Agropoli, Il guazzabuglio delle elezioni comunali e il dirigente del Pd - Le Cronache
Cronaca

Agropoli, Il guazzabuglio delle elezioni comunali e il dirigente del Pd

Agropoli, Il guazzabuglio delle elezioni comunali e il dirigente del Pd

di Peppe Rinaldi
C’è un antico adagio popolare che potrebbe rendere più comprensibile l’intimo significato di ciò che stiamo per raccontare, che recita così: «Il problema non è il ladro che ruba, il problema è il gendarme che non lo arresta». Ecco, la sensazione che si ricava osservando quanto accaduto nelle ultime elezioni amministrative di Agropoli è in larga parte determinata da questa dose di saggezza popolare spicciola.
La città è tornata alle urne nel giugno del 2022, siamo quasi all’autunno del 2023 e ancora non si sa se quelle elezioni furono legali o meno. “Legali” sarebbe il termine corretto in quanto i fatti successi prima durante e dopo lo spoglio – e soprattutto quelli non successi – sembrerebbero andare verso una compromissione dello strumento principe per l’esercizio democratico.
Sia chiaro, ogni tornata elettorale, specie se di interesse locale, ha i suoi mal di testa, spuntano spesso casi di brogli reali o immaginari, le denunce piovono a catinelle, c’è sempre quello lì o quell’altra là a lamentare sparizioni di voti “certi” nella sezione X o in quella Y, insomma, la storia è ben nota. Così come sono noti i mezzi per farvi fronte, cioè il ricorso ai rimedi previsti dalle leggi.
E qui sta il punto centrale della faccenda perché, se abbiamo ben inteso, il problema non è (solo) il broglio qua o la scheda infilata a tradimento là, oppure le somme dei votanti che non combaciano con i voti scrutinati o altro ancora: il problema – richiamando il nostro incipit – è il mancato intervento degli organi di garanzia e controllo. Ne sono stati informati? Sembrerebbe di sì, in via ufficiosa e in via ufficiale, per non dire della pubblicità derivante da un battage mediatico che, seppur tipicamente reverenziale e spaesato, ha comunque dato massima visibilità ad una faccenda eclatante che, oltretutto, si annuncia appetitosa sotto il profilo del racconto giornalistico più o meno approfondito. C’è stato un ricorso al Tar, tanto per cominciare, fatto da un candidato sindaco oggi consigliere d’opposizione, l’avvocato Pesce, il cui esito è stato procrastinato in un paio di occasioni e la decisione pare dovrebbe arrivare nel prossimo ottobre: già questo ci dice molto tenuto conto del lasso di tempo sin qui trascorso dal giugno 2022, al netto della riunione di due procedure (i ricorsi sono infatti due) in una sola che di per sé ha fatto slittare la cosa di qualche mese. Ma, soprattutto, c’è stata una denuncia sottoscritta dal magistrato chiamato alla verifica delle regolarità delle elezioni contentente elementi e profili di natura penale. Sorvolando – per ora – sulla circostanza che questo stesso magistrato abbia poi proclamato l’elezione del sindaco di Agropoli (Mutalipassi), colpisce il fatto che l’autorità sollecitata non avrebbe dato riscontri. In parole povere, la procura della repubblica competente, Vallo della Lucania, che ha ricevuto notizie di imbrogli, conflitti di interesse, incompatibilità strutturali del personale addetto alle operazioni di scrutinio e tanto altro, notizie peraltro sigillate da un appartenente alla magistratura, pare stia ancora studiando il caso, sempre che il famoso «carico di lavoro eccessivo» accompagnato dalla cronica «carenza di personale» non facciano il resto. Ne ha tutto il diritto, diciamo così, fermo restando il fatto che questo “diritto” comprime, e di molto, una quantità indiscriminata di altri diritti, individuali e collettivi. Ma cosa è successo ad Agropoli in occasione del voto del giugno 2022? Proviamo a riassumere confidando nella infinita pazienza dei nostri cinque lettori. Al timone della città, almeno pro-forma, c’era un commissario prefettizio, com’è normale che accada in caso di elezioni anticipate rispetto alla scadenza naturale. Il commissario lo nomina il prefetto, lo dice la legge. Fino al 12 giugno 2022, giorno del voto, c’era Silvana D’Agostino, napoletana, vice-prefetto. La signora risulta essere consorte di Pasquale Papa, segretario generale della Provincia di Salerno, ente locale che, come si sa, è presieduto dal sindaco di Capaccio, Alfieri, a sua volta già primo cittadino di Agropoli, nonché di Torchiara, figura che non ha certo bisogno di presentazioni ulteriori. Cosa implichi questo incrocio di circostanze non lo sappiamo, certo non è illegale in sé il pur incontestabile rapporto di diretta conoscenza e presumibile consuetudine tra organi teoricamente disinteressati alle elezioni di Agropoli; altrettanto certi sono, però, la curiosità e gli interrogativi che derivano da una banale osservazione di contesto, modalità esecutive del voto e risultato elettorale.
