Ha concluso la sua lunga carriera di bancario Vincenzo Coviello, il 52enne dipendente di Intesa Sanpaolo in servizio presso la filiale pugliese di Bisceglie. Il provvedimento di licenziamento è stato emesso nel mese di agosto scorso, dopo anni di controlli che la banca ha esercitato sull’attività svolta dal bancario infedele. Un quadro direttivo, con chiavi di accesso che l’autorizzavano ad entrare nei rapporti di conto intestati a clienti diversi della filiale di appartenenza. Aveva il “vizietto” di ricercare nominativi di personalità italiane e spulciare tra i rapporti intrattenuti con l’istituto milanese. Lo faceva quotidianamente, incurante delle regole imposte dalla banca che vieta ai dipendenti di accedere a rapporti bancari diversi da quelli del proprio “portafoglio” di clientela, assegnato. Una sorta di codice deontologico che le banche fanno sottoscrivere ai propri dipendenti. Ma Vincenzo Coviello, Enzo per i suoi colleghi, non lo ha rispettato, senza limiti, aveva libero accesso ai conti di politici, imprenditori, industriali, personaggi dello spettacolo, dello sporti. Migliaia di accessi, nel periodo osservato dai colleghi dell’ufficio controlli. Un dossier di pagine e pagine di report, tutti elaborati con la username di Vincenzo Coviello: 6.637 accessi di 3.572 clienti, tra febbraio 2022 e aprile 2024, circa 250 accessi al mese (ma Coviello aveva il tempo di lavorare?, ndr). Ad inizio estate la banca invia al dipendente una lettera, in cui gli si contesta l’accesso a dati non strettamente legati all’attività svolta. La difesa appare subito debole, pare abbia dichiarato “semplice curiosità”. La presenza nei report controllati di alte personalità politiche del governo italiano, induce la banca al deposito di immediata denuncia presso la procura di Bari ed al contestuale inoltro, prima di un provvedimento disciplinare, con riserva, e poi la comunicazione di licenziamento. Ci chiediamo: “perché la banca ha atteso oltre due anni per contestare l’illecita attività e licenziarlo?” Procacciamento di notizie segrete concernenti la sicurezza dello Stato, tanto politiche interne quanto internazionali. È questa l’ipotesi di reato, punita con la reclusione da 3 a 10 anni, che la Procura di Bari avrebbe contestato a Coviello. Finisce così la carriera di bancario per Vincenzo Coviello. Pugliese di nascita, figlio di un sarto. Sempre molto elegante, indossava giacca e cravatta. Abiti di fattura sartoriale. Sposato con due figli aveva una vita “piatta”. Ogni mattina, con puntualità, si recava dal giornalaio per acquistare il Corriere della Sera ed il Sole24Ore. Poi al vicino bar per un caffè veloce ed in auto per raggiungere Bisceglie dove lavorava. Molto cordiale con tutti i colleghi, increduli di quanto accaduto. Tra i fedelissimi circola insistente la voce che il suo profilo bancario possa essere stato hackerato. Pura fantastica affettuosità. Al rientro a Bitonto, ogni sera, si recava presso lo studio dove svolgeva attività di commercialista, in parallelo con quella di bancario. Ma al bancario è consentito svolgere attività professionali? Sembrerebbe di no, eppure Coviello esercitava la libera professione con tanto di indicazione sul citofono dello studio e regolare utenza telefonica registrata a suo nome. Perché l’hai fatto? La canzone di fine anni ’60 di Paolo Mengoli che racconta la storia di un tradimento. In parallelo quello di Coviello, verso la banca che gli dava da vivere!
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