di Erika Noschese
«Non una vera riforma ma alcuni significativi interventi. Un passo in avanti ma per la riforma non si è ancora sulla strada giusta». Così l’avvocato penalista Luca Monaco, presidente dell’associazione Nova Juris che si propone come punto di riferimento per Avvocati, praticanti e laureati, soprattutto per quanto attiene alla formazione. Il suo scopo principale è quello di incrementare la conoscenza e la diffusione del “Diritto“, curare la formazione, valorizzare la professione forense ed il suo aggiornamento, istituendo corsi, gestendo incontri di studio e formazione ad ogni livello, organizzando convegni, seminari e workshop, anche in collaborazione con università, scuole, organismi pubblici e privati. Favorisce, inoltre, il contatto tra gli Avvocati ed i neo laureati che intendano avviarsi alla professione forense. Una realtà giovane e dinamica improntata alla competenza ed al rigore professionale, metodologico e didattico.
Un nuovo disegno legge per rivedere alcuni aspetti relativi alla giustizia. Una riforma oggi più che mai necessaria…
«Non parlerei di una vera e propria riforma. Si tratta di alcuni piccoli, ma significativi, interventi, mirati e, ritengo, ragionevoli. Un passetto in avanti, ma il cammino per riformare davvero la Giustizia italiana sul solco tracciato dalla Costituzione è ancora lungo e sicuramente impervio. Se ne discute da almeno trent’anni, ma nessuno ci è davvero riuscito».
La riforma Nordio punta l’attenzione sull’abuso d’ufficio, eliminato. Cosa ne pensa di questa scelta?
«È una scelta sollecitata da tempo da molti amministratori pubblici di quasi tutte le estrazioni politiche. Parto da un elemento fattuale. Leggevo alcuni dati pubblicati dal Ministero della Giustizia. Ebbene, nel 2021, su oltre cinquemila procedimenti per abuso d’ufficio ufficio, circa 4600 si sono definiti con un provvedimento di archiviazione, cioè senza che fosse stata nemmeno esercitata l’azione penale. Ci sono state invece appena nove condanne e trentacinque patteggiamenti. Nello stesso anno, i procedimenti definiti in dibattimento con sentenza di condanna sono stati appena 18. Questo dato rivela il vulnus di una norma che pecca di vaghezza e il cui spettro interpretativo è eccessivamente elastico. Ciò determina una proliferazione di iscrizioni di notizie di reato e di indagini, che non solo producono costi ingenti per l’apparato statale ma spesso conducono a provvedimenti di sequestro, avvisi di garanzia, misure interdittive a carico di amministratori e funzionari pubblici, salvo poi risolversi quasi sempre in una bolla di sapone. Ma, quando questo accade e il procedimento si conclude con l’archiviazione o, più in avanti, con una sentenza di assoluzione, la carriera politica dei malcapitati Sindaci, Consiglieri Regionali, Assessori e la loro stessa immagine personale sono ormai compromesse. Il risultato è quello che, in tempi recenti, persino la Corte Costituzionale ha definito “burocrazia difensiva” e “paura della firma”, con la conseguente paralisi dell’azione amministrativa. Qualcuno ha proposto una rielaborazione della norma, invece di un’abolizione tout court. Tuttavia, in passato, sono già stati fatti alcuni tentativi di irreggimentare meglio la norma e di perimetrarne in maniera più marcata l’alveo di applicabilità, senza risultati apprezzabili. D’altra parte, non ritengo che vi sia il rischio di creare zone franche, di impunità, rispetto a gravi condotte contro e dentro la Pubblica Amministrazione. Abbiamo un complesso normativo anticorruzione collaudato ed estremamente stringente».
In qualche modo si va a limitare la libertà di stampa, stop alla pubblicazione delle intercettazioni…
«Ritengo che non vi sia alcuna compromissione o limitazione della libertà di stampa.
Il punto focale della questione è l’esigenza di contemperare il diritto di cronaca con gli altri diritti costituzionalmente garantiti dell’indagato e di terze persone non coinvolte nel procedimento. Il disegno di legge, peraltro, si limita sostanzialmente a prevedere il divieto di pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni, tranne che non siano riportati nel provvedimento cautelare del Giudice. Si vorrebbe dunque evitare la divulgazione di conversazioni irrilevanti rispetto al fulcro della vicenda giudiziaria attenzionata. Peraltro, le violazioni dei divieti di pubblicazione restano quasi impunite e perciò poco funzionali al perseguimento dello scopo».
Da avvocato, allo stato attuale, si sente tutelato?
«Il punto non è tanto quello di tutelare l’avvocato in sé ma di salvaguardare quelle prerogative difensive che egli è chiamato a esercitare per garantire un giusto processo al proprio assistito e il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini che si trovino coinvolti in un procedimento penale. Nessuno può dirsi immune dal finire nelle maglie della Giustizia, in troppi se lo dimenticano e pensano al diritto di difesa come a un salvacondotto per “delinquenti”. Quelli che spesso vengono definiti con disprezzo “i cavilli degli avvocati” sono invece il complesso delle garanzie processuali che costituiscono uno degli architravi su cui si regge la democrazia di un qualsiasi Paese civile. Ma è un equivoco di cui spesso anche i mezzi di informazione sono responsabili».
Cosa manca oggi alla giustizia? Quali sono le maggiori criticità ancora da colmare?
«Quanti giorni abbiamo per discuterne? Battuta a parte, credo che occorrerebbero alcuni, importanti, interventi strutturali da apportare alla macchina giudiziaria, sotto un duplice profilo: organizzativo e funzionale. Innanzitutto è necessario implementare la pianta organica di magistrati, magari anche, ma non soltanto, riducendo il numero di quelli fuori ruolo e applicati a funzioni non giudiziarie. E poi c’è la necessità di rivedere la struttura stessa del sistema processuale, ancora troppo sbilanciato in favore dell’accusa. Penso, in proposito, tra le altre cose, alla ormai atavica questione della separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici. Ma l’elenco è lungo e il discorso troppo articolato e complesso per risolverlo in poche battute».
Nel complesso, la riforma così come presentata promossa o bocciata?
«Nel complesso, il mio è un giudizio tendenzialmente positivo».