente circuito di interferenze. La fanfara circense, che nel terzo quadro dell’azione coreografica accompagnava lo spettacolino degli artisti ambulanti presso un convito di nozze, si cercherebbe invano tra le scene dell’omonimo film, in quanto è tratta da un precedente lungometraggio di Fellini, Lo sceicco bianco. Allo stesso modo, quando in altri momenti del pezzo occorrerà ricreare un’atmosfera festosa, clownesca, il compositore non si farà scrupolo di trasporre interi spezzoni appartenenti ad altre colonne sonore. Il balletto diventa, così, medium supremo, collettore di un intero repertorio di timbri e stilemi che paiono sgorgare dalla medesima matrice. La strada è «il viaggio di due creature che stanno insieme fatalmente, senza sapere perché», diceva Fellini. E le ultime battute della Suite di Rota ce le presentano, simbolicamente accostate nella loro irriducibile diversità: il timbro purissimo di un violino, che vorrebbe prolungare all’infinito l’estasi cantabile, e sul fondo, come «ombra massiccia e buia», il tonfo sordo di ottoni, contrabbassi e pianoforte. Nessuna sintesi è concessa. Dopo il capolavoro di Nino Rota, potremo osservare in modo limpido tutto il talento di John Williams come drammaturgo e narratore: la sua musica accompagna l’epopea di Luke Skywalker, Han Solo, Obi-Wan Kenobi, Darth Vader con una partitura che si trasforma in un vero storytelling musicale, dove la tecnica del leitmotiv viene sapientemente utilizzata e dosata nel corso del racconto, dando senso compiuto ai personaggi e alle vicende, sintetizzandone il senso profondo e mitologico in modo totale. Come spesso è stato detto dai grandi della musica jazz, genere in cui John Williams si forma in gioventù, i tre pilastri del grande musicista sono: imitare, assimilare, innovare. La musica di John Williams è già parte della storia della musica, è entrata nel nostro immaginario collettivo e ogni generazione la scopre e la trasmette a quella successiva. Il finale della serata sarà caratterizzato da quell’equilibrata osmosi tra musica descrittiva e musica pura, che riconosciamo in “An American in Paris” di George Gershwin. La celeberrima pagina comprende una prima sezione di presentazione del materiale tematico, una parte centrale con elementi “americani” – il tema blues e il tema charleston – e una grandiosa e altisonante finale di ricapitolazione delle idee espresse. Di grande effetto è il tema blues esposto dalla tromba solista, un momento magico per liricità espressa e per l’enorme potere evocativo sprigionato da questa sorta di incantato e sognante notturno orchestrale.