Banda dell’Aeronautica: inseguendo quel suono - Le Cronache Spettacolo e Cultura

Di Olga Chieffi

In una Salerno musicale con tre eventi di grande rilievo, sabato scorso, la Banda Musicale dell’Aeronautica Militare ha fatto rivivere la grande tradizione della scuola di fiati cittadina, nell’ambito dell’evento “Medicina Aerospaziale, arte, musica e onde”, promosso dalla sezione salernitana dell’Associazione Arma Aeronautica, presieduta dal Generale Ispettore Capo Gennaro Cuciniello presidente della sezione salernitana dell’Associazione Aviatori d’Italia, con maestri di cerimonia e convivialità, il Tenente Colonnello Giuseppe Alise e tutti i soci. Dopo la mattinata che ha salutato un interessante convegno in quel di Baronissi, nella sala consiliare del comune, per disquisire sulla Medicina Aerospaziale, che sappiamo protagonista anche della festa a Jesolo, per il ritorno a casa delle Frecce Tricolori, dopo un tour entusiasmante negli Stati Uniti, in cui come da noi, si è discusso delle collaborazioni con l’università al progetto di neuroplasticità per studiare gli effetti dell’ambiente suborbitale su linee cellulari umane e campioni biologici dei piloti medianti approcci omici, studiando le informazioni ottenute nel corso del volo per prevenire, diagnosticare precocemente e migliorare la cura di patologie ampiamente diffuse nella popolazione, partendo dal più aggressivo dei tumori fino ad arrivare all’invecchiamento. Ci si è quindi spostati nel teatro Augusteo, ove la banda ha proposto ad un uditorio eterogeneo ed attento un programma attraverso cui abbiamo toccato con mano la recherche del suono e delle sfumature da parte del M° Pantaleo Leonfranco Cammarano. Onori di casa in rappresentanza dell’amministrazione comunale a cura del vicesindaco Paky Memoli, unitamente agli assessori al Turismo Alessandro Ferrara e Claudio Tringali alla Trasparenza, Sicurezza, Polizia Locale e Protezione Civile del Comune di Salerno, quindi il concerto che ha preso il via con la marcia d’ordinanza composta dal primo maestro della formazione Alberto Di Miniello, nell’anno della sua fondazione estate del 1937, purtroppo in versione breve, mutilata del suo irresistibile trio. La formazione ha inteso cimentarsi, poi con la seconda rapsodia ungherese di Franz Liszt in cui il Maestro ha inteso sottolineare la novità del linguaggio armonico del compositore in cui audaci cromatismi anticipano alcune caratteristiche della sua partitura. Menzione per un ispirato primo clarinetto Stefano Mozzi un suono il suo, ricco di elementi armonici rotondi e vellutati, capaci di fissare l’essenza del brano in una fotografia sonora immaginaria che ha ben focalizzato il contenuto popolare della melodia. Quindi si è passati all’Intermezzo della Manon Lescaut, un doveroso omaggio a Giacomo Puccini, trascritto dallo stesso M° Leo Cammarano, e qui nella trascrizione del doloroso tema che nell’originale è affidato al registro acuto dei celli, nulla ha fatto pensare ad un’orchestra di fiati, attraverso impasti tra clarinetto basso, sassofono soprano, quindi nella lunga passionale progressione tributo al Tristan und Isolde wagneriano, quella reminiscenza affidata al flauto, ricreando quella febbre e quindi la spossatezza, il “dolcissimo soffrire” nel suono, quel sentimento di sciupata bellezza che è il tratto caratteristico dell’ispirazione pucciniana. Applausi a scena aperta ed ecco il poemetto sinfonico di Gennaro Abbate, Quadro romantico. Paesaggio campestre con i suoi suoni che ha visto protagonisti il piccolo di Massimo Buonocore, insieme a flauti e ottavino, di non semplice intonazione. Quindi la banda ha dato l’idea di una sorta di quadro tridimensionale, toccando attraverso i temi divenendo così un percorso variegato e multiforme, tra i sempre bei suoni delle diverse sezioni. Il cuore del concerto è divenuto un elogio del sassofono, qui a Salerno, ove è nata la prima cattedra di questo strumento. Due i brani in cui la sezione dei sassofoni si è potuta esprimere ai massimi livelli attraverso il primo alto Sebastiano Ventriglia, che ha eseguito il secondo movimento della suite Birds di Toshio Mashima, dedicata ai gabbiani con Seagull e un medley di temi del “collega” Glenn Miller messo a capo della Army Air Force Band e assegnato all’intrattenimento delle truppe in Inghilterra. Dal dolcissimo soffrire dell’intermezzo di Manon, per il luogotenente Sebastiano Ventriglia, il “pathire” è stato solo un passo, poiché l’ultima volta che ha calcato il palcoscenico del nostro teatro è stato proprio per omaggiare, da solista e in quartetto il fondatore della assoluta scuola di cui è epigone, quella di Francesco e Antonio Florio. Il suono, le scelte del fraseggio, dei fiati, la sicurezza nelle note fuori registro, “suonate” e non “prese”, qualcuno ne ha notato pari espressione dei maestri, nei movimenti, che gli ha permesso di schizzare al meglio quella mappa musicale contemporanea che è questa partitura, un lento, un archivio di suoni, quasi un blues perenne, che vede percorrere da un’ala il mare a immagine di uno svuotamento dello spazio nel presente, tale che quel luminoso passato sia lasciato libero di interpellare il futuro. Evocativi gli interventi del primo oboe, Francesco Sorrentino, il quale con il sax alto e insieme all’intera formazione, ha disegnato un fluido paesaggio acustico, dai cui suoni sono trapelate storie, con la loro densità affettiva e la loro costitutiva eccedenza rispetto a tempi e luoghi. Ci ha pensato, poi, la banda ad omaggiare quel jazz che proprio a Salerno è venuto dal mare. Se nei giorni precedenti nessuna nota swing è stata elevata in città , la nostra formazione, anzi big band, in questo caso, ha lasciato ancora una volta intendere che può eseguire ciò che vuole, dialogando con quel linguaggio dell’azzardo e della sfida, che è l’essenza del jazz, rievocando l’immagine stessa del fascino bonario dell’esercito americano, attraverso il boogie per eccellenza In the mood, passando per Tuxedo Junction, A string of Pearls, Little Brown Jug e Pennsylvania 6-5000. Chiusura con una originale pagina per banda Theatre music di Philip Sparke, che si compone di un’ Ouverture, un Entr’acte e il Finale, in cui il direttore e la sua formazione si sono calati in queste pagine dall’insolita freschezza e di fattura assai pregevole, cui il compositore ha donato originalità nelle scelte tonali e timbriche. Applausi scroscianti, festa delle premiazioni e fiori. Canto degli Italiani e bis, la marcia op.99 di Sergei Prokofiev che ha posto in giusta luce i legni e il flicorno di Enzo Cozza.

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