Wagner sulle tracce di Verne: Das Rheingold - Le Cronache
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Wagner sulle tracce di Verne: Das Rheingold

Wagner sulle tracce di Verne: Das Rheingold

Stasera, alle ore 20, sul Belvedere di Villa Rufolo la Dresdner Festspielorchester unita al Concerto Köln con Kent Nagano direttore saranno protagonisti dell’evento centrale del Festival l’esecuzione del prologo del Ring

Di Olga Chieffi

E’ il momento dell’evento centrale della LXI edizione del Ravello Festival l’esecuzione, del Das  Rheingold proposta in forma di concerto e in una inedita versione filologica, con strumenti d’epoca, alla ricerca del suono wagneriano. L’altezza e le dimensioni dell’edificio, il maggiore mai ideato nel teatro in musica, che alla fine della lunga fatica crolla nell’immane rogo del tempo, procederà fino al 2026 sul Belvedere di Villa Rufolo, il palco dove stasera alle ore 20 prenderà il via con il prologo del Der Ring des Nibelungen, affidato alla Dresdner Festspielorchester unita al Concerto Köln con Kent Nagano sul podio. Subito dopo l’insurrezione di Dresda, Wagner tracciava alcuni pensieri che costituivano le premesse ideologiche e programmatiche dell’Anello. “La natura genera e modella senza intenzione alcuna e involontariamente, secondo il bisogno; il che significa per necessità. La stessa necessità è la forza che genera e modella la vita umana”. Cominciavano gli anni della letteratura fantascientifica e Wagner, da uomo di teatro accortissimo, nonostante gli atteggiamenti da intellettuale isolato, non si lasciava sfuggire questi segnali tanto suggestivi. Come in un romanzo di Jules Verne egli, infatti, ambientò l’inizio del Prologo sott’acqua, nell’elemento dei palombari e dei sottomarini. Di là cominciò quel viaggio immaginoso, fra terra e cielo, pieno di riferimenti cosmici, mitologici e simbolici, in cui si mescolavano anche i conflitti di tipo anarchico e socialista che aveva conosciuto da vicino nel ’48. La lettura delle opere di Schopenauer lo convinse a tradurre tutti i propri aneliti  in forme artistiche, ma l’esperienza di Dresda non abbandonò mai del tutto il suo spirito e mantenne viva un’inquietitudine psicologica e di ricerca che impedisce all’epica del Ring di restare soltanto pseudostoria d’evasione. Quando scendiamo nelle acque del Reno e via via ne illuminiamo gli abissi, splendidi e segreti, troviamo che l’orchestra, espressione di quella sostanza sconosciuta, si atteggia in modo da creare il clima di una leggenda moderna, gremita di personaggi reali, che pullulano intorno a noi in uno stato visionario ma non irreale: Wotan (il basso Simon Bailey, Donner il basso Dominik Köninger , Loge, il tenore Mauro Peter, Froh (il tenore Tansel Akzeybek) Fricka, il mezzosoprano Annika Schlicht, Freia ( il soprano Nadja Mchantaf), Erda (il contralto Gerhild Romberger), Alberich  (il basso Daniel Schmutzhard) Mime (il tenore Thomas Ebenstein), Fasolt (il basso Christian Immler, Fafner (il basso Tilmann Rönnebeck), Woglinde (il soprano Ania Vegry), Wellgunde (il soprano Ida Aldrian) e Floßhilde, il mezzosoprano Eva Vogel. Mentre il pensiero scientifico porta verso la coscienza attraverso la speculazione, l’arte esprime questa coscienza in forme dirette e sincere. Perciò l’arte è espressione della libertà, dell’impulso vitale, in quanto forza vitale e popolare, bisogno assoluto, mentre la scienza nel suo sfrenato orgoglio blocca i flussi vitali e li guida verso sistemi e teorie oligarchiche, al governo di pochi, a poteri maledetti simboleggiati, appunto dal Ring, dall’oro, che invita alla prevaricazione e finirà col portare alla rovina il regno incorrotto della natura. Una volta uscito dal liquido che lo conservava nel grembo della grande madre e portato sulla terra l’oro afferma il principio della maledizione. Le secche bastonate del fratricida Fafner schiacciano l’illusione della potenza basata sul possesso. La lotta dei bestioni si trasferisce nella storia umana. Fra i temi conduttori che nascono a getto continuo dalla fucina del Prologo, che zampillano da ogni episodio, questo della maledizione è il più saldo, incancellabile e tremendo, fissato con una cura maniacale sullo sfondo degli avvenimenti. Tuttavia, nel finale del Das Rheingold, soltanto l’amaro e scettico Loge sembra consapevole della rovina che, comunque coinvolgerà il Walhalla, anzi medita di essere partecipe della stessa maledizione e vendicarsi degli dei che un tempo lo resero prigioniero, lui che era libera fiamma, mentre gli dei sfilano verso l’alto sulla passerella dell’arcobaleno, nato dalla tempesta realizzata ad arte in una spettacolare ascesa sinfonica.