Ricerche individuano nel “ Fritz X” siluro che distrusse casa Canonica di Pastena - Le Cronache
Salerno

Ricerche individuano nel “ Fritz X” siluro che distrusse casa Canonica di Pastena

Ricerche individuano nel “ Fritz X” siluro che distrusse casa Canonica di Pastena

Le vicende che coinvolsero don Felice Ventura, il sacerdote di Pastena e di Michele Greco e Matteo Rufolo, i due giovani deceduti con lui nei giorni dello sbarco, sono stati sempre ricordati sotto l’aspetto umano. Un ricordo tenuto vivido nel tempo sia come testimonianza del ruolo d’indirizzo avuto dal vescovo sia per la rispettosa ubbidienza fornita dal prete. Negli anni solo al clero va dato merito di aver fatto periodica memoria delle loro esistenze spezzate. Un filone di ricordo, con minor presa d’interesse generale è quello di chiarire l’identità di quale esercito e quale ordigno quella notte provoco il disastro. Pochissimi cultori si sono appassionati nel tentare di ricostruire militarmente l’accaduto. Descrizioni tramandati con dovizia di particolari da più persone spesso sono state poco considerate. I vecchi abitanti del rione agricolo per la morte del loro sacerdote fecero spesso riferimento a un unico colpo che aveva centrato la canonica, un colpo non anticipato da altri rumori, in una zona, quella notte, non interessata da alcun’altra azione militare. Un altro particolare aveva particolarmente colpito i primi testimoni, il fatto che quell’unico colpo avesse polverizzato la struttura e che essa si presentasse letteralmente ribaltata sotto sopra. Conseguenze differenti dai normali bombardamenti che i testimoni raffrontarono don dovizia di esempi, perché il 60 -70% della città ebbero danni da bombardamenti. Pur con tanti confronti possibili le condizioni in cui fu ridotta la casa canonica a Pastena ebbero le stimmate dell’unicità. Più testimoni che videro le rovine lo raccontarono: “Il tetto era sotto e i muri portanti sopra il cumulo di macerie”; “Quello che restava della canonica era stata divelta dalle fondamenta”; “L’ordigno aveva impattato al piede dello spigolo orientale della canonica al lato mare, tanto che le macerie erano accatastate, ribaltate verso monte”; “Le tegole del tetto erano sotto mentre pareti e mura portanti erano posti in cima ai crolli”. Pertanto dal tramandato di più testimoni si percepiva una dinamica di un disastro causato da un unico ordigno, caduto con una traiettoria tale da conficcarsi nelle fondamenta della casa e poi deflagrato. Alcuni di questi testimoni indicarono in un ordigno tedesco la causa. Contraltare a chi accreditava ai tedeschi l’evento, quelli che analizzando per logica impatto e traiettoria, portava a ipotizzare l’origine del colpo nelle armi navali angloamericane. Tesi contrapposte che non avrebbero cambiato i fatti, ma non produssero effetti in una società impegnata nella ricostruzione materiale del paese. A cadenza dell’annualità al ricordo delle vittime si affiancava la diatriba sulla causa provocante, tornando ad alimentare le platoniche discussioni su quei fatti. Passarono anni prima che qualcuno scrivesse che la distruzione della vecchia casa canonica era stata originata da un ordigno tedesco. Fu Don Osvaldo Giannattasio il sacerdote che era succeduto a don Felice Ventura che in un documento del 1991 scrisse testualmente “bombardamento aereo tedesco”, quindi attribuendo a un ordigno della Luftwaffe la distruzione della vecchia casa canonica. Conoscendo la precisione del prete è plausibile che lo scritto esplicito accreditasse la tesi più convincente sostenuta dai tanti parrocchiani ascoltati nel tempo, come pure allo stesso va attribuito la ferrea volontà di mantenere vivido il ricordo per le vittime collocando sul campanile il primo ricordo marmoreo.Un altro tassello per tentare una ricostruzione mi fu fornito in una testimonianza ricevuta da Gaetano Memoli, un amico di famiglia. Gaetano, testimone ragazzino di quei giorni fu il primo che mi rese