«Ora andrà dritto come un treno». Chi ha sentito Vincenzo De Luca nelle ultime ore ha la consapevolezza che da oggi si aprirà la campagna elettorale. Senza la spada di Damocle della condanna e della conseguente sospensione per effetto della legge Severino. I sassolini dalla scarpa se li toglierà a partire dalla sua stessa maggioranza in consiglio regionale. E quindi dal Pd, parte del quale – nelle ultime settimane – ha strizzato l’occhio a Luigi de Magistris, pronto a scalzare l’attuale governatore alle elezioni del 2020. Da Roma in giù, Vincenzo De Luca è pronto a prendersi la rivincita, forte di aver incassato l’uno a zero rispetto alla Procura di Salerno ma anche ai suoi avversari politici. Anche se, politicamente, il governatore sa bene di aver segnato a porta vuota. Le sentenze si rispettano, la politica però ha altre dinamiche. Soprattutto se il processo sul Crescent ha avuto fin dall’inizio le sue sfumature tutte politiche. Se fossero cadute (così come è avvenuto) le accuse alla politica – quindi agli amministratori – sarebbero cadute le accuse anche per gli altri imputati tecnici e per gli imprenditori. E così è stato. D’altronde, tra prescrizioni (così come è avvenuto per il reato di falso) ed altro, in mano restava, in questa fase, ben poca cosa, se non il teorema secondo cui la politica aveva in qualche modo agevolato gli imprenditori. Per la giustizia: tutti assolti. Salvo Vincenzo De Luca, così come i suoi quattro consiglieri regionali, un tempo suoi assessori comunali, che resteranno in sella, politicamente più forti di prima. Così come salvo – al momento – è il progetto di trasformazione dell’area di Santa Teresa. Naturalmente in attesa di conoscere le motivazioni della sentenza e di capire se e come ci saranno le condizioni per appellare l’assoluzione. La Procura, con i pm Alfano e Valenti ci starebbe già pensando. Così come Italia Nostra, che nelle ultime ore, è tornata alla carica: «Dal dispositivo – si legge – prendiamo atto che il Tribunale ha dichiarato la falsità della nota del 2 marzo 2009 a firma di Zampino e Villani che dichiarava “consolidata l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal comune sul Pua di Santa Teresa”». Procedura che ha consentito l’edificazione del Crescent sotto il profilo paesaggistico. Al Tar è in ballo la partita amministrativa, quella sulla nuova autorizzazione rilasciata dall’allora soprintendente Gennaro Miccio che, mutilando il Crescent, ha tagliato tutti gli edifici pubblici. E se l’Autorità Portuale di Salerno ha raggiunto l’intesa con il Comune abbandonando il ricorso (che fu presentato dall’allora presidente Andrea Annunziata), restano in giudizio Italia Nostra e No Crescent. Il tutto è appeso ad una delibera di giunta che ha acquisito il nuovo parere e i conseguenti tagli. Atto che non è mai approdato in Consiglio comunale, benché si tratti di una variante sostanziale e benché nel 2007 fu il Consiglio comunale – con soli tre voti contrari – a dare il via libera alla trasformazione urbanistica di Santa Teresa. Ma passiamo alla politica. La grande assente, da quasi tutti i dibattiti che riguardano il futuro della città. Eppure una eventuale condanna di Vincenzo De Luca e dei suoi assessori avrebbe provocato un terremoto politico senza precedenti in Regione Campania ed al Comune di Salerno. Una sospensione del presidente e di quattro consiglieri regionali a Napoli e di due assessori e di un consigliere comunale a Salerno, di certo, avrebbe creato fratture tali da mandare i due enti – soprattutto quello regionale – ad elezioni anticipate. Sarebbe stato, politicamente naturalmente, un salto nel buio. Considerata la poca attenzione – eccezion fatta per alcuni – mostrata verso ciò che la sentenza avrebbe comportato. O ancor peggio verso ciò che il Crescent rappresenta. Un esempio su tutti: a Salerno città, lo scorso 4 marzo, clamorosamente nel collegio uninominale, il candidato del Movimento 5 Stelle ha scalzato Piero De Luca nel suo fortino. Ma da allora si sono perse le sue tracce. Nonostante sia il deputato della città di Salerno.
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