ASTENSIONISMO - Le Cronache Ultimora
Campania Ultimora

ASTENSIONISMO

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Alberto Cuomo

E infine è accaduto. Dopo una campagna elettorale fiacca, priva di un vero dibattito tra destra e sinistra o anche dei toni forti cui ha abituato De Luca, l’astensione dal voto non poteva non aumentare. Si suole spesso associare l’astensionismo al disinteresse, ad una mancanza di spirito civico, sino a colpevolizzarlo quale effetto di una sfiducia nella democrazia. E invece la storia è ricca di esempi che vedono la scelta di non votare con sensi e valori positivi: un atto deliberato, persino “nobile”, capace di manifestare dissenso, mosso da coerenza morale e lucidità politica. Già nell’antica Grecia, alcuni filosofi rifiutavano la partecipazione alla vita politica come gesto di difesa dell’integrità della propria natura. Tra essi troviamo Diogene che, come è noto, si allontanò dall’intera vita sociale, ed Epicuro con il suo “Giardino”, ad esempio, per il quale occuparsi di politica era un modo per allontanare la possibile felicità, essendo il distacco dall’azione politica una forma di purezza, una testimonianza etica contro la corruzione e la vanità delle istituzioni del suo tempo. Nel mondo romano Seneca o Orazio erano estimatori di precetti epicurei a differenza di Cicerone e Plutarco che ne denunciavano l’invito alla inettitudine e al parassitismo persino. Nei secoli successivi, il non-voto ha anche funzionato come un rifiuto di legittimare un’autorità percepita come ingiusta. Tra l’epoca del Rinascimento e della Riforma alcuni movimenti come quello degli anabattisti o dei quaccheri non partecipavano alle elezioni per fedeltà ai propri principi di non-violenza. Votare per chi deteneva il potere, in un mondo governato con la forza degli eserciti, sarebbe stato incoerente con la loro visione spirituale. L’astensione diventava così testimonianza dei propri valori. Nell’Ottocento europeo, in tali movimenti fermentò il cosiddetto “anarchismo cristiano” che sposava il rifiuto socialista della rappresentazione democratica borghese. Altri movimenti civili quando i primi sistemi liberali escludevano parte della popolazione, usarono la non-partecipazione come forma di denuncia. Astenersi significava non avallare una democrazia “di facciata”, fondata su un suffragio ristretto, e l’astensione motivata, attiva, favorì l’ampliamento dei diritti civili e politici. Nei nostri anni in molti contesti autoritari o poco democratici, spesso per segnalare una volontà oppositiva si è esercitato il non voto. Quando le elezioni sono manipolate, prive di reale competizione e trasformate in rituali simbolici, astenersi è un modo per sottrarsi dall’avallare chi detiene il potere e la scheda non depositata ha un significato dirompente. Si parla in questi casi di “attivismo dell’astensione” o astensionismo attivo dal momento esso non nasce dal disimpegno e dall’indifferenza, quanto da una visione critica della politica presente e da una richiesta di rinnovamento. I dati sin qui pervenuti (Lunedi 24 ore 15,30) registrano un calo dell’affluenza nelle tre regioni al voto e, particolarmente in Campania, dove il calo dei votanti, rispetto al 2020, è stato del 10% e, tra le cinque provincie, a Salerno il più alto del 12%. Un dato che mostra come De Luca sia stato ininfluente se non per aver determinato, a causa della sua pessima gestione della sanità e dell’inquinamento, nei napoletani, che costituiscono più della metà dell’elettorato, una antipatia verso i salernitani di cui ha pagato Cirielli. L’eccessivo calo di affluenza, oltretutto in una elezione amministrativa, con candidati locali, farebbe parlare di una disaffezione al voto dovuta alla scarsa credibilità della politica e, pertanto, ad una crisi della democrazia. In realtà il voto ha solo confermato gli equilibri preesistenti sebbene il risultato sia nel minore consenso dei vincitori che si avvalgono di un numero di elettori, per così dire affezionati, minore. Si vuole che siano i giovani i responsabili del non voto. È probabile che sia vero, ma non per i motivi che solitamente vengono loro addebitati, quali l’indolenza, il disimpegno da ogni responsabilità etc. Il motivo possibile della loro astensione, invece, è nel non riconoscimento del rito delle elezioni che non è nelle loro consuetudini. I partiti e i candidati hanno utilizzato i social per la loro campagna elettorale e chi sa, qualora fosse stato possibile votare attraverso i mezzi digitali, che i più giovani avrebbero avuto una maggiore partecipazione alle elezioni. Ma forse i partiti, le coalizioni, temono che il voto si allarghi ad elettori che non controllano e, pertanto, meglio per loro avere un elettorato dai numeri più contenuti. A ciò in Campania si è aggiunto lo spento confronto dei contendenti che hanno poco affrontato i temi più caldi che investono la regione, la sanità, la fuga dei giovani, il lavoro quindi, alla cui implementazione la politica può contribuire. Quanto è confortante è il declino del deluchismo su cui a Salerno è possibile agire sia all’interno del PD e del campo largo che con una decisa spallata dall’esterno.