L’Oasi di Vietri e il Deserto di Salerno - Le Cronache
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L’Oasi di Vietri e il Deserto di Salerno

L’Oasi di Vietri e il Deserto di Salerno

di Michelangelo Russo

Vietri sul Mare è un piccolo comune alle porte di Salerno, quasi un quartiere della città. C’è un abisso tra i due centri. Vietri riscatta, giorno dopo giorno, la sua storia culturale e urbana, Salerno la svilisce e la abbandona al suo oblio. Mentre la città è in degrado, il paesino, con le modestissime risorse che ha, nobilita il centro con opere continue di valorizzazione del suo artigianato di fama internazionale. Marina di Vietri è già un museo a cielo aperto, con le panchine e i muretti illustrati dai più noti ceramisti. La Lungomare di Salerno, fino ai giardini abbandonati da decenni alla sommità di Via Indipendenza, sono ruderi di un decoro urbano una volta degno di cartoline. In compenso, il cemento grezzo e disadorno è cresciuto ovunque. L’orrida nuova cittadella giudiziaria non ha una illustrazione sulle facciate, e nemmeno una stampa appesa alle pareti interne; men che mai una qualsiasi opera che ricordi l’arte locale.

L’amministrazione della piccola Vietri fa il contrario. L’attivismo del Sindaco Giovanni de Simone e dell’Assessore Daniele Benincasa, delegato alla Ceramica, è nel solco della piena rivalorizzazione del patrimonio culturale e ambientale di Vietri. Giovedì 14 dicembre, alle ore 18, la sala grande del Comune era zeppa di pubblico, molti in piedi, per la presentazione dell’ultimo libro di Giorgio Napolitano; medico napoletano famoso, anche di più, per la sua attività di storico dell’arte ceramica campana, in primis quella di Vietri. Napolitano è un’autorità nazionale, in materia. Il suo ultimo volume, Dolker, viene pubblicato in occasione del centenario dell’arrivo a Vietri, nel 1923, del grande artista tedesco. La pubblicazione è stata patrocinata, anche economicamente, dalla piccola città di Vietri. L’opera mette in luce gli ultimi particolari, scoperti da Napolitano nelle sue ricerche, sulla vita dell’ormai leggendario artista Riccardo Dolker; che portò a fama mondiale, già agli inizi degli anni ’30 del secolo scorso, la più bella fiaba, tradotta in linguaggio ceramico, dell’Eden delle nostre terre come lo videro questi uomini e queste donne venute da tutta Europa, per vivere, e per creare arte, in un luogo che trasformava in realtà i loro sogni. La poesia assoluta del cosiddetto “Periodo Tedesco”, che è il ventennio quasi, tra l’arrivo di Dolker nel 1923 e lo scoppio della guerra nel 1940, rappresenta un capitolo essenziale dell’intera storia dell’arte europea. A partire dagli anni ’80 e, in crescendo, negli anni successivi, le rutilanti opere del periodo tedesco sono diventate introvabili sul mercato dell’antiquariato. Collezionisti importanti dei quattro continenti se le contendono nelle aste internazionali. Uno di questi, l’industriale americano Enrico Auricchio, vola dal Wisconsin in Italia quando si tratta di pescare un pezzo importante. Il nome Auricchio dice qualcosa. Fa parte della nota famiglia che ha praticamente inventato il provolone. Lui è il cugino americano, che ha cambiato l’economia del Winsconsin, che oggi è uno Stato a vocazione casearia. Un giorno, a casa mia, mi disse che adorava la ceramica di Vietri perché gli faceva venire l’acquolina in bocca, come un provolone piccante ben riuscito. Vento in poppa, quindi per l’Amministrazione Comunale di Vietri. Dalla sua, c’è la forza e la coesione di una cittadina che non dimentica di essere stata città di operai e di artigiani, quell’humus creativo che fu alla base del successo politico ed economico dell’Italia dei Comuni nel buio del Medioevo.

Vietri dà una lezione di cultura alla sgarrupata e fatiscente Salerno, che non ha neppure un Assessore alla Cultura ufficiale, ma un delegato del Sindaco. Forse per questo, anche, non si pensa a una seria politica museale per l’arte salernitana, dispersa nei depositi o dimenticata in uffici polverosi. Forse, allora, è il tempo di dimenticare le speranze di un Museo cittadino che sia fulcro per un rinnovamento estetico della città. Forse, allora, quella parte dei salernitani che si ostinano a non inebriarsi di luminarie e friggitorie di pesce plebee, deve puntare sulla piccola Vietri per aiutarla a trovare una casa alle opere d’arte, disperse sul territorio da Salerno a Positano, lasciate in loco da tutti quegli artisti, spesso esuli tra le due guerre mondiali, che videro nel cielo splendente della nostra terra il tetto del paese dell’Eden.