Domattina nell’Aula Cilento dell’Ateneo salernitano prenderà il via alla tre giorni dedicata al grande scrittore con la partecipazione di Stewart Copeland e Peter Stockwell
Si aprirà domattina, presso l’ Università degli Studi di Salerno, il convegno internazionale e interdisciplinare dedicato ad Edgar Allan Poe dal titolo Over many a quaint and curious volume of (not) forgotten lore. Edgar Allan Poe across discipline, genera and languages. Organizzato dal Dipartimento di Studi Umanistici e il Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione dell’ateneo salernitano, l’evento si propone come un’analisi a 360 gradi sulle opere letterarie di Edgar Allan Poe e sulle influenze che la sua produzione ha avuto in campo musicale, recitativo e artistico. A relatori italiani si alterneranno docenti e studiosi provenienti dalle università di Nottingham, Glasgow e Murcia, ma sarà dato ampio risalto anche alla dimensione musicale con un intervento di Stewart Copeland batterista e co-fondatore dei Police che via skype terrà una open lecture dal titolo The Tell-tale Heart….of mine. Il convegno si concluderà venerdì 27 novembre con una lectio di Peter Stockwell uno tra i maggiori studiosi di cognitivismo letterario. La realtà come dimensione del sogno e il sogno come dimensione della realtà rappresentano due qualità essenziali dell’esistenza e della scrittura che ci fanno amare Poe. Sovente, la realtà e il sogno si compenetrano nelle forme dell’incubo e del grottesco, divorati da segreti meccanismi di distruzione. Poe muove, con genialità e sofferta partecipazione, all’investigazione di tali dispositivi: li caccia e li stana dai loro nascondigli, li coglie nel pieno del loro spietato funzionamento e delle loro terribili conseguenze. Nella “Prefazione” a Tales of the Grotesque and Arabesque, Poe fa, in proposito, un’osservazione di cruciale importanza, sostenendo che il terrore viene dall’anima. Ed è nei fondali dell’anima che egli si inabissa, per frangerne l’armatura di superficie. Di norma, attraverso procedure di classificazione razionalistiche, si tende ad incasellare la vita e i suoi fenomeni in contesti in cui, diversamente da ogni aspettativa, gli avvenimenti, poi, sfuggono ad ogni controllo, fino ad apparire letteralmente incomprensibili. L’immersione negli incubi della realtà è, per Poe, l’unica via di accesso ai misteri della vita e dell’animo umano. Egli non cerca il linguaggio dentro cui rinchiudere l’orrido, il grottesco, il bizzarro; al contrario, batte alla ricerca dei linguaggi attraverso cui farli esprimere liberamente. L’area di questi motivi costituirà, nei decenni successivi, il campo artistico privilegiato intorno a cui si sviluppano il simbolismo e l’impressionismo. Ciò ben spiega la fortuna che Poe incontra in Europa, particolarmente in Francia, a cavallo dei due secoli. L’esplorazione poeana dell’inconscio non ha come suoi esclusivi mezzi di affermazione i racconti e le poesie. Essa, altresì, non si esaurisce nelle problematiche cosmico-filosofiche indagate in Eureka. Anche nelle riflessioni sul “metodo” e sullo “stile” letterario, da Poe raccolte in Marginalia negli ultimi anni della sua vita, il tema è accuratamente scandagliato: qui, in particolare, Poe concentra la sua attenzione sullo spazio di contatto tra lo stato di veglia e il sonno. Questo tema, nei primi decenni del XX secolo, sarà un argomento tipicamente surrealista; il che conferma ed estende la fortuna europea di Poe. L’insistenza di Poe sull'”irrazionale”, sul “diabolico” e sull’ “oscuro” va letta con una chiave interpretativa flessibile. Intanto, esprime la rivolta dell’individuo contro ogni forma di costrizione e convenzione; ed in questo egli è tipicamente americano. Inoltre, il rifugio nell’irrazionale non è rifiuto del razionale; viceversa, le tecniche narrative, argomentative e investigative sono estremamente “raziocinanti”, persino pedanti nella loro cura del dettaglio. La razionalità riveste, in Poe, un’importanza di rilievo, esattamente come la vertiginosa picchiata emotiva ed istintuale nei sentieri tortuosi dell’anima e nei meandri dell’inconscio. Nella zona di mezzo in cui Poe insedia la sua scrittura e la sua ricerca di senso non si danno fratture incolmabili tra reale ed immaginario, tra vita e sogno, tra orrido e sublime. Per Poe le trame dell’ordine sono di estrema complessità e, al loro interno, ricomprendono l’intera gamma dei fenomeni, degli istinti e degli avvenimenti che concorrono a dare forme, talvolta straziate, all’esistenza umana. La vita non “scarta” niente; anzi, nelle zone di scarto, ai margini, più che in ogni altro luogo, è possibile coglierne i contrassegni più autentici. Ecco perché intuizione e immaginazione sono elevate a giudici sovrani della realtà e della verità: soltanto esse, osserva Poe in un passo famoso di Eureka, ci conducono a quello “sprazzo di cose superiori ed eterne” che conferiscono senso vero e duraturo all’esistenza umana. Per ricondursi a questo luogo alto, lo sguardo e il pensiero dell’artista debbono considerare il mondo della vita nella sua larghezza. Niente della circolarità e totalità del mondo deve sfuggire alla circolarità e totalità dello sguardo dell’artista e del pubblico. È così – e solo così – che nasce la scena artistica. In essa, scrittore e lettore si trovano indissolubilmente uniti, eppure categoricamente distinti. Al lettore spetta di riconoscersi come parte di questa totalità; al critico, come è possibile leggere in una densa espressione di Marginalia, di “volare tanto alto da vedere il sole”. L’autore è qui la figura che media espressivamente “parte” e “tutto”, “terra” e “sole”. Come si vede, Poe interpreta e rielabora con acume alcuni concetti cardine del romanticismo inerenti al legame tra “parte” e “tutto”; non a caso, egli è un fervente ammiratore del principio di Schlegel dell'”unità o totalità degli interessi”. La circolarità e profondità della scena artistica costruita da Poe richiedono necessariamente, una pluralità di codici di interpretazione della realtà emotiva e materiale. Il suo postulato principale è che gli uomini non debbano pensare di più, ma più rapidamente, di fronte all’evidenza che il mondo moderno li mette a contatto e in dialogo con una varietà e complessità di fenomeni che non trovano riscontro alcuno nel passato. Da qui la necessità, da egli avvertita come suprema, di serrare la più grande quantità di pensiero nello spazio più piccolo possibile. La sua arte non è che la rigorosa applicazione di questa massima.