L’ultimo sfregio a Salerno è la candidatura di Luigi Cesaro, Gigino ‘a pulpetta, inquisto in diverse inchieste, l’ultima per voto di scambio insieme al figlio Armando. Mai Salerno era stata toccata da una candidatura così imbarazzante. Le vicende giudiziarie di Cesaro partono dal 2013 quando in un servizio tv della trasmissione Servizio Pubblico si parlò dell’inchiesta che ricostruì i rapporti tra Luigi Cesaro (ex presidente della Provincia di Napoli) e il capo della la Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo. Fu mandata un’intercettazione ambientale del 2011 nel carcere di Terni (dove Cutolo era rinchiuso al 41 bis) in cui il boss parla con la nipote. Cutolo apprende dalla ragazza delle difficoltà a trovare un lavoro di Raffaele Cutolo junior, fratello di lei. Il boss le manda a dire di mettersi in contatto con Luigi Cesaro: “Questo, ora, è importantissimo. Io non ci ho mandato mai nessuno, ma è stato il mio avvocato e mi deve tanto. Faceva il mio autista, figurati”. Cesaro era già finito nei guai per i suoi rapporti con i vertici della N.C.O.. Arrestato nel 1984 e condannato un anno dopo a 5 anni di reclusione, veniva assolto in Appello per insufficienza di prove e “per non aver commesso il fatto” in Cassazione, dal Giudice Corrado Carnevale. Tuttavia, venivano stigmatizzati i suoi rapporti con i vertici della N.C.O. Nei procedimenti, inoltre, si parla di “una lettera chiusa da trasmettere a Pasquale Scotti”. Cesaro, per sua stessa ammissione, ricevette la missiva scritta da donna Rosetta Cutolo “da sue emissarie” per consegnarla a Scotti, il capo del gruppo di fuoco della N.C.O. in quei giorni latitante e reggente del clan. A raccontarlo, nel corso del dibattimento, era stato lo stesso Cesaro, asserendo che si trattava di una lettera di “raccomandazione” di donna Rosetta per limitare le richieste estorsive di Scotti nei confronti della famiglia del politico. In realtà, in quel “pizzino” c’era ben altro: si invitava Scotti a mettersi in contatto con Cutolo, in quei giorni confinato nel supercarcere dell’Asinara. Il nome di Luigi Cesaro compare nell’inchiesta di pochi mesi fa in cui furono arrestati i fratelli Aniello e Raffaele in carcere con accuse di concorso esterno in associazione camorristica per la realizzazione del Pip di Marano costruito con materiali scadenti e con un collaudo, ottenuto con pressioni e documenti falsi, che non poteva essere certificato, e grazie alla società di fatto dei Cesaro con Angelo Simeoli, detto ‘o bastone, elemento di punta dei Polverino Parla un nuovo pentito, Ferdinando Puca, dell’omonimo clan dominante nel feudo politico-imprenditoriale dei Cesaro. Tira in ballo pesantemente Giggino ‘a Purpetta. Racconta di voti comprati, di minacce agli elettori, di boss ingaggiati al servizio del candidato dei Cesaro. È il 23 marzo 2016: “Sono in carcere dal dicembre del 2012. Premetto che fino agli anni 80’ figura apicale del clan di Sant’Antimo era o’ Giappone affiliato alla Nuova camorra organizzata che aveva rapporti con il padre dei Cesaro il quale si era adoperato per far scappare Raffaele Cutolo dal manicomio di Aversa. Dopo la morte del Giappone prese il suo posto come rilievo criminale Pasquale Puca che nel frattempo strinse rapporti o meglio li continuò con i figli di Cesaro. (…) I Cesaro fin dagli anni 80’ erano dei piccoli imprenditori e la loro fortuna e la loro crescita imprenditoriale è stata favorita da Pasquale Puca. “Dico questo perché tutti gli affari e tutti gli investimenti sono stati fatti sempre e con il solo Pasquale Puca del quale i Cesaro divennero i prestanomi. Ad esempio il centro Igea