Questa sera, alle ore 21, la IV Stagione di MutaversoTeatro ospiterà la compagnia Principio Teatro Attivo, che tenterà di dare un possibile finale all’ “incompiuta” di Luigi Pirandello
Di OLGA CHIEFFI
L’ “Opera nazionale combattenti”, ovvero Principio Teatro Attivo, è una compagnia teatrale” che oppone il così detto “teatro vecchio” al “teatro giovane”. La incontreremo stasera, alle ore 21, al Centro sociale di Via R.Cantarella, ospite della Stagione Mutaverso Teatro, diretta da Vincenzo Albano di Erre Teatro. La Compagnia metterà in scena I Giganti della Montagna atto III, dal punto in cui l’opera ultima di Luigi Pirandello rimane incompiuta, riscrivendone così l’ultimo atto. On stage, Leone Marco Bartolo, Dario Cadei, Carla Guido, Otto Marco Mercante, Cristina Mileti, Giuseppe Semeraro, drammaturgia di Valentina Diana e regia di Giuseppe Semeraro; bande sonore e musiche di Leone Marco Bartolo, voce fuori campo di Silvia Lodi; scene e trucco di Bianca Maria Sitzia. Gli attori “combattenti” si presentano al pubblico come nostalgici di un teatro di una volta non più praticabile – trovando per questo, la loro naturale collocazione nella compagnia pirandelliana in procinto di recitare “La favola del figlio cambiato” di un autore morto per amore dell’attrice, alter-ego dello stesso Pirandello – adottando ironicamente e provocatoriamente un nome che richiama vecchie nomenclature fasciste (si presentano tra l’altro con una fascia al braccio), ma il loro “atto di forza”, quello di occupare una sala teatrale, è un ironico surrogato, un tentativo d’imposizione artistica nel loro essere disarmati e così disperatamente nostalgici perché al corrente di un’identica e cruda verità che attanaglia le ultime creature pirandelliane: la consapevolezza che nessuno crede più alla finzione e quindi al teatro. La contrapposizione era tra la contessa Ilse cui premeva l’ affermazione dell’ opera d’ arte presso gli altri (una necessità di comunicazione) e Cotrone che invece si batte per la dignità di un’ opera d’ arte all’ interno di ciascuno di noi, dell’ uomo, coniando un inno alla fantasia. Due poli in antitesi, due visioni inconciliabili, e un testo fra i più misteriosi e irrisolvibili (e incompiuti) nel repertorio pirandelliano. Il mago Cotrone ha qualcosa del demiurgo, è capace di far vivere per attimi inafferrabili il linguaggio dell’ arte, e l’ ottica è opposta a quello della pragmaticità di Ilse che ha solo un obiettivo irrinunciabile, quello che la rappresentazione si affermi. Forse Pirandello voleva trovare uno spiraglio, ma gli mancò il tempo. E del tempo nostro questi Giganti non mostrano nessun segno. Non c’ è epoca. Il teatro con il pubblico preso in ostaggio, diverrà il covo di Cotrone e dei suoi, un luogo di resistenza, un rifugio rivoluzionario, essendo oggi come oggi, ogni meditazione è resistenza. Un allestimento, fortemente simbolico, che auspica un teatro che torni a essere di tutti e per tutti, rituale e redentore, come nell’antica polis.