Ci si sorprende sempre, nello scoprire aspetti inediti dell’opera di un artista, la cui vasta produzione, ricca di successi espositivi, potrebbe indurre anche gli estimatori meglio informati a ritenere di conoscerne ogni risvolto. Gli esiti della ricerca che giungono alla notorietà vengono tuttavia individuati operando scelte ben ponderate, dettate spesso da giudizi di merito, focalizzati sul tema che si intende privilegiare, piuttosto che sul piano della qualità. Accade quindi inevitabilmente che alcune varianti, perfino ricorrenti, di un percorso creativo vengano temporaneamente tralasciate, come nel caso dei “Fiori” di Mario Carotenuto, un soggetto assai caro al pittore, al quale è stata finalmente dedicata la personale allestita a Salerno, presso Il Catalogo di Lelio Schiavone e Antonio Adiletta.
L’esposizione, che abbraccia l’intero arco della carriera, permette di ripercorrerne tutte le tappe salienti, rese facilmente individuabili proprio attraverso la declinazione di uno stesso tema: quei fiori, in genere selvatici, i quali, alternandosi talora nel ruolo di protagonisti assoluti, talaltra in quello di comprimari o di semplici comparse, popolano il fervido immaginario dell’artista. Su quei petali dai colori ora vivaci ora delicati, si riconoscono le tracce dell’ampia parabola di Carotenuto, che gli ha permesso di attraversare diverse epoche e confrontarsi col conseguente avvicendamento di gusti, sentimenti, mode. Conservando la schiettezza degli esordi e portando con sé i semi di una tradizione che, come sottolineato in un testo critico di Marco Amendolara, comprende indistintamente le avanguardie del Novecento e la grande pittura dei secoli precedenti, egli ha sempre saputo coniugare rigore e poesia, recuperando e rivitalizzando gli aspetti ritenuti più significativi, come si vede in questa mostra, tramite la quale si può apprezzare una vasta gamma di tecniche, dalla secca pennellata alla Van Gogh al grafismo sottile e preciso, dal rigore descrittivo alla rappresentazione onirica di stampo surrealista. Il tutto reso accortamente funzionale ai temi legati indissolubilmente alla poetica carotenutiana, come i paesaggi, le nature morte, gli arredi e i paramenti sacri e le immancabili farfalle: i celebri “fiori volanti”, che ne costituiscono forse il tratto più riconoscibile. In definitiva, non resta che tributare la giusta lode a un’iniziativa che, perpetrando una fruttuosa collaborazione iniziata nel 1969, ha consentito ai più di scoprire un altro tassello fondamentale per la ricostruzione di una vita dedicata all’arte, con la speranza che ve ne siano ancora molti altri.
Aristide Fiore