di Pina Ferro
Spirò a seguito di un’intervento chirurgico per la di riduzione dello stomaco effettuato presso la clinica ‘Cobellis’ di Vallo della Lucania. Era il 2016 quando il cuore di Michele Alfano di Capaccio si fermò per sempre. Dopo quasi cinque anni e numerosi colpi di scena in sede di udienza preliminare, il gup del Tribunale di Vallo della Lucania, Sergio Marotta, ha rinviato a giudizio, con l’accusa di omicidio colposo in concorso, i chirurghi che operarono il 40enne. Ad affrontare il processo saranno: Luigi Cobellis (titolare della struttura), Luigi Angrisani (specialista esterno), Giovanni Novi (di Ascea) e Rocco Cimino (ex sindaco di Teggiano). Accolta dunque la richiesta di rinvio a giudizio presentata dal Pubblico ministero Vincenzo Palumbo della Procura della Repubblica cilentana: la prima udienza si terrà il 17 dicembre prossimo davanti al giudice monocratico del Tribunale di Vallo della Lucania. Prosciolte invece da ogni accusa altre 10 persone, tra medici ed infermieri, che furono iscritte nel registro degli indagati, all’epoca dei fatti, come atto dovuto. Soddisfatti per la decisione del gup i familiari del compianto Michele Alfano, in primis i tre figlioletti e la vedova, Irene Conforto, che a StileTV ha dichiarato : “Finalmente potremo iniziare la nostra battaglia nel nome di mio marito, affinché venga fatta luce e giustizia sulle cause del suo decesso, che ha lasciato in tutti noi un vuoto di disperazione e rabbia, perché Michele in quella clinica è entrato vivo… qualcuno, ora, davanti alla legge dovrà spiegare perché dopo è morto, e non avrò pace finché non ci saranno sentenze; ci tengo a ringraziare moltissimo il nostro legale, l’avvocato Pierluigi Spadafora, il quale si sta battendo con noi e si è reso protagonista di un discorso conclusivo, davanti al gup, che ha commosso tutti”. Michele Alfano, 40enne di Capaccio Paestum affetto da obesità, morì nella casa di cura “Cobellis” di Vallo della Lucania, il 17 novembre del 2016, dopo 14 giorni di agonia a seguito di un intervento di riduzione dello stomaco, cosiddetto “sleeve gastrectomy”, cui si era sottoposto per perdere peso. La procura vallese dispose immediatamente il sequestro della cartella clinica, nominando il medico legale Adamo Maiese quale consulente tecnico, lo stesso che ha eseguito l’esame esterno e l’autopsia sulla salma: durato oltre 3 ore, l’esame autoptico accertò che, a causarne la morte, fu un’infezione letale provocata da un “buco” allo stomaco. Più precisamente, secondo il magistrato Palumbo che ha chiesto ed ottenuto il processo per omicidio colposo in concorso, i quattro chirurghi imputati “per colpa dovuta ad imperizia, imprudenza e negligenza, consistite dapprima nel cagionare, durante l’intervento chirurgico, una fistole gastrica sulla parete postero-superiore dello stomaco e, successivamente, nel non diagnosticarne la presenza, nonostante fossero comparsi segni d’infiammazione e di peritonite nel paziente, cagionandone la morte per insufficienza multiorgano complicata da lesione gastrica e conseguente peritonite chimica nonché polmonite bilaterale”. Nella foto, l’ultimo scatto pubblicato da Michele Alfano sui social prima di entrare in sala operatoria: da allora non si è mai più ripreso, fino alla morte.