«Abbiamo interrato gran parte dei materiali da smaltire, dovevamo preparare la struttura alla nuova proprietà». Rosario Ragone, allo stabilimento Ideal Standard è stato elettricista fino al 99 per poi essere richiamato dalla nuova società dal 2000 al 2003 per sistemare gli ex capannoni industriali che sarebbero dovuti essere al servizio del nascente Sea Park. Ed, invece, dal 2003 è rimasto in strada, senza futuro, e costretto ad una vicenda giudiziaria (finita con un rigetto) anche per farsi riconoscere un anno in più di mobilità. La forza di combattere ancora non gli manca. Anche se ha subito numerosi colpi bassi, sotto il profilo lavorativo, negli anni della chiusura dello stabilimento fino alle promesse non mantenute del Sea Park. Parla dei suoi colleghi e descrive cosa è stato fatto prima e dopo la chiusura di quell’opificio. L’amianto c’è sempre stato. Sia nei forni che nella coibentazione di tubi di areazione, di trasmissione, di acqua e di vapore. Ma anche come copertura del tetto, compreso nella zona in cui era stato installato il forno dedicato alla ricottura dei “pezzi ritoccati e riparati”. Ragone racconta che «nei vagonetti dei forni c’era amianto, così come nelle corde di separazione dei vagonetti all’interno del forno. Così come le varie tubature erano tutte rivestite di amianto». Materiali che in parte sarebbero finiti sotto terra. O meglio sotto il pavimento del nascente Sea Park. «C’erano delle vasche, cisterne e nicchie. Penso che gran parte del materiale durante i lavori di dismissione dell’impianto sia finito proprio lì. Naturalmente – prosegue – tutto interrato e coperto da cemento. Dovevamo liberare tutto in tempo utile – dice ancora – gli impianti erano stati già trasferiti nelle altre sedi di Ideal Standard, qui a Salerno erano rimaste strutture di lavoro non trasportabili e vari materiali, anche difficili da smaltire». Un lavoro inutile, in considerazione del mancato reinserimento lavorativo dei tanti dipendenti dell’opificio della zona industriale di Salerno. Ora il signor Rosario Ragone, insieme agli altri ex colleghi dell’Ideal Standard, prosegue la sua battaglia e soprattutto chiede che «ci sia una verifica all’interno dello stabilimento di Salerno». «Ci sia – dice – un Ctu della Procura ed un nostro incaricato, al fine di verificare quanto accaduto dopo la chiusura dello stabilimento, negli anni in cui abbiamo prestato servizio alla nuova società». Nuova società che, però, sotto il profilo lavorativo, non ha mai fatto nascere la nuova struttura.
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