di Rino Mele
Prima di andar via, e di lasciare palazzo Santa Lucia, il presidente De Luca torna sul tema degli impegni e minaccia chi dovesse impedirgli di mantenere ad essi fede (ora non dipende più da lui, e da qui nasce un’insopportabile disperazione): ma di quali impegni si tratta, cosa ha promesso, in cosa s’è legato tanto da temerne? Ecco la frase pronunziata dal presidente due settimane fa ad Ariano Irpino e riportata ieri a pag. 8 di “Repubblica” da Alessio Gemma: “Gli impegni saranno mantenuti”.E subito dopo chiama il suo più importante collega di farsene garante: e in questo rivolgersi a Dio c’è tutta la tensione tragica che quest’argomento riveste per lui: “Terremo gli occhi ben aperti. Dio c’è e De Luca vi guarda dall’alto”. Alla gloriosamente misteriosa Trinità il nostro selvatico ex presidente della Campania ha sostituito ora una sacra Dualità (di cui farebbe parte) che sovrintende agli Affari politici, ai Legami trasversali, al Pericolo dell’azzardo e allo Sgomento di non poter mantenere promesse fatte forse con disinvoltura: impegni che insistentemente ora chiede siano mantenuti dai suoi successori. Il nuovo presidente, Roberto Fico, lunedì sera, 24 novembre, il giorno della sua elezione, su questo argomento è stato esplicito (e sibillino), scolasticamente chiaro (e oscuro). Alla domanda di Dario Del Porto sulla discontinuità dalla megapolitica di De Luca, il Presidente Fico ha risposto: “Ci sarà una continuità in tutto quello che reputiamo sia stato fatto bene e una discontinuità in quello che pensiamo di poter fare meglio”: la Sibilla cumana, che scriveva sulle foglie – che il vento le strappava dalle dita – i suoi divini responsi non avrebbe potuto rivolgersi con maggiore chiarezza a De Luca che pressantemente e ostinatamente chiede d’essere rassicurato, vuole esser certo che le faraoniche opere intraprese e i mirabolanti, funebri e monumentali progetti (basti pensare al sogno meridiano della nuova sede della Regione, due torri di 98 metri ognuna che divorerebbero, o divoreranno, il centro della città) siano portati a termine da chi quelle opere non le ha pensate, forse non le avrebbe mai volute, e se le trova davanti come minacciosi, misteriosi totem di arrischiata politica. (Maestro dell’altare di San Bartolomeo, Il viaggio dei Re Magi, con Davide e Isaia, olio su tavola 1510. Los Angeles, The Paul Getty Museum)





