Salerno. Piazza Cavour. Una soluzione facile - Le Cronache Ultimora
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Salerno. Piazza Cavour. Una soluzione facile

Salerno. Piazza Cavour. Una soluzione facile

E’ apparsa la notizia che il Comune, su autorizzazione del Tribunale Civile di Salerno, dovrebbe bonificare l’area del mancato parcheggio sotterraneo di Piazza Cavour, addebitando le spese al concessionario delle opere di costruzione. Sicchè, dopo almeno 6 anni, sappiamo ufficialmente che l’area del lungomare, devastata da un cantiere aperto che è un oltraggio alla fruibilità dei cittadini, è nelle mani del Tribunale per un contenzioso che è già di lunga durata e chissà quando finirà. Abbiamo appreso anche che l’area è materialmente nella detenzione del tecnico di ufficio nominato dal Tribunale per la sua consulenza tecnica sulla vertenza. Tempi lunghi, quindi. Ed è solo il primo grado di giudizio. Potrebbero essercene altri due. Per quanto tempo rimarrà lo sfregio inguardabile? Per i due protagonisti, Comune e costruttore, la risposta è facile: “Non dipende da noi!”. Situazione di stallo, quindi. Ma non è così! C’è sempre un rimedio, se si vuole. Non è detto che un’area pubblica debba rimanere intatta, così com’è, per tutta la durata, spesso lunghissima, di un processo. Il sequestro giudiziario non implica assolutamente il congelamento di un bene così com’è, ma è finalizzato alla salvaguardia della sua destinazione e della struttura attuale, al momento del sequestro, al fine di non pregiudicare i diritti di chi risulterà vincitore nella vertenza giudiziaria. Insomma, ci sono dei temperamenti che consentono la prosecuzione, senza alterazioni, della funzione del bene. Nel caso di specie, il Comune e il costruttore sono solo due parti in causa tra loro. Ma questo non deve pregiudicare, per quanto possibile, la fruibilità del bene da parte di aventi diritto: nella specie, i cittadini. Voglio, per essere più chiaro, citare un caso simile di molti anni fa. Molti ricorderanno il caso del Trincerone, lavoro pubblico iniziato nel 1993 e oggetto di sequestro penale del cantiere per la nota vicenda di Tangentopoli. Orbene, il sequestro intervenne quando il cantiere era aperto da tempo e uno squarcio imponente di muraglioni devastava il centro della città, da via Arce fino a via Diaz. La città ne era sfregiata. Il processo finì con la sentenza di amnistia della Cassazione dieci anni dopo.

Ma nel 1994, dopo diversi mesi dal sequestro penale, chi scrive, allora Pubblico Ministero del processo, fu contattato dal dirigente dell’Ufficio Tecnico di Salerno per trovare una soluzione al disagio dei cittadini. La proposta del Comune era quella che il vecchio progetto, oggetto dell’indagine, stava per essere variato dal Comune stesso, col disegno di opere meno impattanti e funzionali ad un parcheggio, con aiuole laterali. Il progetto, cioè, non era più lo stesso. La prosecuzione di opere illegittime veniva pertanto aggirata da un’opera diversa e migliore. D’intesa con il Procuratore dell’epoca, Ermanno Addesso, concludemmo che il nuovo progetto non era una prosecuzione dell’illecito precedente, e questo consentiva la revoca del sequestro. Dello stesso parere fu il G.I.P Vittorio Perrillo, che dissequestrò l’area, consentendo una migliore circolazione veicolare alla città. Dunque, non è detto che un sequestro giudiziario debba permanere fino alla Cassazione. Nel caso della lungomare, non ci si deve rassegnare. Attualmente, la recinzione dell’area è essa stessa un pericolo pubblico. Costringe i passanti, per un lungo tratto, a scendere dal marciapiede sulla sede stradale, con pericolo di investimento, soprattutto di sera. In caso di incidente, di chi sarà la colpa concorrente? Del Comune? Del costruttore? Del Tribunale, che non ha provveduto a una recinzione idonea ad evitare incidenti? Questa eventualità non dovrebbe lasciare del tutto tranquilli i soggetti summenzionati. E proprio il Comune dovrebbe prendere l’iniziativa di sottoporre al giudice una proposta alternativa di sequestro del tratto del lungomare che non alteri significativamente l’area, magari seminando soltanto a prato l’area adesso inguardabile per il sedime dei lavori. Senza fare lavori eccessivi di abbellimento, che potrebbero andare persi in caso di sconfitta nella vertenza. Ma perlomeno prati fioriti e possibilità di passeggio. Che necessità giuridica c’è che il bene rimanga deteriorato e inservibile così come sta ora, contribuendo in modo così negativo all’immagine estetica della città? Basta una recinzione non impattante, e il divieto di alterazione del bene. Che non è un cantiere. E’ solo un’area aperta e abbandonata. Un cantiere in senso tecnico è un’area dove si svolgono lavori, in atto. Ma l’inverecondo (e pericolosissimo) tratto del lungomare, in sequestro, non è un cantiere definibile come tale.

Michelangelo Russo