Salerno, la città dei rassegnati - Le Cronache Salerno
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Salerno, la città dei rassegnati

Salerno, la città dei rassegnati

di Alessandro Turchi, presidente di Salerno Migliore

Un anno fa nasceva Salerno Migliore, perché in città sembrava e sembra crescere ogni giorno di più una specie di rassegnazione, con i cittadini che si adattano a tutto, vivendo una sorta di accettazione incondizionata delle situazioni che si presentano davanti, nella certezza che nulla cambierà. La mancanza di decoro, la sporcizia, l’idea che così è e non si può modificare nulla. Assistiamo impotenti ad inaugurazioni del nulla, a notizie banali su azioni dell’amministrazione come se fossero scoop straordinari: il restyling delle strisce pedonali, l’eliminazione di rifiuti ingombranti, la decisione “improcrastinabile” di fare qualcosa, dopo tredici anni (!) rispetto allo scempio di Piazza Cavour. Vediamo il Sindaco felice in TV, mentre ci dà queste notizie assolutamente ordinarie. E la gente bofonchia, si lamenta in privato, magari si stupisce derubricando a folklore questi annunci, ma poi alla fine accetta tutto e si rassegna diventando, senza saperlo, sodale del “Sistema Salerno”. Qualcuno azzarda il solito “quando c’era lui”, riferendosi non a ottanta anni fa, ma al Governatore, auspicandone, addirittura, il ritorno in città. Come se tutto questo che viviamo tutti i giorni non avesse a che fare con lui, come se la Salerno di oggi non vedesse i suoi uomini, i suoi sistemi, le sue reti ingarbugliate, come protagonisti. Salerno nel frattempo è sempre più contrassegnata dall’incuria e dall’ignoranza, è sempre più difficile capire dove andrà a parare questa città, al netto delle chiacchiere, dei proclami e degli interessi di tanti che hanno qualcosa da guadagnare da questo stato di cose. Ha puntato sul turismo? Va bene, ma cosa si sta facendo per accogliere i visitatori e per far sì che non si limitino ad una veloce e fugace presenza di poche ore in città, prima di partire per Pompei o per la costiera amalfitana? Ma crediamo che neanche su questo ci siano le idee chiare, basta camminare pochi minuti per le strade del centro come in quelle della periferia estrema, per rendersi conto di un grado inaccettabile di disorganizzazione, di trascuratezza e di abbandono. Un lungomare sporco, continui slalom tra cumuli di spazzatura e residui alimentari, stradine del centro storico risalite in controsenso da scooter veloci con guidatori distratti al cellulare, pedoni che attraversano le arterie principali in ordine sparso, parandosi davanti, improvvisamente, alle già lente automobili incolonnate e bloccando continuamente il complicato traffico cittadino. La sensazione è quella di una mancanza di interesse, cosa costerebbe valorizzare i punti di attrazione della città, oppure renderla accogliente e pulita, o con servizi efficienti? I poveri sventurati che capitano in città non hanno a disposizione neanche i bagni. A tutto questo poi si aggiunge il popolo “indipendente”, costituito da tanti individui singoli non avvezzi al senso della collettività, un popolo pronto alla critica, incapace di mettere in campo azioni che migliorino il nostro vissuto quotidiano. Ognuno passeggia, guida, si intrattiene a parlare, tante particolarità e nessun senso collettivo, un insieme di monadi, universi singoli e completi, spesso incapaci di individuare un “collettivo” che sia punto di riferimento per una convivenza civile accettabile, incapaci di curarsi della comunità di appartenenza. E allora ti aggiri per questa città e ti rendi conto di quanto essa soffra di simili atteggiamenti, di quanto questo solipsismo quasi genetico nuoccia alla causa. Parcheggiano in doppia o tripla fila per non dover camminare troppo, incuranti del traffico rallentato, buttano carte a terra, o lasciano residui di pasti acquistati da McDonald o bottiglie di birra sulle panchine del lungomare, atteggiamenti spesso condivisi o, nel migliore dei casi, tollerati, sempre che non contrastino con i propri bisogni personali, in una città senza controlli e in cui pare tutto consentito. Non c’è il senso di appartenenza a Salerno, manca la motivazione e mancano gli obiettivi e questo va ascritto all’assenza di idee di chi ci amministra, a sua volta capace solo di improvvisazione, senza una organizzazione e una idea precisa sul futuro di Salerno che non sia quella del mantenimento a tutti i costi del potere. Ci sono riusciti per trentadue anni ma, con questi cittadini rassegnati e impotenti probabilmente continueranno a farlo. Noi di Salerno Migliore stiamo lavorando da un anno per modificare lo status quo, con azioni mirate, reportage puntuali e una comunicazione asfissiante. E’ difficile, ne siamo consapevoli ma, almeno noi, non siamo rassegnati.