Sant’Antimo, l’affare della Texas Instruments di Aversa o il centro commerciale Il Molino alle colonne di Giugliano. Ciò perché il clan Puca dove ce n’era bisogno interveniva a supporto ed a sostegno dei Cesaro”. Ferdinando Puca scava nella memoria: “Ricordo che nel 2011 appena sono stato scarcerato fui convocato dai Cesaro tramite mia zia Teresa Puca che non a caso lavora dai Cesaro insieme alla sorella, come domestiche, ed in quanto mie zie. Ebbi due convocazioni la prima presso il centro Igea (il centro medico core business dei Cesaro, ndr) immediatamente dopo la mia scarcerazione dove Antimo Cesaro, detto penniello, mi diede 10mila euro quale regalo per la mia scarcerazione”. In quella occasione Antimo Cesaro gli avrebbe chiesto di intervenire per arginare alcune estorsioni ai loro danni. “Nel 2011/2012 fui convocato nuovamente questa volta proprio a casa di Luigi Cesaro che mi chiese ovviamente come esponente del clan Puca di “appoggiare” la campagna elettorale di una persona che loro portavano come Sindaco, tale Cristoforo, che noi chiamavamo Castiglione. Luigi Cesaro in quell’occasione mi diede 10 mila euro e mi disse specificatamente come dovevo fare per manipolare la campagna elettorale. Preciso che già nel 2003/2004 avevo fatto la stessa cosa per mio cugino Pasquale Puca. In quell’occasione, nel 2011, Luigi Cesaro mi disse che dovevo comprare le schede elettorali, infatti mi diede i 10mila euro per effettuare l’acquisto, avremmo poi dovuto verificare se qualcuno vendeva due volte le schede elettorali così alterando il numero, l’avremmo dovuto picchiare ed avremmo dovuto controllare, il giorno delle elezioni, tramite una nostra persona fuori al seggio, che i soggetti contattati al quale davamo 50 euro a persona mentre il galoppino prendeva 10 euro, dovevamo poi controllare la corrispondenza tra i votanti da noi pagati ed i voti effettivamente presi. Tanto facevano anche i Cesaro in quanto avevano persone loro direttamente nei seggi”. Queste modalità, chiede il pm, furono concordate con Luigi Cesaro? “Assolutamente si in quanto è proprio questo il motivo per il quale i politici si rivolgono alla camorra. Siccome la campagna elettorale andò bene ed il soggetto fu eletto, Antimo e Luigi Cesaro mi ricompensarono dandomi 35 mila euro che io divisi con Pasquale Verde alias o cecato. Per altro i Cesaro sempre in forza dello stretto legame camorristico ed imprenditoriale che hanno con il clan Puca versano a Teresa Puca, figlia di Pasquale, 10 mila euro al mese”. L’ultimo coinvolgimento è di un paio di settimane fa insieme al figlio Armando con un avviso di conclusione delle indagini con l’accusa di voto di scambio. Secondo la tesi accusatoria, i reati sarebbero stati compiuti tra il maggio ed il giugno del 2015, in occasione cioè delle ultime elezioni regionali. Tra gli episodi contestati la presunta raccomandazione di un praticante per entrare in uno studio legale che Cesaro avrebbe promesso ad un elettore in cambio di voti per il figlio, ma anche il pagamento di abbonamenti ad alcuni elettori alla piscina di Portici di proprietà dei Cesaro. Non è stato contestato invece alcun passaggio di danaro, come invece è accaduto per l’inchiesta gemella sul voto di scambio di cui si occupa la Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che nel maggio dello scorso anno aveva portato in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa i fratelli del deputato, gli imprenditori Aniello e Raffaele. Nella stessa inchiesta Luigi Cesaro è indagato per minacce a pubblico ufficiale aggravate dal metodo mafioso.
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