di Alfonso Malangone*
La costituzione di un Comitato di Quartiere, in una Città dove i Quartieri sono solo un riferimento territoriale, può apparire una scelta stravagante. Oppure una eccentricità, magari frutto di un disturbo mentale. Ancor più se l’area di riferimento non è l’effetto di una ripartizione indotta dalla storia, dalla posizione geografica e dalle caratteristiche sociali ed economiche, ma è la parte residuale di un generico frazionamento del tutto anonimo e privo di qualsiasi spunto di interesse che non sia quello dello sfruttamento economico. E’ il caso, qui da noi, della zona ad est che si frappone, come fascia-cuscinetto, tra il Quartiere, quello sì, di Mercatello e la cosiddetta ‘zona industriale’, benché sia divenuta più varia di un suk arabo. Si tratta di un’area che, pure se denominata ‘Quartiere Arechi’, non ha nulla, ma proprio nulla, che possa consentire di assegnarle la dignità di Quartiere. In essa, infatti, tuttora sono presenti situazioni che l’hanno resa del tutto ‘estranea’ alla Città, un luogo dal quale tenersi distanti perché sede di prostituzione e di misfatti di varia natura. Purtroppo, sembra davvero che per decenni poco sia stato fatto per elevarne il livello di vivibilità mentre persistono strade polverose, marciapiedi malconci, foreste di sterpaglie, ruderi scalcinati civili e industriali, rumori persistenti e un generale stato di abbandono. Di notte, poi, spazi male illuminati favoriscono comportamenti poco lodevoli da parte di automobilisti e motociclisti, né sembrano superati i fenomeni della prostituzione e dei traffici illeciti. In sostanza, si tratta di una parte della Città da frequentare ancora con prudenza, ricordando i resti della povera donna ritrovati tra le macerie del palazzetto dello sport (con la s minuscola). In tutto questo, però, nuove costruzioni si alzano a macchia di leopardo verso il cielo, secondo una modalità che sembra orientata a realizzare un’area urbana ‘diffusa’ costituita, cioè, da ‘isole residenziali’ disperse nel territorio. Una scelta costosa, perché obbliga a sostenere spese elevate per i sottoservizi e per l’infrastruttura primaria, poi seguita dalla secondaria, tra cui asili e scuole, e dai maggiori esborsi per i servizi essenziali, quali la mobilità, la pulizia, la sicurezza, l’assistenza. Di fatto, quello che è stato definito ‘Quartiere Arechi’ costituisce ancora un’area ‘in cerca d’autore’, urbanisticamente da definire e carente di sufficienti interventi di gestione ordinaria. Così, lunedì sera, i cittadini che abitano da anni in strutture per lo più singole e bifamiliari, e i nuovi residenti in grattacieli anche incompleti, hanno deciso di incontrarsi per discutere delle difficoltà esistenziali che giammai avrebbero immaginato di dover affrontare. E, purtroppo, tenuto conto delle dichiarazioni rese nel corso dell’incontro con riferimento a fenomeni davvero inquietanti, si può ben sostenere che ci sia molto da fare per dare sicurezza, ordine, pulizia e dignità. In particolare, sono inaccettabili le denunce di pericoli per l’incolumità fisica, per la salute, per i beni personali e per comportamenti che, a quanto dichiarato, sarebbero davvero inqualificabili e fortemente incivili. Ne riparleranno nel corso delle prossime riunioni, dopo la nomina dei responsabili del Comitato, per la preparazione di un ‘elenco delle necessità’ da sottoporre all’Amministrazione cittadina. Premesso quanto innanzi, è indubbio che quando si costituisce un Comitato di Quartiere cresce il livello di libertà e di democrazia per tutta la Città. Ancor più se sono due a nascere nel volgere di pochi giorni visto che, nella scorsa settimana, è stato annunciato pure quello di Torrione. In verità, si tratta di organismi spontanei che esprimono davvero la più piena e ampia volontà dei cittadini di offrire un contributo concreto alla discussione e alla individuazione delle migliori soluzioni volte ad assicurare il benessere corrente e il futuro alle nuove generazioni. Una modalità tanto più utile e proficua quanto più essa è accolta con favore dai delegati pubblici in sede di scelte amministrative ed urbanistiche. Essa costituisce, peraltro, il presupposto indispensabile perché una Città possa trasformarsi in una vera Comunità. Se, infatti, la prima è il luogo nel quale ciascuno svolge la vita fisica in comune, è la seconda a realizzare tra i singoli quel legame psicologico e morale che spinge ciascuno a svolgere il suo ruolo nel rispetto dei principi di lealtà, di equità, di giustizia, di difesa dei beni comuni, di rispetto della vita, secondo una visione unitaria e complessiva che trae origine dalla storia, dalla cultura, dall’identità, dalla vocazione, dall’umanità, dalla tradizione alla base del lavoro, del sapere, del saper fare, e da altro ancora. In presenza di questi presupposti, e solo di questi, è possibile realizzare una vera Comunità. Con questa visione, il Comitato di Quartiere diviene la cellula di un più ampio organismo nel quale, con il concorso di tutti gli altri, possono essere diffusi gli indispensabili contributi in termini propositivi, progettuali, partecipativi e attuativi, con la condivisione dei punti di forza e di debolezza nell’ottica di un’equilibrata crescita comune. Non è utile approfondire se Salerno sia una Città o una Comunità. Non è negabile, però, che le situazioni presenti nei Quartieri fisici siano tali da indurre a pensare che la Comunità sia una prospettiva da raggiungere, ma tuttora ben lontana. Sono indicativi, al riguardo, i comportamenti di tutti, dai responsabili amministrativi ai singoli cittadini. Perché, a guardare in giro, appare evidente la necessità di far crescere la giustizia, l’equità, la coesione, la solidarietà, la dignità, il rispetto dei diritti e dei beni comuni, la tutela dell’ambiente, la gestione equilibrata dei contrapposti interessi, la ricerca del benessere e della qualità della vita. All’opposto, sembrano prevalere la prepotenza, la sopraffazione, l’arroganza, il disinteresse, il chissenefrega. Se Salerno fosse una Comunità, non ci sarebbero deficienze e carenze vergognose, ingiustificabili e neppure perdonabili. Per essere tale, sono quindi necessari ancor più Comitati e ancor più dimostrazioni di volontà e di impegno. Di fatto, la nostra Città ha bisogno di amore. *Ali per la Città