comprensibile con insistenza, che la causa dell’evento che aveva distrutto la canonica e contestualmente danneggiato la chiesa provocandone il distacco della facciata, con il crollo parziale del tetto era da mettere in relazione ad un siluro tedesco. Negli anni più prossimi ai nostri sulla disputa intervenne con un suo articolo anche Clodomiro Tarsia, un giornalista di storia indicando in un aereo tedesco la causa della tragedia. Delle vittime di Santa Margherita scrisse: “Su tutti e tre si abbatté uno scoppio improvviso, ma non quello di una bomba, bensì di un ordigno scaricato forse da un aerosilurante tedesco al ritorno da un’incursione sulle navi alleate che da otto giorni sostavano in mare, laggiù di fronte la chiesa di Santa Margherita. Per liberarsene prima dell’atterraggio, il pilota sgancio sulla campagna senza luce credendo di non colpire nessuno. Invece impattò sulla canonica, distruggendola e danneggiando la vicina chiesa”. Il suo pezzo oltre ad essere coerente con le posizioni degli eserciti sul terreno collimava con le antiche testimonianze e indicava “aerosilurante” quale possibile arma, le sue indicazioni furono da volano per approfondire sull’argomento. Con l’amico Giovanni Terranova i passaggi di ricerca seguenti furono più semplici, perché intanto era avvenuta la de secretazione degli archivi alleati e l’uso del web permetteva di confrontare più fonti, anche ricerche militari di posizione di armi e mezzi. Per noi curiosi neofiti è stato relativamente semplice risalire alla Luftwaffe, che in quel periodo era di base a Foggia. In tale base già dal 1942 si trasformavano bombardieri Dornier Do217 modificati dal tradizionale sgancio di bombe da impatto, al lancio e comando di ordigni aerosiluranti. Apprendere che negli hangar pugliesi sui Dornier Do217 era montata una bomba tedesca di nuova cognizione la Ruhrstahl SD 1400. Tale arma era stata progettata come siluro da aereo anti nave con finalità perforanti. Un’arma che salì alla ribalta storica proprio dal giorno che seguì l’armistizio perché fu l’ordigno con cui furono colpite due navi Italiane. La flotta della Regia Marina, Il 9 settembre fu raggiunta da aerei della Luftwaffe mentre era in navigazione lungo la costa sarda diretta a Malta per arrendersi. La formazione di Dornier decollata dalla base di Itres- Marsiglia, colpì la formazione navale. Tre siluri Ruhrstahl SD 1400 andarono a bersaglio sulle corazzate della Regia Marina, due per affondare la “Roma” e uno per danneggiare l’”Italia”.Ricostruire che negli stessi giorni i Dornier Do217 lanciando proprio gli stessi siluri, provocarono grandi danni alle navi impegnate nell’Operation Avalanche nel golfo di Salerno, fu il passaggio successivo. Una mirata e doverosa rilettura del libro “Salerno!” di Hugo Pund ha poi portato a meglio comprendere il terrore con cui i marinai scrutavano il cielo preoccupati dal probabile arrivo degli aerosiluranti della Luftwaffe. Per esorcizzare il terrore al siluro nazista fu battezzato col nome di “Fritz X”, un anglicismo usato per descrivere la nuova tipologia d’arma. Il Fritz X avrebbe avuto tutta la potenza necessaria non ad abbattere ma a rivoltare sotto sopra una casa, come testimoniato oralmente da molti. Il Fritz X potrebbe essere un importante tassello da aggiungere alla ricostruzione di Tarsia. Il giornalista scrisse di aerei tedeschi, della base di partenza, e di rotta Foggia – Salerno utile a contrastare lo sbarco da parte della Luftwaffe, di aerosiluranti, forse non sapendo della sperimentazione proprio a Foggia di quel prototipo di siluro. Se quel siluro tedesco fu nella realtà quello che distrusse la canonica, accreditiamo di conseguenza che un solo aereo era abilitato al suo trasporto: il Dornier. Un aereo che volava a un’altezza elevata per cui il rumore non fu percepito da terra, spiegando del perché i testimoni percepirono solo lo scoppio.
(Segue)
Giuseppe MdL Nappo Gruppo scuola dei Maestri del Lavoro Salerno