Partiamo da un dato, in un certo senso, incredibile: l’epidemia di rinuncia all’incarico di presidente di sezione elettorale avvenuta nell’imminenza del voto, ad eccezione della sezione numero 1. Sarebbero circa 50 (cinquanta!) i soggetti che hanno dato forfait, il che è quantomeno strano se si considera che per quell’incarico di “responsabilità civile” si formano in genere lunghe file. Ma diciamo pure che un virus invalidante abbia colpito simultaneamente i presidenti di seggio individuati dalla corte d’Appello di Salerno per le 21 sezioni elettorali interessate e che questo stesso virus sia poi stato trasmesso ai sostituti naturali dei presidenti: è evidente che si tratta di una circostanza anomala, diremmo sospetta, dal momento che l’incarico ha natura obbligatoria per legge, non vi si può rinunciare se non per giustificati, fondati motivi, quali un lutto, un matrimonio, una malattia o altre inderogabili necessità sopravvenute. Una ci può stare, anche due tre quattro e pure dieci, ma cinquanta rinunce sono pur sempre cinquanta per una città di dimensioni ridotte quale è Agropoli. Che sarà mai successo? Sono state verificate una ad una, nei tempi e nei modi previsti dalla norma le posizioni di ogni singolo rinunciatario? Non lo sappiamo, si può presumere che ciò sia avvenuto, per la qual cosa di certo da qualche parte esisterà traccia formale della scrematura, della presa d’atto delle rinunce e della verifica dei motivi di abbandono dell’incarico con relativi provvedimenti laddove emergano pretesti, scuse, motivi labili o deboli. Sì, ma dove? Allo stato, almeno chi scrive, lo ignora.
Arriviamo quindi all’11 giugno 2022, in pratica a 24 ore prima dell’apertura delle urne. In quella data avvengono le nomine dei nuovi presidenti di seggio che, all’indomani, dovranno impegnarsi per garantire la legalità del processo di votazione nella sezione presieduta. Chi li ha scelti questi nuovi, impavidi presidenti di seggio? Sarebbe stato lo stesso commissario prefettizio, vale a dire la signora Silvana D’Agostino di cui sopra. Quindi, la consorte del principale collaboratore istituzionale del presidente della Provincia, notoriamente il vero amministratore della città (da anni, con certosina perizia e invidiabile abnegazione, fa e disfà amministrazioni locali a seconda delle sue legittime aspirazioni politiche o di potere, in questo caso il turno è di Mutalipassi), avrebbe individuato e nominato i presidenti di seggio seguendo, si presume, rigidi criteri di imparzialità per evitare il rischio/sospetto di uno scrutinio sbilanciato proprio in favore del vincitore delle elezioni. Si sa come vanno le elezioni, soprattutto quelle locali, soprattutto al Sud, c’è da tenere non uno ma dieci occhi aperti.
Di riffa o di raffa, alla fine a vincere è proprio il candidato prediletto da Alfieri, Roberto Mutalipassi. Le cose sono andate lisce oppure c’è stato qualche incidente, qualche problema, insomma una qualsiasi cosa che potesse far insorgere terribili ansie e sospetti a causa delle particolarissima situazione di Agropoli, città circondata – come tante – da sordi, ciechi e muti? Da quel che il cronista ha potuto apprendere qualche problemino, chiamiamolo così, c’è stato. Solo qualche esempio: in una sezione il presidente è stato individuato in un’altra «consorte di», stavolta del manager di una società pubblica il quale, forse per conservarsi il posto, è stato costretto a misurarsi con il voto; infatti è stato anche eletto e, se non fosse stato per una tempestiva interrogazione consiliare ad hoc in seduta d’esordio, probabilmente avrebbe cumulato le due cariche, chissà. Non ci sono, però, solo i presidenti, ci sono anche gli scrutatori, altro vivaio per voti orientati storicamente saccheggiato dalla politica: e qui pare ce ne siano delle belle, tra fratelli, sorelle, mogli, fidanzati/e, amanti di candidati, consiglieri o di assessori, insomma, se fosse tutto vero e confermato dalle indagini che di certo la procura della repubblica starà compiendo, saremmo alla pura indecenza. Ancora, un altro presidente di sezione sarebbe il rappresentante di lista di un partito politico (indovinate quale?) di cui sarebbe pure coordinatore o segretario, qualità che non gli hanno impedito di beneficiare di una determina di liquidazione da 40mila euro per la propria associazione a soli cinque giorni dall’esito elettorale. Un recordman, innegabilmente.
Saltiamo la complicata ragnatela del conteggio delle schede e dei voti, delle cancellature sospette e di tutto l’infernale caos dei numeri, dove pure sarebbero emerse mille circostanze oggetto di (calma e placida) verifica. Si dirà: ma ora c’è di mezzo il Tar, poi c’è stata la prefettura a sovrintendere, il magistrato Saporiti ha “notiziato”, verosimilmente accanto ad altri, la procura competente, sarà tutto chiarito: certo, come no.
Se andassimo a spulciare i nomi dei protagonisti di questa storia, annidati negli uffici istituzionali locali e provinciali, saremmo indotti a dire di ulteriori stravaganze, stranezze, opacità tipiche di un territorio dove da tempo sembra essersi cristallizzato una specie di circuito chiuso, fatto di cerchi concentrici che fanno orbitare sullo stesso piano il politico, il poliziotto, il magistrato, il funzionario di stato, il banchiere, il primario, l’amministratore pubblico, insomma ci siamo capiti. Non va dimenticata la clamorosa circostanza, spesso richiamata su queste colonne, di un pezzo grosso di un importante organo territoriale di controllo che compra dal braccio destro di un suo controllato un pezzo di terreno in una zona rurale d’incanto resa edificabile e dove da un rudere ne sortì una villa con piscina. Senza che nessuno fiatasse, né fiati oggi.
Morale della favola, la sensazione è solo una rispetto al tema del risultato elettorale delle elezioni di Agropoli: far passare il tempo, lasciar morire la cosa lentamente, come una balena disorientata destinata a spiaggiarsi tra le lacrime dei presenti. La tecnica migliore, la più collaudata.