Inside, il jazz raffinato di Venanzio Venditti - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Spettacolo e Cultura Musica

Inside, il jazz raffinato di Venanzio Venditti

Inside, il jazz raffinato di Venanzio Venditti

di Antonino Ianniello

Venanzio Venditti, sassofonista/composer, durante tutta la sua attività (compreso anche il suo periodo di formazione), ha svolto concerti in Italia, Europa, Nord Africa e Stati Uniti d’America e negli States è ritornato ad esibirsi New York City a ‘Italian Jazz Days 2014’ con il ‘Venanzio Venditti Quartet feat Mike Karn e Jerome Jenning’. Tra le sue collaborazioni si registrano quelle con numerosissimi musicisti e in diverse formazioni tra cui: Mike Melillo, Eddy Palermo, Roberto Gatto, Fabrizio Bosso, Andy Gravish, Antonio Ciacca, Dario Deidda, Karl Potter, Mike Karn e Jerome Jenning Rick Margitza, Steve Grossman, Fabrizio Sferra, Nicola Angelucci, Luca Mannutza, Maurizio Giammarco, Cicci Santucci, Giorgio Rosciglione, Danilo Rea ed altri ancora

Per esigenze tecnico-stilistiche, il Quintetto di Venditti ha un organico strumentale che rispecchia in pieno le storiche formazioni della tradizione del jazz colto e sintesi degli anni ‘50 e ‘60. Le due forme stilistiche del 5tet appartengono all’hard bop ed al cool jazz, nate sul finire degli anni ’40 e sviluppatesi, nella loro massima forma, negli anni ’50 … sono frutto della infaticabile ricerca creativa e della profonda conoscenza armonica, melodica, ritmica e strumentale di musicisti ed in particolare Stan Getz, John Coltrane, Sonny Rollins, Dexter Gordon e Johnny Griffin, i quali rappresentano tuttora uno dei modelli estetici oggettivamente più elevati, affermatisi durante il secolo scorso. Il ventaglio musicale del Venanzio Venditti Jazz Quintet, si basa essenzialmente su standard e composizioni originali intimamente caratterizzate da tali modelli stilistici. ‘Inside, l’ultimo lavoro di Venanzio Venditti 5tet, pubblicato per la label ‘Alfa Music’ e distribuito dalla ‘Egea’, album del quale ci occuperemo, è un disco che raccoglie in sé tre standard oltre a composizioni originali del bandleader. Brani intimamente legati al quel modello di jazz storico e composito degli anni 50/60 che si ritrova all’interno dell’aggettivo mainstream (termine generico per indicare la corrente musicale principale all’interno del jazz, che nel corso degli anni ha individuato stili diversi a seconda del loro predominio in termini di popolarità tra gli ascoltatori. In origine era lo stile swing degli anni ’30 del XX secolo.)

Qui Venanzio, bandleader del 5tet, dice: «Come se fosse una prefazione di un libro, altrettanto dovrei poter dire per questo nuovo lavoro, ma non so davvero come iniziare e con esattezza cosa dire, e forse non lo saprò mai. Sono tuttavia molto grato e contento di aver ‘speso’ del tempo per la musica, e di aver condiviso con i miei amici musicisti questa idea. Non è assolutamente poco. Un lasso di tempo speso per dire e fissare sfumature e colori musicali, spero, con coscienza e senza ego. Le idee che motivano e spingono, al fine di realizzare progetti di questo genere, sono diverse, ma innanzitutto è quel ‘sentirsi fuori luogo’ che è maestoso, meraviglioso. È stupendo sentirsi fuori luogo all’interno di una società che è spesso distratta e confusa, dove sovente la mediocrità è padrona, insieme al nulla di un sistema dirigenziale, a volte inadeguato, grossolano e antitetico alla cultura stessa che ostinatamente alimenta scene vuote e di parte, prive di grazia e significato. L’idea trainante rimane sempre la stessa e legata indissolubilmente all’affetto e alla grande ammirazione dei musicisti del passato, per la loro umanità e le loro accattivanti prospettive e per i loro superbi modelli stilistici. Dei veri e propri giganti della grande tradizione musicale e del Jazz del secolo scorso. Non potrà mai esistere nell’arte una vera e consapevole ‘modernità’ senza la conoscenza della tradizione. Ma durante il percorso lungo e faticoso, ma soprattutto affascinante e anche grazie alle tante situazioni che nel tempo si sono create, tra incontri, collaborazioni e condivisioni, come sempre accade, le idee si consolidano e si materializzano come in questo caso. Un’idea che diventa un’esigenza, conseguenza dell’incessante ricerca e dell’esperienza acquisita in campo, grazie all’attività dei tanti concerti svolti in Italia e al di fuori della nazione. In questo Album si racchiude e spero si percepisca, quella meravigliosa e ostinata idea, con tre composizioni classiche del Jazz e con altre composizioni originali».

Il disco

Venanzio Venditti in questo lavoro offre tutto sé stesso ‘risdoganando’ quel jazz italiano che molto spesso pare aver smarrito la strada che riporta a casa. I brani, nove in tutto più un bonus track ripercorrono un jazz raffinato, regalando al disco quel tipo di serenità che non si ascoltava da tanto. Qui non si tratta di sapere come possano essere cresciuti e formati i quattro elementi che in maniera egregia e molto professionale sono da supporto al sassofonista. Roberto Tarenzi (pianoforte), Francesco Puglisi (contrabbasso), Francesco Lento (tromba) e Marco Valeri (batteria) danno tutto quello che hanno dentro e l’ascoltatore capisce che il quintetto sarebbe capace di continuare a suonare sino all’infinito offrono tutti e tutto quello che riescono a dare. Emozioni forti offre ‘Inside’. Rilassa e ti fa entrare in una dimensione particolarmente bella dove il suono dell’ensemble riesce a strapparti da quella realtà tipica della gente distratta dalle mille cose che girano intorno. Insomma un disco che, oltre ad essere presente nelle collezioni speciali, funge da terapia. Il terzo brano della track list ‘Risonanza’ (RMI Magnetic Resonance Imaging) della durata di sette minuti e diciassette secondi è senz’altro il brano più ‘long’ dell’album (che in totale offre un total time di 51:56), è un bellissimo insieme del quintetto ed è dominato da un sassofono spettacolare di Venditti e da un’ammirevole ed affascinante tromba di Marco Lento. Il brano conduce altrove e decisamente negli anni cinquanta. Il secondo brano è ‘A night in Tunisia’ di Dizzy Gillespie e qui il quintetto lavora molto bene sia negli arrangiamenti che nella revisione del famoso standard e qui il bandleader offrendo il meglio con un performante sassofono di cui è padrone assoluto. Ed appare molto vero che, ascoltandolo, si possa dire che mai potrebbe esistere la modernità senza la necessità di doversi voltarsi indietro e dare uno sguardo alla memoria.

Commenta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *