In arrivo la richiesta di rinvio a giudizio per i professori della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Salerno coinvolti nell’inchiesta relativa ai rendiconti dei fondi di ricerca. Quest’ultimi sono coinvolti in un’inchiesta bis nata nel corso della fase delle indagini. Il pm avrebbe rilevato altre ipotesi di reato per i docenti. Contestazioni sulle quali, al momento, vige il massimo riserbo. Definito, in pratica, il procedimento madre. Dopo l’avviso di conclusione indagine stanno per partire le richieste di rinvio a giudizio per gli indagati coinvolti nel procedimento. Il sostituto procuratore Rocco Alfano, titolare della complessa inchiesta, dopo aver acquisito gli atti ed ascoltato professori universitari e ricercatori, ha delineato il quadro della situazione. Il pm avrebbe raccolto ulteriori particolari interessanti ed alcuni elementi aderenti con il teorema accusatorio. Avevano trovato il modo per riuscire ad incassare finanziamenti milionari falsificando i conti dei progetti. Quattro i docenti della Facoltà di ingegneria che sarebbe finiti nel mirino della Procura di Salerno. Si tratta di Saverio Salerno , Matteo Gatta, Ciro D’Apice e Antonio Raia. Nello specifico i docenti, secondo il teorema accusatorio, avrebbero falsificato i rendiconti dei fondi di ricerca attestando un numero di ore lavorare superiori a quelle realmente fatte. L’inchiesta, avviata in seguito alla denuncia di un ricercatore, ha portato al sequestro di numerosi atti inerenti ai progetti contestati. Numerosi i documenti che i militari della Guardia di Finanza hanno acquisito per verificare orari lavorativi, retribuzioni e tipologia di progetti. Ascoltati ricercatori, borsisti e dottorandi coinvolti nell’afffaire. Secondo le prime indiscrezioniè nutrito l’elenco dei professori dell’Università di Salerno e di Benevento indagati dalla Procura di Salerno per i reati di falso e truffa ai danni dello Stato. Per gli inquirenti, l’affaire va avanti da oltre dieci anni con la copertura di un muro di omertà che ha visto coinvolti ricercatori precari, dottorandi e borsisti al seguito dei professori responsabili dei progetti incriminati. Sistema che sarebbe stata smantellato da una denuncia di un giovane praticante di laboratorio.. Sulla carta, per i progetti, che ottenevano finanziamenti milionari, venivano indicati nomi di curatori e quantità di ore che non corrispondevano al vero.
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