Per lei è stata la fine di un incubo. Ivana Perongini è stata prosciolta per infondatezza della notizia di reato. Subito dopo aver appreso la notizia dell’archiviazione del suo caso, la dottoressa Perongini ha parlato di questi 16 mesi trascorsi a difendersi, tramite i legali Giovanni Falci e Sergio Perongini, dall’ombra di un gravissimo sospetto che aleggiava su di lei. «Dopo la mia deposizione come teste nel processo Linea d’ombra – racconta Perongini – e soprattutto dopo la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, sono stata lodata per il mio coraggio, la mia lealtà, la mia dignità. Ma io ho fatto solo il mio dovere, nonostante l’avviso di garanzia: dire la verità. E di questo sono fiera. Non so quanti altri possono dire la stessa cosa. Qualcuno ha insinuato che l’ avviso di garanzia era una forma di intimidazione. Ma io non l’ho mai creduto, convinta come sono, che il fine ultimo di ogni processo è quello di far emergere la verità, affinché solo questa possa trionfare. Certo, avere un avviso di garanzia probabilmente per un delinquente non rappresenta un trauma ma, per chi non lo è, perché ha deciso di non esserlo, l’avviso di garanzia è un peso insostenibile. E’ un peso perché, sbandierato su tutti i giornali, si viene giudicati colpevoli senza processo. E, peggio ancora, quando si conclude nel silenzio di un’archiviazione. Il castigo senza giudizio è sopportabile, ha persino un nome, si chiama sventura. Invece, il giudizio senza sentenza è insopportabile. Non a caso è di qualche mese fa la notizia di un magistrato – pm fino al 2003, Pietro D’Amico – che non ha retto a tale peso ed è partito solo da Vibo Valentia fino a Basilea in Svizzera, per andare a morire in una clinica assistita. Naturalmente D’Amico non aveva fatto nulla, era stato coinvolto in un’inchiesta e dato in pasto all’opinione pubblica. Il commento che ne ha fatto il giornalista sul Corriere della sera è impareggiabile. E credo che esprima il pensiero di tutti quelli coinvolti in un inchiesta per fatti mai commessi. Purtroppo, ci sono persone che esercitano un potere enorme, ma non tutte sanno gestirlo con equilibrio. Come ha ben evidenziato il giornalista, prevale in molti il protagonismo più desolante, fatto di dichiarazioni, interviste e trasmissioni televisive. Rincorrendo una verità processuale e non la verità vera. Dimenticando che dietro ogni inchiesta ci sono persone non necessariamente colpevoli ma che, nonostante tutto, vengono scaraventate in pasto ai giornali. Ma la risposta di fronte a qualunque strapotere, non può essere certo il suicidio. Si dovrebbe avere la forza di rispondere con ironia. Non posso non ricordare una memorabile lezione del prof. Pietro Falci, mio professore di latino e greco al liceo Tasso di Salerno. Il prof. Falci di fronte a chi fa un uso spropositato della propria forza o delle proprie armi, ci rammentava un brano tratto da Le Troiane, una tragedia scritta da Euripide intorno al 415 a.c.. Il brano era quello relativo alla reazione della regina di fronte alla sconfitta di Troia e all’uccisione del nipote. Ebbene Ecuba, regina vecchissima e deposta, di fronte al cadavere del nipotino Astianatte si rivolge ai vincitori dicendo: “E voi, Achei, il cui vanto sono più le armi che il cervello, perché vi siete macchiati di un delitto tanto mostruoso? Avete avuto paura di un bambino?” Ecuba, sola e vinta, con queste frasi sta dicendo agli Achei- vincitori- che sono degli idioti assoluti, buoni solo a usare la forza, e sono talmente stupidi da andarne anche fieri. Del resto, diceva Einstein secoli dopo: “due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma riguardo all’universo ho ancora dei dubbi”. Il 2012 per me non è stato un anno facile. Anzi, è stato un anno punteggiato da attacchi, perdite e dispiaceri. Ero segretario/direttore generale a Pagani, lavoravo tutto il giorno quando all’improvviso –come un fulmine a ciel sereno- dal dottor Bruschi mi sono state revocate le funzioni di Direttore Generale, ho avuto un avviso di garanzia e sono stata data in pasto ai giornali come un pezzo di carne sanguinolenta buttato nella gabbia dei leoni, giudicata colpevole senza processo. Con sentenza, è stato dimostrato che la revoca delle funzioni di Direttore Generale era stata fatta in violazione di legge e che l’avviso di garanzia è stato archiviato perché la notizia di reato è infondata. Io sono ancora in attesa di leggere la notizia di reato. Di tutto questo mi è rimasta un’immagine indelebile dei galantuomini che hanno punteggiato la mia esistenza. Nei giorni scorsi ho incontrato alcuni degli amministratori di Pagani coinvolti nel processo e poi assolti. Molti di questi si sono rifugiati nella fede riuscendo persino a perdonare. Io non sono ancora arrivata a questo stato di santità. Martin Luther King diceva: “non importa non commettere un’ingiustizia, ma bisogna opporsi all’ingiustizia“. Non auguro il male a nessuno ma vorrei che ognuno di quelli che ha punteggiato la mia esistenza, incontrasse un suo simile».
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