di Michelangelo Russo
Nei giorni scorsi abbiamo parlato delle condizioni di un bene prezioso del Comune di Salerno, la tenuta di 140 ettari di Borgo Baratta sita nel Comune di Eboli. Su quel lascito concesso a Salerno, il Comune ha consentito la posa di un parco fotovoltaico di 42 ettari, a condizione che la ditta concessionaria effettuasse il restauro del borgo per farne un polo didattico. Ristrutturazione mai fatta, per cui il contratto, a lume di ragione e di diritto, dovrebbe essere risolto ai sensi del codice civile. E invece vediamo lo stato delle cose, verificate da una visita del sottoscritto sul posto, in compagnia del Principe Alduino di Ventimiglia e del signore Giuseppe Lomio. Come detto, nel precedente articolo, il Principe di Ventimiglia è un nobiluomo di antichissimo casato che, per pura passione, ha selezionato in purezza di sangue, una mandria di cavalli di Persano, affinché la storica razza non si estinguesse con una pluralità di incroci. Adesso cerca casa ideale per la sua mandria; l’idea, sorta attraverso contatti del signor Lomio con il Direttore della Comunità per le tossicodipendenze Emmanuel, Mimmo Porcelli (che dirige la filiale salernitana della nota associazione, che ha avuto ospitalità a Borgo Baratta) è stata quella di valutare la possibilità dell’accoglienza della preziosa mandria nel Borgo, ottenendo da Emmanuel la cura dei cavalli attraverso l’impegno dei giovani ricoverati. Come lavoro produttivo (che dovrebbero fare come disintossicazione) ricevendo in cambio il contatto con gli animali quale forma di sussidio psicologico. L’ippoterapia è infatti la più moderna e proficua forma di supporto psicologico per le tossicodipendenze, per non dire che è il migliore rimedio naturale alle problematiche dell’autismo. Insomma, un reciproco tornaconto senza spesa, e sempre con il coinvolgimento del proprietario Comune di Salerno. Siamo arrivati in tre a Borgo Baratta la settimana scorsa. Strada complicata per arrivarci. L’antica azienda sta lungo la via di Olevano di Eboli. Si sale sulle alture che vanno da Eboli a Olevano sul Tusciano, in percorso tortuoso tra case isolate e malmesse, abusi edilizi di ogni genere, e rare fattorie di buon impatto visivo e consistenza moderna. Non c’è un cartello lungo la strada che indichi il Borgo o la Comunità. Ci si arriva per intuizione ed esclusione. Dal cancello di ingresso, finalmente individuato, la stradina parte percorrendo balze erbose con ulivi sparsi, il tutto di idilliaca apparenza; tanto più che verso l’alto, improvviso, si scorge in lontananza il mare. Il Principe commenta che quelle balze erbose sarebbero ideali per i cavalli; il posto è aprico e ventilato. Poi arriviamo al caseggiato del Borgo. Sullo spiazzo antistante si nota subito lo sfascio e l’abbandono delle costruzioni. Troviamo ad attenderci il Direttore, che chiede lumi sul possibile progetto di accoglienza dei Persano. Ma ecco subito i problemi: chi dovrebbe badare ai cavalli? Risposta del Principe: ma i tossicodipendenti, come cura e impegno fattivo, secondo le migliori linee guida! Controrisposta: ma i cavalli girano, come li si contiene. Di rimando: posso provvedere io, dice il Principe, con delle staccionate. Direttore, in controrisposta: ma le stalle? Principe: ma voi ne avete in quantità, già costruite. Si possono riadattare! E qui crollano le speranze: sconsolato, il Direttore Porcelli ci fa capire che sono solo illusioni. Ci mostra gli alloggi di quelli che un tempo erano destinati alle famiglie di contadini. Stanno in un edificio basso ad angolo retto, di cui solo una metà appare appena plausibile come ricovero umano. Quella, dice Porcelli, è la metà che abbiamo adattato noi Emmanuel a nostre spese. Il resto cade a pezzi ed è pericolante. Inoltre, continua Porcelli, non abbiamo né luce né acqua. Provvediamo con un nostro generatore e con l’acqua di un pozzo! La desolazione del tutto è sconfortante. Domando: ma la villa padronale, che si vede nelle vecchie foto, che fine ha fatto? Risposta: eccola laggiù, sul declivio. Attoniti guardiamo l’orrido edificio che sta sul declivio antistante il complesso. E brutto, insensato, e chiaramente inutile. Perciò i ricoverati non ci abitano. Porcelli, con aria rassegnata, ci dice che quel cubotto di cemento anonimo e oltraggioso ha il tetto pericolante perché ci piove, e inoltre non c’è né acqua, né luce, né fogne! E questo sarebbe il restauro che hanno fatto, pare, come contraccambio per il suolo dei pannelli solari? Porcelli non si sbilancia, e non risponde. Ma ci saluta per un appuntamento urgente che lo chiama. Non prima di averci concesso il permesso di visitare il complesso. Nella prossima puntata leggerete quello che abbiamo scoperto.