di Michele Lodato
Chi dice che i sogni non si avverano? La storia di Massimo Coda è una di quelle pagine che fanno bene al martoriato mondo del calcio. Dai campi di Pregiato con la Cavese, poi il Bellinzona e di seguito, Cisco Roma, Treviso, Crotone, Bologna, Cremonese, Siracusa, San Marino, Nova Gorica, fino al Parma ed alla Serie A, il talento metelliano nato nella frazione di Passiano nel 1988, di strada ne ha fatta molta, tantissima, non senza ostacoli. Una carriera con pochi alti rispetto alle sue qualità, quel tremendo appellativo “E’ forte, ma…” che ormai si portava dietro da tempo, quel tempo che è terminato domenica 21 settembre, il cerchio della felicità che si chiude al minuto 75 della gara di Verona, stop al volo di destro e sinistro all’angolino, Bardi battuto, un sogno che si realizza ed una carriera che finalmente prende il volo. Abbiamo intervistato i genitori di Massimo, papà Saverio Coda e la mamma Enza.
Saverio ed Enza,cosa avete provato domenica scorsa al gol del vantaggio del Parma in casa del Chievo, siglato proprio da vostro figlio?
“Una gioia immensa, indescrivibile – dice il papà – Ho sognato questo momento sin da quando , bambino, ha iniziato a dare i primi calci al pallone, è li che è iniziata la sua storia. Dopo 4 figlie femmine, mia moglie ed io volevamo fortemente un figlio maschio che potesse intraprendere la carriera calcistica che io, che sono nato in un’epoca totalmente diversa,non ho potuto fare. A 16 anni mi voleva il Teramo, io facevo l’elettricista, quando mia madre seppe che volevo giocare a calcio, tornai a casa e mi aveva buttato già tutto, borsone e scarpette, dicendomi che dovevo lavorare. Così sono rimasto qui giocando nelle varie categorie dilettantistiche, fino a qualche anno fa quando a 54 anni ho siglato 23 gol con la Rinascita Cava in seconda categoria, mi chiamavano il “delinquente” per la cattiveria agonistica” . Gli fa eco mamma Enza: ” Ho pianto di gioia, un pianto liberatorio dopo tanti anni passati ad aspettare una chance per lui, che però sembrava non arrivare mai”.
Saverio, raccontaci come è iniziata la carriera di Massimo.
“E’ nato col pallone tra i piedi. Aveva poco più di 16 anni, partecipammo al torneo “Cigli di Nola”, una vetrina importante per i giovani calciatori della Campania, lui stava con la Cavese e giocammo contro il Napoli, dopo il primo tempo vincevamo 3 a 0 grazie ad una sua tripletta, li aveva fatti ammattire in 45 minuti. Mi si avvicinò una persona che si è rivelata fondamentale per lui, Ciro Caruso, chiedendomi se volevo farlo andare al Bellinzona. A dire la verità,ci pensammo davvero poco io e mia moglie, lui era pronto ad allontanarsi da casa ed a provare un’esperienza del genere, grazie alla mediazione di Carmine Adinolfi, che ringrazio tutt’ora, riuscimmo a far mettere d’accordo Cavese e Bellinzona. Poi tante città e tante situazioni, fino a domenica scorsa,il resto lo sapete bene (sorride)”.
Signora Enza, ci racconti qualche aneddoto particolare o momento difficile della carriera di suo figlio fino ad oggi.
“Ricordo che dopo quattro donne,io insistevo con mio marito perché ero sicura che il maschio avrebbe fatto il calciatore, la famiglia Coda è sempre stata “pallonara” quindi ci speravo. Prima di concepire Massimo ascoltavo sempre una canzone di Gianni Morandi , “Chimera” che incitava ad essere sempre speranzosi nella vita, quando è nato non ho cambiato cantante ma canzone , “Uno su mille ce la fa”, sembra quasi ce la stia facendo ora. A 15 anni, in un torneo in Croazia, non vide la porta trasparente dell’albergo, si tagliò con ben 20 punti sul ginocchio, lo presero in giro tutti. Io la speranza non l’ho mai persa di vederlo giocare in Serie A, dentro di me ho sempre saputo che sarebbe arrivato il suo momento, è forte, ma gli mancava anche qualcuno che credesse in lui in categorie importanti, ora Donadoni sembra considerarlo, speriamo continui così.
