Olga Chieffi
Oggi, sul rooftop dell’EMΣT – Museo Nazionale d’Arte Contemporanea di Atene, si accenderanno i riflettori su When wind in Monsoon play The White Peacock will sweep away, l’ultima opera filmica di Driant Zeneli. Un titolo che è già poesia, un racconto che vibra tra mito e storia, allegoria e politica, musica barocca e cadenze del Bangladesh. Commissionato dal Museo Castromediano di Lecce (Regione Puglia) in collaborazione con la Samdani Art Foundation di Dhaka, il film è sostenuto da un’ampia rete istituzionale: la Art House di Scutari, il Museo di Castelbuono di Palermo, l’agenzia Puglia Culture e il Direttorato Generale per l’Arte Contemporanea del Ministero della Cultura italiano, sotto il patrocinio del Consolato d’Italia. Una costellazione di enti che, unendo Europa e Asia, testimonia il carattere profondamente internazionale del progetto. Girato tra il Parlamento di Dhaka e lo Srihatta Art Centre di Sylhet, When wind in Monsoon play The White Peacock will sweep away è un film operistico che si muove su più livelli di lettura. Al centro, l’allegoria di un pavone bianco che si innamora della propria lacrima: una creatura fragile e insieme regale, che diventa specchio dei cicli di perdita e desiderio. La narrazione si struttura sulle sei stagioni del calendario bengalese, rivelando un tempo circolare e diverso da quello occidentale. Il film di Zeneli non è mai semplice estetica. Dietro l’eleganza visiva, l’opera affonda lo sguardo nella recente storia del Bangladesh, toccando le ferite della Rivoluzione di Luglio 2024, durante la quale oltre mille persone persero la vita e crollò la leadership di lunga durata di regime. L’immagine del pavone, allora, non è solo lirica: diventa segno politico, creatura che porta con sé la memoria della resistenza, del sacrificio e del cambiamento. Fondamentale in questo lavoro è la dimensione sonora. La colonna, diretta dal Maestro Francesco Aliberti, rilegge il barocco europeo contaminandolo con strumenti e temi tradizionali bengalesi. Una partitura ibrida, che si radica nella storia ma la supera, aprendo a un nuovo linguaggio musicale. A incarnare il pavone bianco è la voce del controtenore salernitano Pasquale Auricchio, che non si limita a interpretare ma presta al personaggio un corpo sonoro. La sua vocalità, rimodellata e filtrata, diventa simbolo stesso dell’ibridazione che il film ricerca: un canto che oscilla tra secoli, geografie e tradizioni, fino a costruire un’identità nuova e irripetibile. Il pavone uccello nazionale dell’India ha avuto un ruolo preminente nella letteratura indiana poiché la sua bellezza risplendente è fonte di ispirazione per molti. Nelle leggende popolari, quando il pavone mostra il suo glorioso pennacchio, è un segno di pioggia, nell’induismo il pavone era uno dei preferiti dagli dei. Kartikeya, il dio indù della guerra e figlio di Shiva e Parvati, usa il pavone come suo destriero vahana. La più famosa associazione iconografica del pavone è con il dio Krishna che brandiva la sua piuma di pavone del suo copricapo. Il pavone è anche associato a Saraswati, la dea della saggezza e della musica. Il pavone. Poi, simboleggia i Monsoni e la pioggia, perché secondo una leggenda Uttara Ramayana Indra dio della pioggia, riuscì a sconfiggere Ravana, nascondendosi sotto l’ala di un pavone e in seguito lo ha benedetto con “mille occhi” e senza paura dai serpenti e il mito vuole che, quando inizia a piovere i pavoni danzino in onore del dio Idra. Il regista albanese, Driant Zeneli ha fatto della commistione tra allegoria e realtà la cifra della sua ricerca. Ha rappresentato l’Albania alla LVIII Biennale di Venezia nel 2019 con Maybe the cosmos is not so extraordinary, e le sue opere hanno trovato spazio in istituzioni come il Centre Pompidou (Parigi), il MAXXI (Roma), il Kunsthalle Wien e il MoMA PS1 (New York). Con questo nuovo film, Zeneli si conferma come una delle voci più visionarie della scena contemporanea, capace di trasformare la fragilità in mito e la politica in poesia. Non è casuale che la prima avvenga ad Atene, città-simbolo di transiti, crisi e rinascite. Da qui, il film intraprenderà un viaggio che toccherà festival, musei e centri d’arte in tutto il mondo, portando con sé un messaggio che unisce mondi lontani e sensibilità differenti. When wind in Monsoon play The White Peacock will sweep away è più di un film: è un’opera-mondo, una partitura visiva e sonora che fonde politica e mito, Europa e Asia, barocco e tradizione bengalese. È la prova che l’arte contemporanea, quando osa, può ancora spalancare nuove visioni.





