Il tesoro di Scarano era nelle mani di sua conoscenza. Sapevano tutto di Don Nunzio grazie al rapporto confidenziale che l’imprenditore Massimiliano Marcianò, persona di fiducia di Scarano, aveva con Sergio Piperata, socio del primo e legale rappresentate della Events&Travel. E’ stato quest’ultimo ad organizzare il colpo a casa dell’ex dipendente dell’Apsa messo a segno con la complicità di Davide Pompili, romano classe ’55, Brando Pompili, romano classe ’57, e Silvano Mazzoni, classe ’55. Secondo la ricostruzione degli inquirenti Piperata aveva sottratto le chiavi dell’abitazioni di Scarano, ubicata in via Romualdo Guarna 5, dall’abitacolo della sua autovettura, dove solitamente le custodiva, per introdursi nell’appartamento dal quale sottraeva monili in oro, argenteria, quadri d’autore dei pittori De Chirico, Labella, Guttuso ed altri valori tra cui un crocifisso dell’altare di San Pietro del Bernini, una pergamena in olio rappresentante un vaso dello Scatizzi per un valore di 5/6 milioni di euro. Oggetti che venivano poi trovati nella materiale disponibilità di Silvano Mazzoni e Brando Pompili che cercavano di operarne la vendita a privati collezionisti presentandoli quali quadri originali. Per realizzare il disegno criminosi Davide Pompili mostrava in visione ai collezionisti una memory card attraverso la quale venivano mostrato le opere per tentare la vendita. Per i quattro indagati il il pm aveva chiesto l’arresto. Istanza rigettata dal Gip e per la quale è stato presentato ricorso al Tribunale del Riesame con il pm che ha rilevato nel ricorso la “spiccata personalità sociali degli indagati, ritenuti in grado di reiterare analoghi comportamenti delittuosi. La natura dei beni sottratti presuppone una organizzazione e di persone, un collegamento con il mercato dell’antiquariato illegale, il carattere professionale, e non occasionale, dell’attività illecita compiuta che è stata posta con particolare scaltrezza come dimostra il fatto che, pur essendo entrati nell’abitazione del prelato con l’utilizzo delle chiavi, gli indagati hanno simulato l’effrazione del vetro di una finestra per depistare gli inquirenti”. Fin dalle prime battute gli uomini dell’Arma hanno puntato l’indice su persone vicine al Monsignor Scarano. Nell’iniziale pista investigativa venivano attenzione persone come Magno Landi, Tiziana Cascone, Geraldini Sellitri, Salvatore Petrone, Domenico Scarano, Giovanni Fiorillo e Marco Parenza senza alcun esito. La svolta concreta delle indagini si aveva con la segnalazione degli uomini della Guardia di Finanza di un traffico di opere poste in essere da tale Davide Pompili che, attraverso la visione di un cd contenente immagini di opere di valore, si stava occupando di ricercare collezionisti. Dalla comparazione tra le opere nella disponibilità di Pompili e quelle sottratte dall’abitazione di Scarano arrivava la conferma definitiva. Le intercettazioni telefoniche permettavano agli inquirenti di risalire a Silvano Mazzoni. Nell’abitazione di quest’ultimo venivano ritrovato le opere sottratte a Scarano. Nel corso delle indagini venivano monitorata costantemente la posizione di Massimiliano Marciano, poi risultato estraneo alla vicenda. In un’intercettazione Sergio Piperata, socio dell’imprenditore, riferisce a Marciano di stare tranquillo attribuendo a se stesso ogni responsabilità sul furto delle opere. Nella stessa circostanza ammetteva spontaneamente di aver consegnato le chiavi dell’abitazione del Monsignor Scarano a Brando Pompili fornendogli o le indicazioni necessarie per compiere il furto. Nell’interrogatorio del 17 ottobre 2014 Marcianò riferisce al pm Elena Guarino una serie di elementi idonei a spiegare le ragioni per le quali Piperata aveva effettuato il furto. L’imprenditore precisa di non conoscere le persone che materialmente hanno eseguito il furto e precisa che Piperata aveva conosciuto Scarano tra il 2011 e il 2012 nel corso delle riunioni delle Associazioni Cattolici in movimento. “Monsignor Scarano di sovente, nel corso delle riunioni, o quando stava a pranzo con altri commensali, amava fare sfoggio della sua bella casa e decantava le ricchezze, i quadri d’arte ed i valori in essa contenuti. Talvolta lui mostrava il cellulare connettente le foto delle sue ricchezze vantandosene”. Marcianò precisa che in quel periodo Scarano aveva una Mercedes Classe A che, in un primo momento parcheggiava nella Città del Vaticano poi “quando non gli fu più concesso l’uso del parcheggio la lasciava in sosta in un garage a pagamento dove per doveva lasciarla aperta per consentirne lo spostamento. In alcuni casi l’auto è stata nella mia disponibilità per diversi giorni e spesso mi è capitato di lasciarla davanti all’ufficio del Piperata”. L’imprenditore precisa che spesso Scarano lasciava le chiavi della sua abitazione nell’auto. “Lo stesso Piperata mi ha chiesto di usare l’auto di Scarano, quando era nella mia disponibilità per dare qualche commissione ma non so come sia venuto a sapere che le chiavi dell’abitazione fossero state spesso lasciate nell’autovettura”. Elementi questi che avevano portato alla prima richiesta di arresto nei confronti dei quattro indagati. Istanza che il pm Guarino ha nuovamente presentato al Riesame. (g*)
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