di Mariano Ragusa*
Corso Impero, Viale Augusto, Parco della Vittoria, Viale dei Giardini… Come i toponimi immaginari del Monopoli, storico gioco da tavolo, così ne sta per spuntare un altro, calato però nella realtà viva della nostra città.
È “Piazza delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende tessili salernitane”. Questa, al momento, l’intitolazione valutata in seno alla commissione toponomastica del Comune per dare un nome allo spazio, segnato dalla rotatoria che incrocia via Clark, la litoranea e il cavalcavia che conduce agli svincoli per Tangenziale e Autostrade. Il nome vorrebbe avere un legame evocativo con il luogo. Quell’incrocio di strade e rotatoria lambisce l’area che ha accolto per decenni i capannoni dello storico stabilimento della Marzotto oggi scomparsi per far posto ad un parco residenziale con edifici simil-grattacielo.
Che c’entra il Monopoli con questa iniziativa? C’entra come una suggestione, il riflesso di un immaginario del passato, una metafora di un pezzo di storia che ha attraversato quel luogo.
Al tavolo del Monopoli si giocava imparando a fare gli imprenditori delle costruzioni, gli immobiliaristi, i capitani d’impresa proiettati alla conquista di posizioni di monopolio, appunto, nel mercato. Il gioco racconta qualcosa vicino alla nostra realtà? Con leggerezza la risposta è affermativa. Ma la suggestione finisce – per il momento – qui.
Oltre la suggestione.
Tutto dentro il riflesso suggestivo è l’orientamento dell’amministrazione comunale che prova a regolare (onorare?) i conti con il passato includendo nella trama della toponomastica un tratto di memoria della città. Magari la spinta dei promotori è questa. Ma non andrà oltre quel mero nominalismo toponomastico che genera istantanea evocazione e celebrazione per poi sfumare nella mera funzionalità dello stradario.
Se la piazza battezzata aprirà la strada a qualcosa di diverso e più significativo nei confronti della memoria che evoca, allora ben venga.
Marzotto, o come nel linguaggio comune la si definiva “la Marzotto”, ha segnato con la sua presenza (insieme ad altre industrie del polo tessile) la stagione della Salerno industriale. Uno dei fulcri della sua economia, del suo sviluppo e un pezzo assai significativo della storia della città e del movimento operaio. Storia certamente controversa ma in linea con la stagione della industrializzazione venuta dal Nord. Non è questa la sede per ripercorrerla. E’ la sede, invece, per suggerire l’opportunità che quella storia (che è storia della città e delle sue trasformazioni) trovi il modo di essere ricostruita e riproposta ad arricchimento della memoria storica e del ricordo collettivo, piccolo (o grande) lascito patrimoniale a chi quella storia non conosce e che vale la pena di riconsiderare non per astratto esercizio accademico ma come esperienza del tempo nel corso del quale siamo diventati la città nella quale viviamo.
La memoria
“smemorata”
Il problema, purtroppo, è che Salerno ha spesso un rapporto svogliato, occasionale, estemporaneo, persino “smemorato” con il proprio passato e la sua memoria storica. Una sorta di dormiveglia culturale che la rende testimone esterna ed estranea a se stessa.
E’ giusto, opportuno, sensato dedicare attenzione a ciò che il cambiamento andava cancellando? Un primo segnale si era acceso con la trasformazione urbanistica delle Mcm (altro polo del sistema-tessile). Poi è arrivato il progetto sull’area ex Marzotto.
La domanda, a cose fatte, rischia il non-senso ma corriamolo comunque, e allora: sarebbe stato possibile far salvi alcuni di quei capannoni industriali (architettonicamente non proprio disprezzabili) facendone tracce di archeologia industriale e finalizzandoli a contenitori di documenti, fotografie e molto altro, quale primo nucleo di uno spazio museale della storia dell’industria salernitana
Non un luogo statico ma un attrattore di iniziative culturali, spazio di incontro e di manifestazioni di qualità, anche sponda per tanti progetti didattico-formativi rivolti (per fare un solo esempio) agli Istituti tecnico-professionali, uno spazio in grado di raccontare e restituire la civiltà e la cultura del lavoro.
Con queste finalità si poteva concordare la sopravvivenza e la riconversione di parte delle strutture della fabbrica in armonia con il piano di investimento imprenditoriale pianificato in quella zona? Il principio di realtà ci impone di prendere atto dello stato di fatto. E augurarci che “Piazza lavoratrici e lavoratori delle industrie tessili” suggerisca in futuro qualche utile iniziativa. Legata alla memoria storica e lontana dalla suggestione del Monopoli.
(tratto da Salerno Economy)