di Olga Chieffi
In occasione dei 150 anni del teatro Verdi le onorificenze al merito della Repubblica italiana sono state consegnate nel cuore culturale della città, il massimo. Una trentina i premiati per l’unicità delle loro azioni, del proprio lavoro, della propria arte, posta a servizio della Nazione. Il prefetto di Salerno Francesco Russo ha legato con un filo, che immaginiamo rosso, i valori di libertà, di passione, di democrazia e di pace del Risorgimento e della Resistenza, che ci portarono a scegliere quel 2 giugno di settantasei anni fa la Repubblica. Non può non partire da un luogo d’arte il dialogo, per riottenere la pace, non può non partire dalla musica, che possiede, forse, il segno più democratico di tutti i linguaggi, poiché come il vento sul mare – ora lieve e impetuoso, ora acquietato – il mutare dell’espressione musicale è variata nel tempo attraverso un susseguirsi incessante di crisi, ripudi, violazioni e rinunzie. La musica e l’arte tutta, ha la capacità di abbattere ogni muro poiché, pur rispettando l’individualità, di timbro, di interpretazione, fa ritrovare tutti nell’universalità del suo segno iridescente. Dal teatro quindi, la lezione di pace, per ottenere una terra senza alcuna ghirlanda spazzata via, senza specchi in frantumi, per seguitare ad irrompere pacificamente nella vita e in essa nuovamente esordire con più grande forza d’Amore. Lo affermano da sempre gli strumenti e ieri la cerimonia è principiata con il canto spiegato e scoperto dei violini di Daniele Gibboni, insignito del cavalierato e della figlia Annastella, in trio con la moglie Gerardina Letteriello al pianoforte, per l’Intermezzo della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, tesi alla ricerca del momento vero della musica, fatto di luci ed ombre, per poi scatenarsi in Navarra, quella jota, di De Sarasate, virtuosistica, che ha rivelato l’intero ventaglio di tremoli, pizzicati armonici, cadenze, del violino, con Pietro Gatto stavolta a tenere salde le redini alla tastiera, a completare il trio che ha riempito di fuoco e fiamme il teatro. Travolto completamente dall’emozione, Daniele Gibboni, accompagnato dal sindaco della sua Campagna, Roberto Monaco, anche per l’apprezzamento personale del Prefetto, che se lo trova a fianco, con il suo violino in qualsiasi cerimonia ufficiale, poiché l’unicità della sua musicalissima famiglia è quella di suonare senza secondi fini, sempre col sorriso e per il solo piacere di farlo di “giocare” su ogni palcoscenico, solo così si può andare oltre il sacrificio e vantare un premio Paganini. Tutto lega con l’arte musicale, dalla medicina, che ha avuto diversi premiati ieri, tra cui l’infettivologo Rodolfo Punzi, poiché “La musica è un linguaggio universale capace di donare benessere e serenità anche nel disagio e nella sofferenza umana” scriveva Charlie Parker, Chirone il centauro, maestro di musica di Achille, era sia musicista che medico, parimenti, lo stesso Apollo, dio della musica e protettore della medicina, e naturalmente alla filosofia, e le due massime onorificenze, sono state tributate ieri al giurista Pasquale Stanzione e al filosofo Giuseppe Cantillo, uomini d’oro questi, che attraverso la loro ricerca, riescono a dire il silenzio presente nei suoni delle cose, a domandare, a riaccendere la parola filosofica e con essa la meraviglia per l’essente e quindi, nuovamente la gioia, offrendo a noi tutti un sicuro talismano, per creare una società migliore.