di Alberto Cuomo
La morte di Antonino Donato, il 29enne ufficiale della Caronte&Tourist investito da un trattore adibito al trasporto dei rimorchi sulle navi, è solo l’ultima di una serie di tragedie che si sono verificate presso il porto di Salerno. Si ricorderà che nel maggio del 2021 fu ferito mortalmente, investito da una macchina operatrice, un addetto della compagnia portuale di Salerno, Matteo Leone, mentre lavorava sulla banchina.
Altri numerosi eventi nefasti sono stati determinati poi dai Tir che trasportano merci da e per il porto lungo il viadotto Gatto. Si va dalla ragazzina in motoretta uccisa da un camion senza freni, dai due autarticolati che nel 2018 si incastrarono tra loro, alla rottura del serbatoio di un mezzo pesante, nel recente luglio, la cui fuoruscita di olio ha interrotto il traffico di ingresso in città, alla sfiorata tragedia ad opera di un tir che a gran velocità nel giugno del 2020 invase la carreggiata opposta, al ribaltamento di un altro tir nel gennaio del 2022 e così via. Un bilancio eccessivamente pesante, con costi di vite ed economici troppo alti rispetto ai benefici offerti dalle attività portuali, i quali di fatto riguardano pochi concessionari.
Oltretutto lo scalo salernitano pur nella nuova dimensione “di sistema” voluta dal Dl 169/2016, ovvero nel collegamento con quelli di Napoli e Castellamare, è spurio, non classificabile né tra i transhipment, né tra i gateway, essendo privo di allacciamenti ferroviari e aree retroportuali. Né il suo collegamento in galleria alla cava del Cernicchiara, che si vuole impropriamente, contraddicendo cioè il Piano-cave regionale e il Piano urbanistico provinciale, utilizzare per deposito-containers, potrà rivelarsi economicamente utile alla città, tanto più che le infrastrutture previste a ridosso del castello Arechi rovineranno fatalmente l’immagine di Salerno. Un porto, il nostro, solo macchina gettasoldi dal momento uno studio della MoverDB.com, una agenzia statunitense che analizza le società di trasporto internazionale per consulenze a possibili utenti, ritiene il complesso portuale-commerciale della Campania, non catalogabile neppure tra i primi cento al mondo dove sono quelli di Gioia Tauro (51°) di Genova (71°) e di La Spezia (98°). Le aree portuali con il più gran numero di spostamento-merci, per lo studio citato, sono quelle orientali mentre in Europa la maggiore è a Rotterdam, al decimo posto mondiale. Sino al 2002 il porto olandese è stato il più trafficato al mondo, superato poi da quelli di Singapore e Shanghai e, via via, dagli altri scali dell’estremo oriente. Il porto di Rotterdam, con le sue cinque aree portuali, ha una superficie di 3600 ettari di poco superiore a quella complessiva dei porti campani ed uno specchio d’acqua molto maggiore da cui draga tra i 4 e i 7 milioni di metri cubi di fondale per mantenere navigabili i canali di accesso che dalla costa all’entroterra superano i 40 chilometri. Il costo di tale dragaggio è tra i 10 e i 12 milioni l’anno (circa 3 euro a metro cubo), inclusa l’analisi della qualità dei sedimenti, mentre a confronto, in maniera del tutto strana, nel solo porto di Napoli, ampio poco più di 2000 ettari, secondo i recenti calcoli di Assoagenti, per dragare metà del minimo che fa Rotterdam – due milioni di metri cubi – sono necessari 600-700 milioni di euro, per ben 250 euro a metro cubo. Questo dato economico mostra come i costi pubblici, nella gestione dei porti campani, siano troppo alti e a tutto vantaggio dei concessionari delle aree che si arricchiscono quindi a spese dei cittadini. Costi che si manifestano anche negli incidenti mortali ed è indicativo a questo proposito che, nel porto di Rotterdam, gli incidenti, proporzionalmente inferiori, siano dovuti in gran parte alle manovre di parcheggio dei natanti, senza vittime, tanto che il solo infortunio mortale nel 2022 si è avuto per il ribaltamento di un taxi acqueo per la navigazione interna. Ben più significativo in ordine agli infortuni il bilancio dei porti regionali e di quello salernitano a fronte di emolumenti analoghi per i responsabili di realtà tanto diverse. Allard Castelein, il Direttore generale del porto di Rotterdam, ha fatto arrabbiare i politici olandesi per i suoi guadagni superiori ai 223mila euro annui previsti per lui, sebbene abbia risposto alle accuse rilevando come la struttura diretta abbia una natura privata pur nella presenza pubblica. I costi, anche quelli retributivi della governance dell’Autorità Portuale del Mar Tirreno Centrale sono invece tutti a carico dei cittadini, e malgrado la legislazione imponga agli istituti con gestione pubblica la trasparenza, non è dato conoscerli. Le ultime notizie riguardano il 2019, allorchè, dai dati del sito dell’Autorità, risulta che il Presidente Andrea Annunziata ricevesse compensi per circa 200mila euro l’anno, con probabile aumento attuale se si considera che il segretario del medesimo organismo, l’architetto Giuseppe Grimaldi, considerato uomo vicino al presidente regionale Vincenzo De Luca, è passato dai 107mila euro dello stesso anno agli oltre 200mila del 2021. Il dato stipendiale assume valore se si considera il carico di responsabilità in capo ai gestori degli scali portuali, e, il rilevare gli scarsi benefici del porto per Salerno, ed anzi i danni che esso comporta accogliendo nei containers, non essendo provvisto di scanner, droga, armi e rifiuti (al proposito chi ha notizia dell’inchiesta sui nostri rifiuti inoltrati in Tunisia?) unitamente ai tragici episodi che vi si riscontrano, rendono forse opportune le dimissioni di Annunziata e Grimaldi considerando che la legge del mare prevede sia il comandante a farsi carico di tutto quanto accade a bordo, essendovi continuità tra porto e navi.
Oltretutto, a fronte dei danni per la città anche in termini di traffico e di inquinamento, sarebbe altresì il caso che i salernitani si riapproprino dell’area portuale ad essi non utile convertendola al turismo.