Ieri mattina al teatro Verdi ultima replica dell’Elisir d’amore di Gaetano Donizetti, per le scuole e il progetto educational, firmato da Riccardo Canessa e Gaetano Lo Coco. Stasera alle ore 21 sipario per il primo cast con Adina che vedrà all’opera Enkeleda Kamani Nemorino, cui darà voce Juan Francisco Gatell, Dulcamara che sarà Alfredo Daza e Belcore Maxim Lisiin
Di Olga Chieffi
Giornata in teatro, ieri mattina, per l’ultima replica del progetto educational del Teatro Verdi di Salerno, in sinergia con il Conservatorio Statale di Musica “G.Martucci”, una produzione di trama fina a partire dal titolo L’Elisir d’Amore di Gaetano Donizetti, affidato al regista Riccardo Canessa e al direttore musicale Gaetano Lo Coco, con l’orchestra, il coro preparato da Francesco Aliberti e i solisti tutti giovani di ottime prospettive, quali Valeria Feola, che ha dato voce ad Adina, Luca Venditto in quella di Nemorino, Antonio De Rosa, Vittorio Di Pietro Belcore e la perfetta Giannetta di Maria Domenica Verde. Certamente ombre e luci, nell’esecuzione di una partitura tagliata veramente con l’accetta, cassata “Dell’elisir mirabile” o della cosiddetta gondoliera a due voci “Io son ricco e tu sei bella”, in cui abbiamo apprezzato la buona preparazione degli archi, i bei suoni dei legni, nonostante qualche disattenzione, cavatina di Dulcamara da dimenticare per gli ottoni, come il “Cantiamo, facciam brindisi” e, un po’ tutto per il piattista, nonché per il cembalo che pare aver azzardato, tra gli inciampi, qualche nota evocante l’insegnante di pozioni Severus Piton, quando stasera prenderà il suo posto Maurizio Iaccarino. Il direttore, nel frangente, ha tentato di portare in porto la barca, ma, stasera, si spera, sarà ben altro. Intanto, in teatro gli studenti dell’ Istituto Comprensivo Statale “Alfonso Balzico” di Cava de’ Tirreni, dell’Istituto “Sabatini Menna” e dell’Istituto comprensivo Vicinanza Pirro di Salerno, l’istituto comprensivo di Pagani, nonché l’istituto “Sandro Penna” di Battipaglia, avrebbero meritato il bastone del Barone Scarpia, avendo fatto “baccano”, accompagnando al dileggio, movimenti continui e porte dei palchi a guisa di ventola da saloon, pur essendo accompagnati dai referenti, i quali a questo punto dobbiamo pensare, non abbiano illustrato dove si accedesse, ben che meno cosa si andasse a vedere e in qual modo si dovesse assistere all’opera, per non dar fastidio agli interpetri e al pubblico presente.
Stasera alle ore 21, la vera prima di questa partitura, per la regia tutta napoletana, che giustamente Riccardo Canessa, di conserva con lo scenografo Alfredo Troisi, ha esaltato, guardando al nostro vecchio repertorio, con i caratteri tipici quali la parodia, la filastrocca, il nonsense, la civetteria, la scempiaggine, l’arroganza, la ciarlataneria. Una commedia musicale che fa ridere e sorridere e ridere ancora anche là dove rischia di far piangere, con la lagrima di lei Adina, che sarà Enkeleda Kamani, e il sospiro di lui, Nemorino, che avrà la voce di Juan Francisco Gatell, saranno due ragazzi che sono cresciuti insieme e che il regista fa ritornare nostalgicamente a giocare alla “settimana” o alla “campana”, proprio perché si sta velando di tenerezza romantica, un genere di spettacolo quanto mai tradizionale, settecentesco e farsesco come l’opera comica, l’opera buffa, il dramma giocoso che dir si voglia. Venti scene per due atti, che prima esibiscono i fatterelli personali con altrettante cavatine, poi, annodano ben bene il pettine (e la capera pertichino ci sarà) con duetti e quartetti, infine, sciolgono il tutto con un paio d’arie. Dopo il preludio e il coro d’introduzione, che sono musica non solo bella, ma anche servizievole al dramma da incorniciare lietamente, “Bel conforto al “pescatore”, in questo caso, poiché l’ambientazione è nel fiordo di Furore, la cavatina del tenore suona facile e corta, senza recitativo, ma quella del soprano, narrativa al suono di un violino romantico ed ironico, è più complessa, com’è giusto per un semplice “mezzocarattere” alla Cimarosa e una “prima buffa” alla Rossini. Vero miles gloriosus, dopo un po’ di marziale d’orchestra, arriva Belcore (Maxim Lisiin) con “Come Paride vezzoso” in Larghetto. Ma prima che la comicità rifaccia capolino “Chiedi all’aura lusinghiera”, di Adina, con la pazzia dalla quale bisognerebbe tosto guarire. La comicità più smargiassa, più napoletana, più barocca e più donizettiana scoppia nella celeberrima cavatina di Dulcamara (Alfredo Daza), che Riccardo ha inteso vestire da pazzariello, annunciato dal famoso squillo di cornetta, s’avanza con la sua gragnuola di settenari sdruccioli ed ottonari piani, fittamente sillabati “Udite, udite, o rustici”, da far invidia a Don Bartolo e Don Magnifico. Quindi, tra “Adina credimi te ne scongiuro” intenso e accorato e la festa dell’imminente matrimonio con il brindisi coral solistico e la famosa gondoliera a due voci, buffo e buffa, con Giannetta, che sarà Miriam Tufano, Serva padrona-Style, si va avanti con quattro pezzi pluripartiti, sino all’acme dell’opera che è “una furtiva lacrima” che ascolteremo nella versione De Lucia, nel teatro che ha visto nascere il giovane Enrico Caruso. E’ fatta, Adina gioca un’ultima carta cantando per me sei libero e Nemorino si dispera un’ultima volta. Nel finale, accanto al congedo di Belcore, è Dulcamara a troneggiare con le lodi al sovrumano elisir, che può in un momento non solo rimediare al mal d’amore, ma arricchire gli spiantati. Il vero gabbato è proprio lui, il ciarlatano, che finisce per credere alle virtù magiche del suo Furore rosso.