Una famiglia grande quanto un’orchestra - Le Cronache
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Una famiglia grande quanto un’orchestra

Una famiglia grande quanto un’orchestra

La formazione Sinfonica Regionale, diretta da Claudio Ciampa ha inaugurato il cartellone del Polo musicale. Emozione positiva dei ragazzi che si sono cimentati con gemme della letteratura musicale quali l’Incompiuta di Franz Schubert e un brano a loro dedicato Italia, di Giacomo Vitale. La serata, svoltasi nella cattedrale di Salerno è stata aperta dalla preghiera per la Pace elevata da Don Michele Pecoraro

Di Olga Chieffi

Sotto le volte di una cattedrale millenaria risuonano i passi di un uomo. Un uomo contemporaneo che attende al suo paziente riflettere sulla musica. La storia dell’umana cultura può trovare degno simbolo in questo echeggiare di passi, già quasi solenne, che lunedì sera, è rimbalzato dai metalli dell’organo ai legni della cantoria, evocando secoli di musica, quando i ragazzi dell’orchestra Sinfonica Regionale, con il loro Maestro, Claudio Ciampa, hanno raggiunto i propri leggii. La musica va letta proprio così, come un legame assolutamente vitale tra ciò che di più antico si conosce e ciò che di più moderno si può creare in ambito musicale. E’ questa la fascinosa atmosfera che si è creata nel Duomo di Salerno, nella serata che ha inaugurato il cartellone del Polo dei Licei Musicali e Coreutici della Campania, istituito per la diffusione della cultura coreutica, musicale e teatrale della Campania, e che, nel 2019, ha unito i 35 istituiti della regione nella costituzione di 7 orchestre, 1 coro e 2 compagnie di danza, e che vede il liceo Musicale diretto da Elisabetta Barone, capofila proprio per l’orchestra sinfonica. Infatti, è stata proprio la dirigente del nostro liceo musicale ad accogliere i numerosi ospiti e colleghi intervenuti dall’intera regione per applaudire i propri studenti i quali, avendo superato le selezioni, hanno conquistato un posto in orchestra o nel coro, guadagnando questa prestigiosa ribalta, che ha avuto tra il pubblico il console tunisino Beya Ben Abdelbaki, pronto ad uno scambio interculturale, avvenuto amichevolmente già nel post-spettacolo disquisendo con noi, sulle affinità tra il ghayta zukra e l’oboe, i dirigenti dell’Ufficio Scolastico Regionale, Margherita Aruta e Benigno Casale, il direttore del conservatorio “G.Martucci” Fulvio Maffia. La serata è principiata con la preghiera per la Pace elevata da Don Michele Pecoraro, prima dell’intonazione, da parte di orchestra e coro sia del Canto degli Italiani che dell’ Inno Europeo, ovvero l’Inno alla Gioia, che chiude e dischiude nuovi orizzonti nel finale della IX sinfonia di Ludwig Van Beethoven, arrangiati da Lidia De Migno. Il programma ufficiale è stato inaugurato da una prima assoluta, ovvero da una pagina composta da Giacomo Vitale e dedicata a questa orchestra, “Italia”, in cui riecheggiano per l’intero brano sia il nostro Inno nazionale che “Libiam nei lieti calici” dal I atto de’ “La Traviata” di Verdi, melodie che sono nel nostro più intimo sentire, evocanti quella temperie gloriosa che è stato il nostro Risorgimento e l’importanza del ruolo della musica nel divulgare i valori di un’Italia unita, allora come oggi, nel cui finale si è unita la tammorra muta di Raffaella Coppola, simbolo della Campania Felix e del nostro privilegiato rapporto con la terra e il mito. Si è continuato, quindi, con la Sinfonia n°8 in Si minore di Franz Schubert, l’Incompiuta, presentata, in una lettura intensa e dolente (soprattutto nel primo movimento), con quel “fantasma” che prende corpo nel registro grave di violoncelli e bassi e il primo tema, affidato a oboi e clarinetti sul sostegno ritmato degli archi, ricco di tensione. Uno Schubert, questo in cui gli archi devono giocare nei trapassi espressivi, nelle peregrinazioni armoniche, nelle modulazioni di colore, rese a volte talmente sottili che in certi casi si cammina da una zona sonora a quella seguente senza nemmeno darsi conto che il passaggio è avvenuto, ma in cui c’è tanto ancora da lavorare per i ragazzi, a cominciare dalla maturazione del gioco dell’arco. Si è proseguito con la Danza delle Spade, penultimo numero della terza Suite orchestrale ricavata da Aram Khačaturjan per le musiche di Gajane, in uno stacco di tempo, certamente non al fulmicotone, ma adatto ad una formazione giovane, in modo da accendere, così, qualche scintilla nella ricerca di un suono che prevede, in queste musiche, sonorità profonde, colori densi e scuri, rilievo delle bruniture, sempre evitando, però facili edonismi sonori. Conclusione brillantissima con la Farandole dall’Arlesienne di Georges Bizet, dalla prorompente fantasia timbrica e ritmica, e la originale maestria di scrittura orchestrale, resa con convincente forza espressiva di lacerante immediatezza, grazie all’esecuzione irreprensibile (per l’intero concerto) delle percussioni e dei legni. Applausi e bis ancora con la Danza delle Spade, prima delle parole e dei gesti di commiato del maestro Claudio Ciampa con ognuno dei musicisti che ha tenuto a battesimo, mentre da dietro le quinte sono comparsi, veramente provati, tutti i preparatori delle diverse sezioni, Matteo  Gigantino, Marco Cuciniello, Angelo Spinelli, Antonio Rufo, Antonio Palmieri, Saverio Barbarulo, Gabriella Iorio, Rosa Spinelli, Francesco Di Costanzo, Girolamo  Collura e Giuseppe Vetere, stanchi e fieri dei loro pupilli. In Duomo l’omaggio al Maestro Claudio Ciampa anche da parte del figlio Francesco Ivan, che vedremo a breve sul podio della Cenerentola. L’ immagine per tutti loro ci viene dal “Cuore” del De Amicis, un libro che, purtroppo, non si legge più: “Pronuncia sempre con riverenza questo nome – maestro – che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo”.