Anche se il dibattito politico e giornalistico nelle ultime settimane si è concentrato prevalentemente sull’annosa questione dell’articolo 18, la riforma del mercato del lavoro voluta fortemente dal governo Renzi, il Jobs Act, coinvolge diversi temi come lavoro, welfare,pensioni e ammortizzatori sociali. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Davide Nitto dell’associazione paganese Progetto Comune. “La riforma – dice – contiene numerose misure in materia di disciplina del contratto di lavoro, delle politiche del lavoro e ammortizzatori sociali; con tale riforma si presta una maggiore attenzione ai redditi più deboli, si ambisce al cambiamento delle politiche di rigore e di forte spinta per la crescita del paese. Con il Jobs Act sono previste novità nei contratti, cambiamenti nelle modalità di gestione di alcune tipologie di licenziamenti, riforma degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e trattamento di disoccupazione), e semplificazione dell’applicazione dei contratti di solidarietà. Pertanto nello stesso momento in cui noi rottamiamo e superiamo un certo modello di diritto del lavoro, allo stesso modo superiamo i co.co.co. e i co.co.pro. Per la prima volta c’è una generazione che può vedere la politica far la guerra non ai precari ma al precariato. La nuova generazione vede finalmente riconosciuto il proprio diritto ad avere tutele maggiori. Premettendo che con la nuova riforma non vengono intaccati regimi e tutele che si applicano a lavoratori assunti precedentemente al 1 Marzo 2015, ai quali si applica quindi ancora la vecchia tutela reale ed obbligatoria, nonché le novità introdotte con la riforma Fornero del 2012; con l’innovazione del Jobs act abbiamo l’introduzione di una nuova tipologia di contratto denominato “a tutela crescente”.Tale forma contrattuale,che come detto spazza via i vari co.co.co. e co.co.pro. che hanno segnato un periodo vissuto all’insegna del precariato, avrà come vantaggio per le nuove assunzioni, quelle cioè effettuate dal 1 Marzo 2015 in poi, agevolazioni fiscali per aziende e datori di lavoro in generale per i primi tre anni, tali da facilitare, o meglio indurre gli stessi a nuove assunzioni. Le forme contrattuali rimaste in vigore sono tre: Contratto a tempo determinato, c. di apprendistato e c. a tempo indeterminato. C’è da vedere l’impatto che l’introduzione di tale riforma avrà sul mercato del lavoro. I presupposti sono comunque positivi. Non resta che attendere ora il maturar degli eventi per verificarne i risvolti pratici”.
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