Emiliano, una sorta di emulo di De Luca - Le Cronache
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Emiliano, una sorta di emulo di De Luca

Emiliano, una sorta di emulo di De Luca

di Alberto Cuomo
Per quanto si voglia distogliere l’attenzione dalla sua figura, Vincenzo De Luca sembra fare di tutto affinchè si parli e si scriva di lui, tanto da essere presente di continuo, e più di ogni altro politico locale, sulle pagine nazionali di quotidiani e tabloid. La notizia attuale che lo riguarda attiene alla sua visita a Roma per il 16 di questo mese, non si sa bene con quanti sindaci, a protestare, a proprio dire, contro il blocco dei fondi per lo sviluppo e la coesione. Il presidente della Campania, nuovo paladino dei poveri, ovvero delle città del Mezzogiorno, malgrado abbia impoverito ulteriormente le popolazioni che ha governato, non promuovendo per loro una sanità efficiente – propenso maggiormente a lanciare appalti per nuovi ospedali in sostituzione di quelli già buoni esistenti – e degradando la bellezza dei luoghi con finte riqualificazioni intese a favorire cementificazioni, non deve essere sicuro di quanti lo seguiranno, tanto da invitare al suo seguito l’Anci, l’associazione dei comuni, e da invocare la presenza al suo fianco della Basilicata e della Puglia, nel timore forse di essere abbandonato anche dai sindaci campani, come si arguisce dal suo glissare sulla domanda circa la presenza di Manfredi, il sindaco di Napoli. L’invito alla Basilicata deve però essere solo una sorta di schermo per nascondere di avere un unico possibile complice nella sua scorribanda romana individuabile in Michele Emiliano. Se infatti il potentino Pio Bardi, ex generale di finanza, oltre che essere eletto dalla compagine di governo, è un uomo colto e tutto di un pezzo, tale cioè da non poter aderire alle rodomontate di De Luca, il presidente della Puglia potrebbe essere partecipe nell’attacco a Raffaele Fitto, Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il PNRR, suo avversario politico nella regione. Tanto più che Emiliano è una sorta di emulo di De Luca, nel senso che anche in Puglia ha fatto costruire ospedali mai aperti, inutili strutture ospedaliere per il covid ed ha inteso la “riqualificazione” urbanistica come modo di distruggere l’ambiente onde arricchire i ricchi, come è ad esempio per il progetto di una più ampia pista automobilistica della Porsche da lui caldeggiato malgrado preveda la distruzione di 500 ettari di bosco vincolati. Oltretutto la battaglia di De Luca appare essere un tenzone contro i mulini a vento per diversi motivi. In primis il ministro Fitto, sebbene sia il titolare dell’allestimento del programma riguardante il fondo per lo sviluppo e la coesione, essendo questo congiunto con i fondi strutturali europei e quelli del Pnrr, deve dar conto all’intero governo per la programmazione generale. Infatti il fondo ha origine in quelli per le aree sottoutilizzate istituiti con la legge finanziaria del 2003 presso il ministero dell’economia e delle finanze unitamente al ministero per le attività produttive, la cui gestione è in capo al presidente del consiglio che si avvale del dipartimento per le politiche di coesione. Inoltre esso deve essere ripartito con apposite delibere del CIPE, oggi CIPESS, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economia Sviluppo Sostenibile che definisce le linee di sviluppo politico economico coordinandole con quelle comunitarie. Nel 2023 il Cipess ha disposto che la quota delle risorse FSC 2021-27 da suddividere per le Regioni è di 32.366 miliardi di euro da ripartire in ragione dei cofinanziamenti regionali in base alla sottoscrizione di Accordi programmatici tra governo e regioni. Si evince che il ministro Fitto non è il solo referente verso cui sollevare contestazioni dal momento gli Accordi vanno sottoscritti con il governo e non con un singolo dicastero. A tanto si aggiunge che il 16 febbraio è un venerdi, giorno in cui notoriamente i lavori parlamentari e ministeriali non vengono svolti a pieno ritmo dal momento i deputati e i senatori, che il governo necessariamente consulta nelle scelte più significative, sono già a casa e non a Roma. E a far comprendere ancor più il senso della gita che assume la presunta manifestazione deluchiana è il prolungare il soggiorno romano, onde poter protestare anche contro il governo a proposito dell’autonomia differenziata delle Regioni, sino al giorno successivo, il 17 febbraio che cade di sabato quando palazzo Chigi è vuoto. Perché allora tanto clamore per qualcosa che appare essere solo una finzione? È probabile che il successo mediatico di De Luca deve averlo convinto che, con il proprio divertimento nello sbeffeggiare compagni e avversari, si determini anche un divertimento altrui che orienti il consenso. In fondo sembra che al nostro poco importi criticare il governo o il suo partito cui toglie, o tenta di togliere, spesso la parola, quanto l’essere sempre in primo piano influenzando i cittadini onde far loro seguire il proprio esempio nel prendersi gioco della politica e dei politici sì da farsi scegliere quale proprio riferimento. Un modo d’essere proprio agli influencer come Chiara Ferragni, da cui certo De Luca non ha appreso il glamour, o agli uomini di spettacolo come il comico Beppe Grillo, di cui imita il sarcasmo. Nel suo proporsi quale orientatore delle masse al fine di una loro ribellione, un cosiddetto revotapopolo, appare infine simile al Trump che incitò all’occupazione del campidoglio di Washington di cui, sebbene ricco, non ha una equivalente ricchezza. A noi, in vista della sua scampagnata romana non resta che augurargli buon viaggio, con Alfieri, Canfora, Verdoliva e chi sa, Bove, Zoccola, etc.