Guai giudiziari per il sacrestano del Crocifisso - Le Cronache
Cronaca

Guai giudiziari per il sacrestano del Crocifisso

Guai giudiziari per il sacrestano del Crocifisso

“Il sacrestano della chiesa del Santissimo Crocifisso di piazza Matteotti è stato tradotto in caserma”. I primi bisbigli in piazza Portanova, poi quello spiffero è diventato sempre più impetuoso con voci incontrollate e pettegolezzi sul conto del giovane che da anni è un autentico punto di riferimento per la storica parrocchia dei Mercanti. L’uomo è da dieci anni al fianco di don Giovanni e degli altri religiosi ed è conosciuto come un giovane “lavoratore e dedito al suo dovere”. Magari qualche hobby, sottolinea chi lo frequentava, qualche piccolo sfizio ma niente di trascendentale. Ma Pietro, questo il nome del giovane, è in caserma come conferma un fedele che si sta recando in chiesa per chiedere lumi. La parrocchia sta chiudendo i battenti, anzi già ha praticamente chiuso le porte, quando il parroco le riapre, forse perché non erano state serrate nel modo corretto, saluta una suora e con cordialità precisa che il sacrestano risolverà presto la sua situazione: “Si tratta di un fatto di dieci anni fa”. L’uomo ha origini straniere ed acquisito la cittadinanza italiana dopo essersi sposato. Un autentico giallo visto che la vicenda dovrebbe riguardare fatti datati nel tempo tornati improvvisamente d’attualità. Una situazione al limite. “E’ un onesto lavoratore, non merita questo. Sono sicuro verrà fuori prestissimo da questo equivocuo”. Il parrocco ha più volte sottolineato come il sacrestano abbia sempre assolto con grande scrupolosità al suo dovere. Nel frattempo arriva un altro assiduo frequentatore della parrocchia del Santissimo Crocifisso. “Cosa è successo a Pietro”. Una domanda alla quale in tanti da ieri pomeriggio, appena si è diffusa la notizia, cercavano di darsi una risposta.
Forse anche per questo sono venute fuori le ipotesi più disperate bloccate sul nascere dalle precisazioni di chi conosce le vicende del sacrestano che ora dovrà chiarire alle forze dell’ordine, ed al magistrato che ha emesso l’ordinanza, una questione che risale a dieci anni fa quando non aveva i requisiti per restare sul territorio italiano. Che si tratti di un nuovo caso di giustizia a velocità differita?