Cosa avete detto a Massimo dopo la partita telefonicamente?
“Mi ha chiesto se avessi visto la gara – dice Saverio – Io logicamente ho detto sì , l’ho vista, ma ora non voglio sapere nient’altro, devi pensare a Mercoledì che c’è la Roma, non hai tempo per festeggiare, pensa ad allenarti. Lui si è fatto la sua solita risatina ed ha detto va bene. Io non sono mai stato il tipo che lo coccolava, né ho mai sventolato la sua bravura, l’ho mantenuto sempre coi piedi per terra e sono contento di come sia cresciuto, Massimo Coda è un ragazzo umile e sono certo che neanche la ribalta nazionale lo cambierà”. “Ho pianto a telefono con lui – dichiara Enza – la gioia era troppa, non si possono descrivere certe emozioni”.
Come mai la Serie A è arrivata così in ritardo?
“Massimo le qualità le ha sempre avute. Basta leggere cosa dicevano gli allenatori che lo avevano anno dopo anno, parlavano sempre di un ottimo elemento,con grandi qualità tecniche. La sua pecca, nel quale non ha preso da me, era la cattiveria agonistica, quella voglia di “mangiarti il pallone”, che aveva fatto di me a livello regionale un buon attaccante, ma che Massimo ha tenuto in serbo per troppo tempo, fino a domenica. Al Bentegodi ho capito sin da subito che sarebbe stata una giornata diversa, in quel pallone recuperato ho visto la sua rabbia,finalmente , poi l’hanno inquadrato ed ho visto dal suo volto che era determinato al massimo, è mio figlio, sapevo che era sceso in campo con l’atteggiamento che ho sempre chiesto”.
Mamma Enza, qual è stato l’anno più difficile della carriera calcistica di Massimo Coda?
“Sicuramente l’anno tra diviso tra Bologna e Siracusa, Pioli non lo considerava, poi a gennaio scese in Sicilia, ma dopo 6 mesi senza il ritmo partita fu difficile inserirsi per lui. Non andavano molto bene le cose, fece pochi gol e prestazioni sottotono , lo criticavano spesso e volentieri sui social network e lui comunque ne risentiva. Sottil dichiarò che il miglior attaccante che aveva era Coda, però nei play off clamorosamente non lo fece giocare se non spiccioli di gara, non ho mai capito veramente perché. Anche con la Cremonese fece bene, nella finale con il Varese per andare in B fu messo incredibilmente in panchina. Nonostante tutto non ho mai perso la speranza in lui”.
Saverio ed Enza, in chiusura, chi volete ringraziare ?
“Innanzitutto lui, che ci sta ripagando ora e ci rende felici. Poi Gilda, la fidanzata di sempre che gli sta vicino e non gli fa mancare affetto nei momenti difficili, gli amici Luca, Salvatore, Michele, Vincenzo e tanti altri che lo hanno anche seguito per l’Italia ed in Slovenia, ma più di tutti Ciro Caruso, oltre che procuratore, per Massimo è stato un fratello maggiore ,fondamentale nel suo percorso e Beppe Galli. Ma ora non c’è tempo per festeggiare , credo che Massimo debba fare ancora tanta strada e lavorare moltissimo quindi si torna alla normalità e lui deve allenarsi bene perché non ha fatto ancora niente” . “La serie A era un sogno e si è avverato – dice mamma Enza – ho anche un altro sogno, che è la Nazionale, ma una cosa alla volta”.